CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 luglio 2022, n. 22907
Lavoro – Operatrice socio-sanitaria – Selezione indetta ex l. n. 56/1987 – Svolgimento illegittimo – Danno per perdita di chance – Violazione dell’art. 27, d.P.R. n. 487/1994 – Esclusione
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Genova, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, accoglieva l’impugnazione di V. R., avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la domanda proposta da detta appellante volta ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità dello svolgimento della selezione indetta ai sensi della l. n. 56/1987 e il diritto al risarcimento del danno per perdita di chance;
2. V. R. aveva agito in giudizio al fine di ottenere l’accertamento dell’illegittimità della selezione indetta per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di 26 operatori socio-sanitari categoria B, livello economico Bs; i fatti erano stati così ricostruiti: – l’Istituto G. aveva acquisito dal Centro per l’impiego tre elenchi di candidati da avviare alla selezione per l’assunzione; – tra i 215 nominativi vi era anche la suddetta ricorrente collocata al 34° posto; – nel provvedimento di indizione della procedura erano stati indicati determinati argomenti oggetto della prova tecnico-attitudinale stabilendosi che la procedura per l’accertamento dell’idoneità sarebbe avvenuta “mediante unica prova attitudinale vertente sugli argomenti sopra evidenziati” e che le assunzioni avrebbero seguito l’ordine degli idonei nell’ambito delle graduatorie formate dalla provincia di Genova; – all’esito della prova scritta le predette erano risultate inidonee;
la ricorrente aveva dedotto la sussistenza di gravi irregolarità della procedura sia dal punto di vista della redazione della graduatoria finale (impropriamente definita tale in quanto si trattava di una mera lista di idonei) sia dal punto di vista della valutazione della prova e della violazione della normativa vigente in materia; in particolare, aveva rilevato che l’istituto aveva violato il disposto dell’art. 27 del richiamato d.P.R. n. 487/1994, poiché aveva preteso di selezionare i soggetti da assumere attraverso una prova scritta, mentre avrebbe dovuto esprimere il giudizio all’esito di “prove pratiche attitudinali” o “sperimentazioni lavorative”;
3. il Tribunale aveva respinto il ricorso rilevando che la selezione in oggetto non aveva assunto il carattere di una procedura concorsuale e che era stata solo volta all’individuazione dei candidati idonei, che la prova scritta ben poteva rientrare nell’ambito delle prove pratiche attitudinali, che la mancanza di una domanda volta al travolgimento della procedura e al rinnovamento della stessa comportava il rigetto delle domande risarcitorie non sussistendo elementi per l’accertamento in termini probabilistici dell’idoneità della ricorrente;
4. la Corte territoriale, al contrario, riteneva che:
a) la attitudine professionale del personale da assumere sulla base del solo requisito della scuola dell’obbligo doveva essere verificata nel rispetto delle formalità prescritte dal d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che aveva sostituito il D.P.C.M. 27 dicembre 1988, invocato dalla ricorrente;
b) l’istituto aveva violato il disposto dell’art. 27 del richiamato d.P.R., poiché aveva preteso di selezionare i soggetti da assumere attraverso una prova scritta, mentre avrebbe dovuto esprimere il giudizio all’esito di “prove pratiche attitudinali” o “sperimentazioni lavorative”;
c) l’elaborato scritto, infatti, anche se inerente a specifiche domande, presuppone una capacità di elaborazione sintattica e grammaticale, oltre che di sintesi, e, quindi, non è coerente con il basso grado di scolarizzazione richiesto;
d) le modalità di effettuazione della prova, avendo determinato il contestuale coinvolgimento di numerosissimi candidati, compresi quelli che si trovavano in posizioni molto lontane dalle prime 26 aveva sicuramente causato un pregiudizio per le appellanti giacché una convocazione secondo l’ordine di graduatoria, con contestuale espressione del giudizio di idoneità al termine di ciascuna prova, avrebbe con ogni probabilità determinato la conclusione della procedura selettiva ben prima di giungere all’esame dei candidati occupanti le posizioni più indietro nella graduatoria;
e) quanto alle conseguenze di tale illegittimità, la ricorrente aveva concrete possibilità di essere prescelta, quantificabili nella misura del 50%;
f) il danno poteva essere liquidato utilizzando come parametro il criterio dettato dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, sicché andava quantificato in complessive dieci mensilità della retribuzione globale di fatto;
3. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Istituto G. G. sulla base di quattro motivi cui ha resistito con tempestivo controricorso V. R.;
4. entrambe le parti hanno depositato memorie.
Considerato che
1. con il primo motivo l’Istituto denuncia, ex art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 487/1994 (nonché al c.c.n.l. 20 settembre 2001 ed all’Accordo Stato Regioni Prov. 22 febbraio 2001), in relazione alla violazione degli artt. 3 e 97 Cost. (violazione dei principi di uguaglianza, di ragionevolezza, di imparzialità e rispetto della par condicio) e dell’art. 5 del d.lgs. n. 165/ 2001 nonché la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
premette il ricorrente che l’art. 27 del richiamato d.P.R. riserva all’ente pubblico la scelta sulle forme e sulle modalità con le quali svolgere la selezione di idoneità, non essendo vincolato al rispetto delle regole che valgono solo per i concorsi pubblici; aggiunge che la valutazione attitudinale ben poteva essere effettuata richiedendo agli avviati al lavoro di rispondere nell’elaborato scritto a domande concernenti ambiti di intervento pratico specifico, posto che, contrariamente a quanto asserito dalla Corte d’appello, l’operatore sanitario deve possedere una formazione specifica che gli consenta di interagire con altre più elevate figure professionali;
rileva, infine, che la valutazione delle risposte date non può che essere riservata alla Commissione, sicché è inibito al giudice di sindacare nel merito l’attribuzione dei punteggi;
2. con il secondo motivo l’Istituto denuncia, ex art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt, 2043 e 2697 cod. civ. degli artt. 112 e 414, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., violazione dell’art. 14 del c.c.n.l. 4 agosto 1995; la violazione dei principi in materia di onere della prova per danno per perdita di chance: difetto dei presupposti giuridici legittimanti in relazione alla violazione dell’art. 2043 cod. civ.; l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione; sostiene che l’originaria ricorrente, tra l’altro solo in grado di appello, si era limitata ad affermare che, ove la selezione fosse stata circoscritta ad un minor numero di candidati indicati dal d.P.R. n. 487 del 1994, art. 25 maggiori sarebbero state le possibilità di ottenere un giudizio di idoneità; nulla, invece, aveva dedotto in relazione alle modalità della prova, sicché la Corte d’appello non poteva superare detto assoluto difetto di allegazioni, “costruendo da sé la motivazione”; aggiunge che allorquando, come nella fattispecie, il vizio della procedura riguardi le modalità della stessa, è impossibile effettuare una valutazione probabilistica sull’esito della selezione per la ricorrente e per tutti gli altri candidati;
3. con il terzo motivo l’Istituto denuncia, ex art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 112 e 414, n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 18 comma 5 L. n. 300/1970 anche in relazione all’art. 14 del c.c.n.l. 4 agosto 1995 nonché la violazione dei principi in materia di risarcimento del danno per perdita di chance sotto altro profilo;
rileva che il danno non poteva essere quantificato assumendo a parametro il criterio indicato dalla L. n. 300 del 1970, art. 18 perché le appellanti non erano mai state assunte e non era stato allegato alcun dato che consentisse di esprimere una prognosi favorevole in relazione al superamento della prova prevista dall’art. 15 del c.c.n.l. di comparto;
4. nel quarto motivo, sul presupposto dell’illegittimità della condanna al risarcimento ed alle spese di lite, si avanza domanda di ripetizione delle predette somme;
5. è fondato il primo motivo e determina l’assorbimento degli altri; va data continuità ai precedenti di questa Corte (Cass. 22 luglio 2016, n.15223; si veda anche Cass. 8 luglio 2021, n. 19521) resi in relazione a vicende del tutto sovrapponibili;
è stato, in particolare, ritenuto che nessuna violazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 487/1994 è stata commessa dall’Istituto in relazione alle modalità di svolgimento della medesima selezione;
la norma richiamata, dopo aver previsto al 1° comma che le amministrazioni devono sottoporre a prova di idoneità i candidati avviati al lavoro, aggiunge, al comma 2, che: «la selezione consiste nello svolgimento di prove pratiche attitudinali ovvero in sperimentazioni lavorative, i cui contenuti sono determinati con riferimento a quelli previsti nelle declaratorie e nei mansionari di qualifica, categoria e profilo professionale dei comparti di appartenenza od eventualmente anche delle singole amministrazioni e comunque con riferimento ai contenuti ed alle modalità stabilite per le prove di idoneità relative al conseguimento degli attestati di professionalità della regione nel cui ambito ricade l’amministrazione che deve procedere alla selezione, alla stregua degli articoli 14 e 18 della legge 21 dicembre 1978, n. 845»;
la Corte territoriale ha ritenuto che l’Istituto G. non potesse valutare la idoneità dei candidati sulla base delle risposte scritte date a domande di carattere pratico, perché ciò presupponeva il possesso di capacità di elaborazione sintattica e grammaticale, non compatibili con il basso grado di scolarizzazione richiesto per l’accesso alla qualifica; a dette conclusioni, peraltro, il giudice di appello è pervenuto senza considerate il profilo professionale dell’operatore sanitario, il grado di conoscenze richiesto per il conseguimento del necessario attestato professionale, la natura della prova finale al cui rilascio quest’ultimo è subordinato; la norma regolamentare, invece, per individuare il contenuto della prova pratica richiama espressamente, non solo la qualifica, ma anche le modalità della prova di idoneità al cui superamento è subordinato il rilascio dell’attestato;
questa Corte, nei precedenti sopra richiamati, ha osservato che il c.c.n.l. 20.9.2001, oltre ad includere nella categoria B «i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono conoscenze teoriche di base relative allo svolgimento dei compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche riferite alle proprie qualificazioni e specializzazioni professionali nonché autonomia e responsabilità nell’ambito di prescrizioni di massima», per gli operatori socio sanitari richiede espressamente lo specifico titolo conseguito a seguito del superamento del corso di durata annuale previsto dall’accordo Stato Regioni, depositato dalla difesa dell’Istituto ricorrente (in quella come in questa sede – v. doc. 14 della produzione in primo grado -) e pubblicato sulla G.U. n. 91 del 19.4.2001; detto accordo elenca le competenze dell’operatore e le materie di insegnamento nelle diverse aree igienico-sanitaria, socio-psicologica, tecnico-operativa e culturale, e prevede che l’esame finale deve consistere in una prova pratica ed in una teorica, sicché già detta previsione smentisce l’assunto della Corte territoriale, secondo la quale la risposta scritta a domande di taglio pratico sarebbe stata incompatibile con il livello di scolarizzazione richiesto per l’accesso alla qualifica, qualifica che, al contrario, presuppone, oltre al diploma di istruzione secondaria di primo grado, conoscenze teoriche, sia pure di base, nelle diverse aree sopra indicate;
va poi aggiunto che la prova non perde il suo contenuto di praticità per il solo fatto che consista nella risposta a domande scritte, ove dette domande non siano finalizzate ad accertare le conoscenze teoriche dell’avviato al lavoro e sollecitino solo la sommaria indicazione dei comportamenti da assumere nelle situazioni concrete prospettate; la norma regolamentare, infatti, nel contrapporre alla “prova pratica” la “sperimentazione lavorativa”, esclude la sovrapponibilità delle due diverse forme di verifica della idoneità, sicché non richiede che il giudizio sia necessariamente espresso all’esito di una prova che comporti il concreto espletamento delle mansioni ricomprese nel profilo professionale. In altri termini la “prova pratica” non coincide necessariamente con la “prova manuale” e si contrappone a quella teorica perché è finalizzata a valutare non il grado di conoscenza astratta dei principi di una determinata disciplina, bensì la capacità di assumere in concreto i comportamenti necessari in un determinato contesto; detta capacità può essere verificata anche attraverso una prova scritta, di per sé non incompatibile con il carattere della praticità, atteso che il discrimine fra teoria e pratica è dato, in detto tipo di prova, dal contenuto delle domande formulate e delle risposte richieste;
6. il primo motivo va, dunque, accolto (assorbiti gli altri attinenti al risarcimento del danno) e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;
7. non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, come modificato dalla l. 24.12.12 n. 228.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.
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