CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 marzo 2022, n. 9165
Rapporto associativo agrario – Omesso pagamento di contributi – Opposizione a cartella esattoriale – Inapplicabilità del termine decadenziale ex art. 22, d.l. 7/70 al datore di lavoro
La corte d’appello di Campobasso con sentenza del 29.1.16 ha confermato la sentenza del tribunale della stessa sede del 29.4.14 che aveva escluso l’applicazione del termine ex articolo 22 decreto legge 7/70, convertito in legge 83/70, nei confronti della opposizione del proprietario di alcune terre concesse in colonia avverso cartelle esattoriali con le quali l’INPS aveva chiesto il pagamento di contributi relativi al rapporto associativo agrario per gli anni 2009 e 2011.
In particolare, la sentenza di primo grado aveva ritenuto non applicabile il termine di decadenza nei confronti del datore di lavoro, non essendogli stata notificata l’iscrizione del colono negli elenchi dei lavoratori agricoli per gli anni in questione, sicché il termine non poteva decorrere; nel merito la sentenza riteneva il rapporto estinto ope legis il 10.1.93, come peraltro accertato da sentenza del tribunale di Campobasso inter partes, passata in giudicato.
Su appello dell’INPS che invocava la decadenza ex art. 22 predetto, la Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile il termine nei confronti del datore di lavoro ed ha ritenuto “per il resto sufficiente il richiamo alle argomentazioni espresse dal primo giudice …che abbiansi per qui riportate e trascritte, avendo egli operato una ricostruzione del tutto aderente al dato normativo ed alle risultanze processuali, donde l’estraneità di considerazioni aggiuntive”.
Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo (cui resiste il datore con controricorso) ed il datore con ricorso incidentale condizionato per un motivo (rispetto al quale l’INPS è rimasto intimato).
Con unico motivo l’Inps denuncia violazione dell’articolo 22 citato, dell’articolo 95 comma 4 legge 608/96 nonché 24 comma 5 del d.lgs. 46/99.
Come indicato dall’INPS in ricorso -che richiama al riguardo la sentenza di primo grado- la S. aveva concesso nel 1972 un suo fondo in colonia al signor L. versando i contributi fino alla cessazione del rapporto, avvenuta ope legis il 10.11.93; l’Inps aveva quindi inviato cartelle esattoriali per richiedere contributi per il periodo successivo, relativo per quel che qui rileva agli anni 2009 e 2011; la proprietaria concedente aveva fatto opposizione; l’Inps aveva eccepito che il L. era ancora iscritto come mezzadro e che l’azione era stata proposta oltre il termine di 120 giorni ex articolo 22 decreto 7/70;
l’opposizione infine era stata accolta dal tribunale, con sentenza confermata poi dalla corte di appello, con la motivazione su richiamata. Il motivo di ricorso per cassazione dell’INPS lamenta la mancata applicazione del termine decadenziale ex art. 22 citato.
Il motivo non può trovare accoglimento.
L’art. 22 del d.l. 7/70 prevede che “Contro i provvedimenti definitivi adottati in applicazione del presente decreto da cui derivi una lesione di diritti soggettivi, l’interessato può proporre azione giudiziaria davanti al pretore nel termine di 120 giorni dalla notifica o dal momento in cui ne abbia avuto conoscenza”: la norma dunque stabilisce la decadenza esclusivamente a carico di chi venga leso nei suoi diritti soggettivi, ed è destinata ad operare in particolare nei confronti dei lavoratori che non vengono iscritti o vengono cancellati dagli elenchi, con conseguente venir meno dell’accesso alle prestazioni previdenziali.
Dal complesso normativo dell’iscrizione dettato dall’art. 9 quinquies d.l. 1/10/1996, n. 510 (che viene operata sulla base delle dichiarazioni datoriali di manodopera occupata, viene pubblicata nel comune del lavoratore e solo a lui viene notificata), dal contenuto della iscrizione (che riguarda il lavoratore e non il datore, e che del resto non è in alcun modo costitutivo dell’obbligo contributivo previdenziale di quest’ultimo, che si ricollega all’effettivo sorgere del rapporto ed al più alle dichiarazioni di manodopera occupata) e dalla regola che pone la decadenza solo nei confronti di chi viene leso dal provvedimento pubblicato (e tale non è il datore di lavoro), discende l’inapplicabilità del termine decadenziale nei confronti del datore di lavoro.
Né alcun elemento in senso contrario può desumersi dalla richiamata Cass. 7/10/2010, n. 20795, che ha previsto che la decadenza si applica ad ogni controversia relativa alla contribuzione previdenziale per i lavoratori agricoli, siano essi coadiutori o subordinati, e ciò in quanto la pronuncia afferma l’applicazione della decadenza anche nei confronti dei coadiutori, che sono altra figura di lavoratore, ma non anche nei confronti del datore di lavoro, né nei confronti delle parti dei rapporti associativi in agricoltura ed in particolare del proprietario del fondo concendente.
Il ricorso principale va rigettato.
Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale condizionato;
condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 3000 per competenze professionali ed euro 200 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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