CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2018, n. 19417
Tributi – IRPEF – Simulazione di atto di donazione – Interposizione fittizia di persona – Cessione di terreno edificabile – Accertamento plusvalenza imponibile ai sensi dell’art. 67 del TUIR
Premesso che
1. M.R.P., con atti del 5 marzo e 14 marzo 2001, donava ai figli un terreno edificabile che veniva ceduto, il 23 aprile 2001, dai donatari alla società C.G.T. Srl per il prezzo di lire 1 miliardo, di cui 250 milioni incassati dai venditori con assegni circolari ed i restanti 750 milioni compensati con il valore di due appartamenti con relative pertinenze che erano trasferiti dalla C.G.T. Srl a favore della donante;
2. l’Agenzia delle Entrate notificava alla P. avvisi di accertamento, con cui, in forza dell’art. 37 del d.P.R. 600/73, riprendeva a tassazione ai fini Irpef la plusvalenza da cessione di terreno edificabile sul presupposto che la vera volontà della P. era stata quella di cedere il terreno alla C.G.T. srl in cambio dei due appartamenti e che l’atto di donazione del terreno ai figli era stato simulato allo scopo di consentire alla effettiva venditrice l’elusione della norma di cui all’articolo 67 del Tuir;
3. la commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva in parte i ricorsi riuniti proposti dalla P. ritenendo non dovute le sanzioni e riducendo l’imposta nella misura del 25%, tenuto conto del fatto che i donatari, che avevano proceduto alla vendita del terreno, avevano incassato essi stessi assegni circolari per lire 250 milioni sicché, limitatamente a tale somma, che costituiva il 25% del totale, la donazione dalla madre ai figli doveva essere ritenuta effettiva;
4. la commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza 72/42/10 del 28 maggio 2010, rigettava l’appello della contribuente;
5. la P. ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memoria;
6. l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 37, comma 3, d.p.r. 600/73, sostenendo che la norma si riferisce a fattispecie di interposizione fittizia di persona, che la figura della interposizione fittizia presuppone la partecipazione del terzo contraente all’accordo tra interponente e interposto, che né l’ufficio né la commissione tributaria regionale avevano ipotizzato la partecipazione della C.G.T. srl all’ipotetico accordo tra essa ricorrente e i figli, che, inoltre, anche ritenendo, da un lato, la norma di cui all’articolo 37, comma 3, del d.P.R. 600/73 applicabile alla fattispecie della interposizione reale di persona, dall’altro, ipotizzabile tale fattispecie nel caso concreto, l’ufficio e la commissione avevano comunque fatto cattivo uso della norma riferendo ad essa ricorrente non il reddito pari alla differenza tra prezzo conseguito dai donatari mediante la vendita del terreno e valore del terreno dichiarato nell’atto di donazione, ma il maggior reddito pari alla differenza tra prezzo conseguito dai donatari e il costo di acquisto dell’area da parte di essa ricorrente;
2. con il secondo motivo la P. lamenta, in relazione all’art.360 comma 1, n.5, c.p.c., che la sentenza impugnata manca di una sufficiente motivazione avendo la commissione errato, innanzi tutto, nel ritenere la “concatenazione logica e cronologica … della donazione del terreno seguita, a breve distanza di tempo, dalla vendita dello stesso terreno dai donatari ad una impresa costruttrice verso un corrispettivo pagato in parte attraverso la cessione in permuta alla donante di varie unità immobiliari”, come elementi idonei a fondare la presunzione a base dell’atto di accertamento impugnato, laddove invece tali elementi avrebbero dovuto essere considerati inidonei allo scopo in quanto, in realtà, consistenti nella sola, non significativa circostanza per cui l’intestazione degli immobili dati dalla società C.G.T. in contropartita del terreno, era avvenuta a favore di essa ricorrente, ed avendo la commissione ulteriormente errato nell’affermare che essa ricorrente non aveva offerto alcun riscontro alla propria allegazione per cui gli immobili non erano stati intestati ad uno dei figli in quanto questi era, all’epoca della cessione, soggetto a procedimento penale per bancarotta fraudolenta sicché sarebbe stato inopportuno intestare gli appartamenti a suo nome;
3. il primo motivo di ricorso, nell’intera sua articolazione, è infondato: in primo luogo va evidenziato che la commissione tributaria regionale, ha applicato l’art. 37, comma 3, d.P.R. 600/73 (“In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona) in modo che, alla luce di quanto precisato da questa Corte in controversie del tutto assimilabili a quella che occupa (“In tema di accertamento rettificativo dei redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dall’art. 37, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta; ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali”; così Cass. n.21794 de115/10/2014; v. altresì, Cass. n. 25671 del 15/11/2013), è corretto; il secondo luogo, in ragione di quanto appena detto, la commissione correttamente ha avallato il recupero a tassazione della differenza tra prezzo conseguito dai donatari ma imputabile alla ricorrente e costo di acquisto del terreno da parte di quest’ultima;
4. il secondo motivo di ricorso è infondato poiché, tenuto conto dell’esatto significato della norma di cui all’art.37 cit., la sentenza, con il passaggio motivazionale riportato al superiore punto 2, è motivata in modo congruo e senza che, in senso contrario, possa darsi alcun peso alla doglianza per cui la commissione non avrebbe tenuto conto delle vicende giudiziarie di uno dei donatari posto che la commissione ha, in realtà, tenuto conto di tali vicende dicendo però che non ve era prova;
5. il ricorso deve essere rigettato;
6. le spese devono seguire la soccombenza;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna M.R.P. a rifondere alla Agenzia delle Entrate le spese del giudizio, liquidate in € 7200,00, oltre spese prenotate a debito.
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