CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 gennaio 2022, n. 2200
Tributi – Accertamenti bancari – Società a socio unico – Estensione delle indagini ai conti correnti dell’amministratore e socio unico – Rideterminazione presuntiva del reddito della società – Legittimità – Onere di prova contraria
Rilevato che
1. D. Manifatture S.r.l. impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale (“C.T.P.”) di Bari l’avviso di accertamento, ai fini Ires, Irap, Iva, per il periodo d’imposta 2005, che recuperava a tassazione maggiori redditi non dichiarati sulla base delle indagini bancarie sui conti della società, estese anche ai conti correnti di F. D., amministratore e socio unico dell’ente collettivo;
2. la C.T.P. di Bari, in parziale accoglimento del ricorso, ridusse il reddito accertato scomputando dai ricavi l’ammontare dei prelevamenti effettuati sui conti bancari del socio;
3. la Commissione tributaria regionale (“C.T.R.”) della Puglia ha rigettato l’appello principale della società ed ha accolto quello incidentale dell’Agenzia delle entrate, in relazione ai capi della sentenza di primo grado di rispettiva soccombenza, svolgendo per quanto ancora rileva le seguenti considerazioni: (i) quanto all’appello principale della società, con riferimento all’interposizione soggettiva tra il legale rappresentante dell’ente collettivo e la società a ristretta base partecipativa, secondo il consolidato orientamento di legittimità, l’Amministrazione finanziaria (“A.F.”) può accertare i redditi della società anche utilizzando i dati risultanti dai conti bancari dei soci, amministratori etc., quando sia provata la natura fittizia dell’intestazione e quindi la sostanziale riferibilità all’ente dei rapporti bancari medesimi. Tale prova può essere anche presuntiva; nella specie, la presunzione è integrata dalla circostanza che si tratta del socio unico e legale rappresentante della società. A fronte dell’operatività della presunzione, la contribuente non ha fornito la prova contraria, e si è limitata ad affermare, senza darne alcun riscontro documentale, che l’abnorme movimentazione di denaro sui conti intestati al socio derivava dall’alienazione di proprietà immobiliari, dal riscatto di polizze vita e dal ricorso a prestiti sottoscritti per finanziare la società; (ii) quanto all’appello incidentale dell’ufficio, è erronea, perché non prevista dalla normativa in materia tributaria, la rideterminazione del reddito della società operata dal giudice di primo grado tramite il riconoscimento, a titolo di costi, dei prelievi risultanti dai conti bancari del legale rappresentante della S.r.l.;
4. la società ricorre con due motivi, illustrati con una memoria, e l’Agenzia resiste con controricorso;
5. in seguito all’istanza, datata 24/11/2018, con cui la contribuente ha chiesto la sospensione del giudizio in vista dell’adesione alla definizione agevolata della controversia, questa Corte, con ordinanza del 14/12/2018, ha sospeso il giudizio, ai sensi dell’art. 6, comma 10, del d.-l. n. 119 del 2018, e ha rinviato la causa a nuovo ruolo. La procedura di definizione agevolata della controversia non si è successivamente perfezionata e il processo è proseguito;
Considerato che
(a) preliminarmente va disattesa la richiesta della contribuente, datata 12/11/2021, di trattazione della causa in udienza pubblica, con discussione orale, con la presenza dei difensori delle parti, ai sensi dell’art. 23, comma 8-bis, della legge n. 176 del 2020, in quanto, per le ragioni che seguono, la soluzione della controversia è priva di autonomo rilievo nomofilattico;
1. con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 32, c. 1, nn. 2) e 7), d.p.r. n. 600/1973 e 51, comma 2, nn. 2 e 7 d.p.r. n. 633/1972, nonché dell’art. 37, comma 3, del d.p.r. n. 600/1973, con riferimento alla contestata interposizione personale fittizia. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3»], la contribuente censura la sentenza impugnata che ha ritenuto legittimo l’accertamento fondato sui dati dei conti correnti bancari intestati a F. D., amministratore e socio unico della società verificata, in virtù dell’interposizione soggettiva del socio nella titolarità dei conti riferibili alla società, senza considerare che, per giurisprudenza costante, spetta all’ufficio provare la puntuale riferibilità alla società delle operazioni e dei movimenti sui conti correnti bancari intestati al socio;
1.1. il motivo è infondato;
1.1.1. per il consueto indirizzo sezionale (Cass. 27/10/2021, n. 30414) le indagini bancarie nei confronti di una società a responsabilità limitata possono essere estese ai conti correnti dei soci della stessa soltanto se sussistano elementi indiziari che inducano a ritenere che gli stessi siano stati utilizzati per occultare operazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 18/12/2019, n. n. 33596) o, comunque, che le movimentazioni sui conti correnti personali dei soci siano riconducibili alla società (Cass. 20/03/2019, n. 7758). Tale principio scaturisce dal chiaro disposto dell’art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona», che richiede la prova da parte dell’ufficio della riferibilità dei conti correnti personali di soci di società di capitali — come anche di conti correnti di amministratori o procuratori generali — all’ente collettivo societario partecipato o amministrato dalle menzionate persone fisiche, benché non occorra la prova che tutte le movimentazioni di tali rapporti rispecchino operazioni aziendali (Cass. 22/04/2016, n. 8112; 02/07/2013, n. 16575; 24/09/2010, n. 20199). In precedenza Cass. 01/02/2016, n. 1898, aveva statuito che «In tema di accertamento del reddito d’impresa, gli artt. 32, n. 7, del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, sicché possono assumere rilievo ai fini delle indagini i conti correnti intestati all’amministratore unico e socio assoluto di maggioranza di una società a responsabilità limitata in ragione di movimentazioni sia in entrata che in uscita che non trovino corrispondenza alcuna nelle registrazioni contabili»;
1.1.2. tornando all’esame del motivo, la Commissione regionale si è attenuta ai princìpi di diritto sopra trascritti laddove ha attribuito alla circostanza che l’intestatario dei conti correnti oggetto d’indagine fosse allo stesso tempo socio unico e amministratore della società a responsabilità limitata, unitamente all’assenza di fonti che giustificassero i versamenti sui detti conti e all’abnormità delle movimentazioni di denaro in rapporto all’attività del titolare dei conti, valore di presunzioni, gravi e precise, circa l’interposizione soggettiva (nella titolarità dei conti bancari) della persona fisica rispetto all’ente collettivo. In altri termini, nel solco della giurisprudenza di legittimità, la Commissione regionale ha qualificato quegli aspetti oggettivi come elementi concreti, idonei a dimostrare, con certezza, che le ingenti movimentazioni bancarie sui conti formalmente intestati al socio unico e amministratore della società contribuente erano direttamente riferibili all’ente collettivo. Dopodiché, alla stregua di un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità, il giudice di merito ha stabilito che la contribuente, gravata del relativo onere probatorio, stante l’operatività della presunzione d’interposizione soggettiva, non aveva provato che l’abnormità delle movimentazioni di denaro sui conti intestati al socio era dovuta ad “altre circostanze” e non era correlata all’attività e alle operazioni della società;
2. con il secondo motivo [«2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 del d.p.r. n. 600/1973 e dell’art. 3 e 53 della Costituzione con riferimento al mancato riconoscimento dei costi. Denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c. n. 3»], la contribuente censura la sentenza impugnata che, in accoglimento dell’appello incidentale dell’ufficio, ha riformato la decisione di primo grado — la quale aveva qualificato come costi i prelevamenti sui conti correnti intestati al socio —, omettendo di considerare che, in caso di ricostruzione del reddito d’impresa con metodo induttivo, il fisco non può non tenere conto, soprattutto in assenza di documentazione certa, dell’incidenza percentuale dei costi presunti a fronte dei maggiori ricavi accertati;
2.1. il motivo è infondato;
sul presupposto dirimente che, diversamente da quanto prospetta la ricorrente, si controverte di un accertamento fondato su indagini bancarie e non di un accertamento induttivo puro, il dictum del giudice d’appello segue il pacifico orientamento della Corte, che il Collegio condivide, enunciato (tra le molte altre) da Cass. 29/09/2017, n. 22868 (di recente riaffermato da Cass. 08/07/2021, n. 19411), secondo cui «In tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” ex art. 39, secondo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come in caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario.». Inoltre, Cass. 05/10/2018, n. 24422 (negli stessi termini Cass. 18/10/2021, n. 28580), ha affermato che «il principio secondo cui “alla ricostruzione dei ricavi deve corrispondere una incidenza percentualizzata dei costi” è applicabile in caso di rettifica induttiva (in questi termini è anche la richiamata Cass. n. 640 del 2001) e non già di accertamento conseguente ad indagine bancaria regolamentato dagli artt. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 51, comma 2, n. 2 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in base al quale incombe sul contribuente l’onere di provare, rispetto alla presunzione legale emergente dai dati delle movimentazioni bancarie, che detti elementi non siano riferibili ad operazioni imponibili (in particolare che i versamenti siano registrati in contabilità e che i prelevamenti siano serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili) mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (Cass. n. 4589 del 2009)»;
3. le spese del giudizio di legittimità sono liquidate in dispositivo;
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 11.000,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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