CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 febbraio 2020, n. 5178
Tributi – Accertamento catastale – Denuncia di variazione a seguito di ristrutturazione – Rettifica rendita catastale – Legittimità
Rilevato che
1.- La società I., proprietaria di un piccolo albergo con annesso ristornate, impugna l’avviso di accertamento con il quale è stato eseguito nell’anno 2011 un nuovo classamento dell’immobile, con attribuzione di nuova maggiore rendita, a seguito di denuncia di variazione per una ristrutturazione; deduce che detta ristrutturazione consiste solo nella realizzazione di una uscita di sicurezza e di un accesso alla cucina e alla reception e che non si giustifica pertanto la attribuzione di una rendita così elevata; deduce inoltre che non è stato eseguito un preventivo sopralluogo. La CTP respinge il ricorso, la contribuente propone appello e la CTR del Veneto con sentenza del 2 dicembre 2013, rigetta la impugnazione, ritenendo che gli interventi di ristrutturazione non sono marginali e la rendita attribuita congrua.
2.- Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione la società affidandosi a tre motivi. Si è costituita l’Agenzia con contro ricorso
Ritenuto che
3.- Con il primo motivo del ricorso la parte lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. con riferimento all’art. 112 c.p.c. Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 37 comma 1 TUIR e 61 DPR n.1142/1949, degli artt. 2 e 9 del D.Igs. n. 504/1992, nonché degli artt. 5, 6, 7 dello Statuto del contribuente. La ricorrente deduce che la CTR non si è pronunciata sul primo motivo di appello con il quale essa società ha impugnato l’avviso per difetto di motivazione e violazione dell’art. 37, comma 1 del TUIR in ragione dell’omesso sopralluogo. Lamenta che il classamento non sia avvenuto in contraddittorio con la parte, che la rettifica è stata fatta senza sopralluogo e comunque che il valore commerciale dell’immobile non si è modificato per effetto degli interventi del 2011 che sono modesti.
I motivi possono esaminarsi congiuntamente e sono infondati.
Nel ricorso si trascrive una parte dell’atto di appello, in cui non è però espressa la censura per difetto di sopralluogo, esplicitata solo nella memoria illustrativa; inoltre la parte viene meno all’onere di specificità ed autosufficienza perché non trascrive in ricorso l’avviso di accertamento asseritamente carente di motivazione (Cass n. 29093/2018). Ciò non consente alla Corte di verificare se effettivamente questa censura è stata proposta nel giudizio d’appello tempestivamente e in termini specifici; non viene inoltre tenuto conto che la revisione catastale muove da una richiesta presentata dal contribuente e non da una iniziativa dell’ufficio e quindi in una procedura già connotata da contradditorio tra il contribuente e l’ufficio.
L’ Agenzia, peraltro, sostiene che il sopralluogo è stato effettuato e in ogni caso esso non è dovuto, e ciò in conformità all’orientamento già espresso da questa Corte sul punto. Questa Corte ha infatti già affermato che “in tema di estimo catastale, la revisione delle rendite catastali urbane in assenza di variazioni edilizie non richiede la “previa visita sopralluogo” dell’ufficio, né il sopralluogo è necessario quando il nuovo classamento consegua ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente» (come, appunto, nel caso di specie), «atteso che le esigenze sottese al sopralluogo ed al contraddittorio si pongono solo in caso di accertamento d’ufficio giustificato da specifiche variazioni dell’immobile (v. Cass. 374/2017 Cass. n. 2998/2015); Quanto al resto si tratta di censure in fatto sulla congruità della rendita attribuita e sul valore commerciale modesto dell’immobile, inammissibili in questa sede (Cass. 6519/2019).
4.- Con il terzo motivo del ricorso si lamenta l’omesso esame di fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. Secondo la parte il giudice di appello avrebbe omesso di esaminare il fatto decisivo e cioè che le opere eseguite nel 20011 nell’immobile non sono tali da giustificare la triplicazione della rendita limitandosi ad una motivazione laconica e senza esaminare i documenti portati dalla società.
Il motivo è inammissibile.
La domanda della contribuente è stata respinta sia in primo che in secondo grado e pertanto si ha un caso di c.d. doppia conforme ai sensi dell’art. 348 ter c.p. c.. La parte ricorrente che deduce il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. ha l’onere di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 26774/2016) Invece, nel ricorso non sono riportate le motivazioni del giudice di primo grado.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.000,00, oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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