CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 24 marzo 2022, n. 9560
Tributi – IRAP – Avvocato – Debito indicato in dichiarazione – Omesso versamento – Assenza di autonoma organizzazione – Legittimità
Fatto e diritto
Con sentenza nr 476/2019 la CTR della Puglia rigettava l’appello dell’Ufficio proposto avverso la decisione della CTP di Taranto con cui era stata accolta l’opposizione del contribuente avente ad oggetto una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo ex art. 36 bis del D.P.R. nr 600/1973 in merito ad un debito Irap riportato nella dichiarazione dell’anno di imposta 2007.
Il giudice di appello escludeva la sussistenza di una organizzazione autonoma del contribuente rilevando che dall’esame della documentazione fiscale risultavano spese per beni strumentali pari ad € 12.439,00 e spese per compensi a terzi per un importo di € 11.670,00 per prestazioni afferenti l’attività professionale, ritenendo che il valore degli esborsi corrisposte da un avvocato per le domiciliazione dei colleghi non assumevano rilievo ai fini Irap alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte e ancor più nella specie stante il valore degli stessi rapporto alle risultanze finali dei ricavi del contribuente (pari ad € 315.163,00).
Avverso tale sentenza l’Agenzia propone ricorso per cassazione affidato a due motivi cui non replica il contribuente che rimane intimato.
Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto la sentenza impugnata era assolutamente priva di motivazione, essendo le argomentazioni svolte inidonee a rivelare la ratio decidendi; invero ogni autorità giudicante aveva l’obbligo di fornire un’adeguata e sufficiente esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione adottata.
Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 2, comma 1 e terzo comma primo lett. c) del dl1997 nr 446 in relazione all’art. 360 primo comma nr 3 c.p.c. per avere la CTR ritenuto l’attività del contribuente priva del requisito dell’autonoma valutazione senza valutare la natura dell’erogazione dei compensi ai terzi, anch’essi avvocati, ciò che avrebbe dovuto indurre il giudice di appello a ritenere il contribuente, il responsabile, per l’anno in contestazione.
Il primo motivo è infondato.
Deve escludersi il difetto assoluto di motivazione, dedotto con il primo mezzo di ricorso, non essendo ravvisabile, in relazione alle statuizioni contenute nella decisione impugnata, alcuna anomalia motivazionale destinata ad acquistare significato e rilevanza alla stregua delle pronunce a Sezioni Unite di questa Corte n. 8053 del 2014 e n. 22232 del 2016.
Considerato, infatti, che ricorre il vizio di motivazione meramente apparente allorquando il giudice omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione e di specificare ed illustrare le ragioni che sorreggono il decisum e l’iter logico seguito per pervenire alla pronuncia assunta, onde consentire di verificare se abbia giudicato iuxta alligata et probata, non può non rilevarsi che il giudice di appello ha compiutamente esplicitato il proprio iter argomentativo, esaminando in modo esaustivo i fatti oggetto di discussione e chiarendo le ragioni del suo convincimento.
Nella specie, anche in base alla stessa prospettazione del mezzo, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, nè tanto meno che sia stata costruita in modo tale da rendere impossibile un controllo sulla esattezza del ragionamento decisorio e, quindi, tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, (Cass., sez. 1, 30/06/2020, n. 13248).
Nella specie in esame, la CTR ha esplicitato le ragioni per le quali riteneva insussistenti i presupposti del presupposto impositivo Irap nei confronti del contribuente, esercente la professione di avvocato, fosse tenuto al pagamento dell’IRAP spiegando, in modo succinto ma chiaro, che l’ammontare elevato dei compensi percepiti, in rapporto al valore dei compensi erogati a soggetti terzi il ricorso a soggetti terzi, anch’essi avvocati né l’ammontare delle spese per beni strumentali costituissero elementi dai quali desumere l’esistenza di un’autonoma organizzazione lavorativa, necessario presupposto per il pagamento dell’IRAP.
Il secondo motivo è inammissibile investendo l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di appello non sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti dell’art. 360 primo comma nr 5 c.p.c. nella specie neppure dedotto.
La sentenza impugnata ha escluso l’esistenza di una struttura autonoma, dando tuttavia conto dell’entità degli esborsi per compensi a terzi, per prestazioni afferenti l’attività professionale (circostanza incontroversa tra le parti) qualificando le spese a tal fine dichiarate come affatto eccessive (specie in relazione all’entità del reddito prodotto)”, nè sproporzionate nonché delle spese quali risultano dalla documentazione prodotta agli atti.
Una tale valutazione può essere censura solo attraverso la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella nuova formulazione di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito, con modificazioni, in L. 7 agosto 2012, n. 134, vizio che deve intendersi come riferito all’omesso esame di un fatto storico, principale, o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti e che abbia carattere decisivo, tale cioè che se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (cfr. anche, più di recente, Cass. sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238).
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Nessuna determinazione in punto spese per il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del contribuente che è rimasto intimato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
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