CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 18150 depositata il 26 giugno 2023

Tributi – Avvisi di accertamento – ICI – Plurime comunicazioni sull’involucro della raccomandata – Presunzione di conoscenza – Notifica di più avvisi di accertamento specificamente individuati – Connessione oggettiva e soggettiva dei vari atti – Unica spedizione – Busta con due atti – Rigetto – In caso di notifica di cartella di pagamento a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ove l’involucro contenga plurime cartelle e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335 c.c., che l’autore della comunicazione fornisca la prova che l’involucro le conteneva, atteso che, secondo l’id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione

Rilevato che

1. La F. s.p.a. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma avverso due avvisi di accertamento Ici per gli anni 2002 e 2003.

2. Con sentenza n. 19347/2019 la S.C. cassava con rinvio la sentenza con la quale la CTR aveva accolto il ricorso, evidenziando che, ove l’involucro della raccomandata contenga plurime comunicazioni, e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335 c.c., che l’autore della comunicazione fornisca la prova che l’involucro le conteneva.

3. A seguito della riassunzione di Roma Capitale, la Commissione Tributaria Regionale Lazio accoglieva il gravame, rilevando che il Comune aveva fornito sufficiente evidenza che il plico raccomandato, sicuramente notificato alla contribuente l’1.7.2005 in tempo utile per impedire la decadenza triennale, conteneva due atti (recanti, rispettivamente, i numeri (…) e (…)), atteso che la conseguenzialità numerica (tenuto conto che il n. (…) individuava l’accertamento relativo all’ICI 2003) lasciava ragionevolmente presumere che il n. (…) individuasse l’accertamento relativo all’ICI 2002.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la F. s.p.a. sulla base di due motivi. Roma Capitale ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’adunanza camerale la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Considerato che

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per motivazione meramente apparente e violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36 art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4), e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1335 e 2697 c.c. e d.p.r. n. 602 del 1973, art. 26 in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non aver la CTR considerato che, ove il mittente affermi di aver inserito più di un atto nello stesso plico ed il destinatario contesti tale circostanza, è il mittente che deve dimostrare il contenuto della busta.

3. I due motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati.

E’ ormai noto come le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola “anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E’ stato altresì precisato (in termini, Cass.n. 2876 del 2017) che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell’art. 132 c.p.c., comma 6, n. 4, (in materia di processo civile ordinario) e dell’omologo d.lgs. n. 546 del 1992, art. 36 comma 2, n. 4, (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass. nn. 2876/2017 e 1461/2018).

Ciò debitamente premesso, l’impugnata sentenza, per quanto sintetica, prende espressamente posizione sulla questione che aveva indotto questa Corte, in differente composizione, a cassare con rinvio, vale a dire quella di verificare se l’ente impositore avesse soddisfatto, sia pure in via presuntiva, l’onere su di esso incombente di provare che l’involucro contenesse due comunicazioni.

Invero, la CTR ha affermato che “La consequenzialità numerica, tenuto conto che il n. (…) individua l’accertamento relativo all’ICI 2003, lascia ragionevolmente presumere che il n. (…) individui l’accertamento relativo all’ICI 2002”.

In tal guisa ragionando, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui “In caso di notifica di cartella di pagamento a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ove l’involucro contenga plurime cartelle e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335 c.c., che l’autore della comunicazione fornisca la prova che l’involucro le conteneva, atteso che, secondo l’id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione. A tale fine l’indicazione dei numeri delle cartelle sull’avviso di ricevimento, in quanto sottoscritto dal destinatario  d.p.r. 29 maggio 1982, n. 655, ex art. 12 pur non assumendo fede privilegiata, visto che vi provvede non l’agente postale ma lo stesso mittente, ha valore sul piano presuntivo ed ai fini del giudizio sul riparto dell’onere della prova” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 20786 del 02/10/2014; conf. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21533 del 15/09/2017).

Del resto, la giurisprudenza citata dalla ricorrente per fondare la censura attiene unicamente alla notifica con un solo plico di più cartelle esattoriali le quali, in effetti, richiamate ex se, ossia col solo numero identificativo, non danno evidenza degli atti da cui traggono origine. Nell’ipotesi di specie, invece, si è in presenza della notifica con un unico plico di più avvisi di accertamento specificamente individuati, nel qual caso, stante la connessione oggettiva e soggettiva dei vari atti di accertamento, nonché la contestualità della loro formazione, l’unicità della spedizione rappresenta una soluzione finalizzata ad una maggiore praticità ed economicità.

Senza tralasciare che si è al cospetto di un accertamento in fatto che, come tale, non è scrutinabile in sede di legittimità.

Da ultimo, va evidenziato che non è stato violato l’art. 2697 c.c., se solo si considera che la CTR non ha posto a carico della contribuente l’onere di provare di essersi incolpevolmente trovata nell’impossibilità di prendere cognizione del plico spedito con lettera raccomandata, ma ha ritenuto assolto, sia pure in via presuntiva, l’onere gravante sull’Ufficio di dimostrare che la busta contenesse due atti.

4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita accoglimento.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 6.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;

ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.