CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 luglio 2022, n. 23301
Tributi – IRPEF – Fondo PIA Enel – Pensione integrativa – Erogazione anticipata – Regime di tassazione
Rilevato che
1. R. P. chiedeva il rimborso dell’importo di euro 250.560,08 esponendo che l’Enel, in qualità di sostituto d’imposta, aveva indebitamente operato la ritenuta alla fonte Irpef, applicando l’aliquota del 30,63% prevista per il TFR sull’importo erogatogli nel 2000 a titolo di corresponsione anticipata della pensione integrativa prevista dall’accordo aziendale del 16 aprile 1986. Questo aveva stabilito infatti tale forma di previdenza integrativa, in sostituzione dell’assicurazione sulla vita. Ad avviso del contribuente, tale importo aveva natura non reddituale. In subordine chiedeva lo stesso che fosse applicata l’aliquota del 12,50% sulla differenza tra il capitale erogato e i premi riscossi, ridotto del 2% per ogni anno successivo al decimo dall’accordo, in tal caso con un rimborso di euro 166.182,27.
2. Avverso il silenzio rifiuto dell’amministrazione il contribuente ricorreva alla CTP di Roma. La CTP accoglieva la domanda subordinata. L’Ufficio proponeva appello, deducendo che il contribuente non avesse provato che effettivamente le somme percepite derivavano da contratti di assicurazione e che l’articolo 16 TUIR prevedeva l’assoggettamento a tassazione separata delle somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni.
La CTR accoglieva il ricorso dell’Agenzia. Il contribuente proponeva ricorso per Cassazione che veniva parzialmente accolto con ordinanza Cass. 29/12/2011, n.29539, “con la conseguente cassazione della sentenza impugnata nel senso indicato e con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria del Lazio perché accerti, in coerente applicazione con il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore”; il principio richiamato era stato affermato da Cass. Sez. U. 22/06/2011, n. 13642, ed è il seguente “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 61 della l. 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dall’I gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. n. 917 cit.».
3. La CTR in sede di rinvio accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente stabilendo che “il contribuente ha depositato una perizia e una certificazione in forza della quale il diritto al rimborso andava quantificato nella misura di euro 126.934,12 con gli interessi maturati … la documentazione prodotta dalla parte può essere ritenuta valido elemento di prova in assenza di una specifica indicazione di un importo minore da parte dell’Agenzia.
Alla luce delle sue esposte considerazioni in parziale accoglimento dell’appello dell’agenzia delle entrate deve essere determinata in euro 126.934,12 l’ammontare del rimborso spettante al contribuente P. R.”.
4. Avverso tale sentenza l’Agenzia ricorre in cassazione sulla base di cinque motivi. Il contribuente si è costituito con controricorso per resistere, Successivamente, in data 28 maggio 2022, il contribuente ha depositato memoria ai sensi dell’art.380 – bis cod. proc. civ; ed altrettanto ha fatto l’Avvocatura in data 1° giugno 2022.
Considerato che
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art. 36, comma 2, num. 4, d. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. Afferma infatti l’Agenzia che la CTR si sarebbe limitata a ritenere che la documentazione prodotta dal contribuente, cioè la certificazione Enel e la perizia contabile P. e V., costituiscono elemento di prova in mancanza di specifiche indicazioni di minore importo da parte dell’Agenzia delle entrate, sebbene quest’ultima, come riferito nell’esposizione dei fatti di causa, avesse dedotto che era impossibile individuare nelle prestazioni una parte composta dal capitale e una parte costituita del rendimento netto. Dunque la motivazione si paleserebbe quindi come meramente apparente.
2. Con il secondo motivo l’Agenzia denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 63 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 384 cod. proc. civ., nonché dell’art. 2909 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, num. 3 e 4 cod., proc. civ. Infatti la CTR avrebbe violato il principio di diritto, enunciato dalla Suprema Corte nella sentenza di rinvio, o al più avrebbe dato un’applicazione soltanto apparente dello stesso. Invero l’applicazione di tale principio presupponeva la verifica dell’eventuale impiego sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato, verifica che secondo la giurisprudenza andava effettuata esaminando le disposizioni contrattuali applicabili e l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali, così come si ricava ad esempio dalla sentenza Cass. 02/10/2013, n.22492.
3. Con il terzo motivo, all’Agenzia denuncia violazione o falsa applicazione dell’art 115 cod. proc. civ. e del principio di non contestazione ivi stabilito, e conseguenziale violazione dell’art. 393 cod. proc. civ., in relazione all’art 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. Si legge infatti nella perizia di parte P. e V., prodotta dal contribuente, che l’Enel avrebbe sempre finanziato il programma del fondo attraverso una serie di accantonamenti effettuati a bilancio, senza individuare uno specifico patrimonio di destinazione. Nel prospetto predisposto a livello individuale, la redditività degli accantonamenti effettuati a bilancio dall’Enel per il finanziamento delle prestazioni garantite, è stata conseguentemente considerata pari a quella ottenuta sul mercato dall’intero patrimonio dell’Enel nel corso dell’attività operativa svolta dalla società. Più in dettaglio, sulla base dei valori riportati a bilancio dalla società Enel SPA nei vari anni, la redditività realizzata sarebbe stata determinata nella maniera seguente: con riferimento ai contributi versati nonché alle prestazioni erogate, il documento individuale allegato è stato predisposto ipotizzando una distribuzione omogenea dei versamenti effettuati nel corso di tutto l’anno, quindi che gli stessi abbiano generato il relativo rendimento esclusivamente in una porzione pari al 50% del periodo corrispondente. Il rendimento, riportato infine nella certificazione individuale predisposta dall’Enel, era pari a quello ordinario complessivo indicato nel prospetto dell’allegato, più le sopravvenienze attive o passive totali verificatesi meno, qualora presenti, le prestazioni complessivamente erogate a favore dell’ex dirigente pensionato. Ne consegue che la CTR, statuendo l’applicazione dell’aliquota del 12,50% sul rendimento, così come quantificato nella perizia suddetta, avrebbe violato l’art. 115 cod. proc. civ. e conseguenzialmente il principio di diritto enunciato nella sentenza di rinvio, per aver deciso la controversia in totale difformità dalle precise e univoche allegazioni della perizia. Infatti nella vigenza della Pia, l’Enel non ha impiegato i contributi sul mercato finanziario e il rendimento esposto nella perizia costituiva un rendimento meramente teorico. Circa la nozione di rendimento, si richiamava da parte dell’Agenzia la giurisprudenza della Suprema Corte e in particolare Cass. 27/03/2013 n.7728, secondo cui la ritenuta nella misura del 12,5% trova applicazione sugli importi corrisposti dal fondo che derivino effettivamente dall’investimento sul mercato finanziario, da parte dello stesso fondo, del capitale accantonato e ne costituiscono il rendimento. Quanto agli impieghi del capitale sul mercato finanziario rispetto ai quali può calcolarsi il rendimento, la pronuncia fa riferimento a titolo esemplificativo al d.lgs. 24 febbraio 1998, n.58, art. 1, commi 1-bis, 1-ter e 2.
4. Con il quarto motivo l’Agenzia denuncia violazione dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num.3, cod. proc. civ. Infatti la Suprema Corte (Cass. n.8320/12, cit.) ha precisato che certificazioni identiche a quelle prodotte in giudizio sono prive di valore probatorio, mentre l’Agenzia rilevava come la perizia P. e V. fosse una mera perizia di parte, con valore di mero scritto difensivo (Cass. 13/02/2015, n. 2993). E’ quindi evidente la violazione delle norme in tema di riparto dell’onus probandi commesso della CTR, che ha ritenuto assolto detto onere senza nessuna critica valutazione della certificazione, e così senza nessuna specifica analisi della stessa e senza precisare se la quota del rendimento concretamente considerata sia specificamente quella derivante dall’impiego sul libero mercato dei capitali affluiti nel fondo.
5. Con il quinto motivo, spiegato in via subordinata rispetto ai motivi 1, 2, 3 e 4, l’Agenzia denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. Infatti essa avrebbe deciso la controversia omettendo il doveroso esame del fatto storico principale, costituito dalla sussistenza ed eventualmente dalla misura del rendimento derivante dall’impiego sui mercati finanziari, ad essa espressamente demandato dalla sentenza di Cassazione. Come già chiarito dall’Agenzia, l’Enel nella sua nota 17 novembre 2011 aveva precisato che il cosiddetto rendimento, altro non era che la mera differenza tra quanto affluito nel fondo e quanto erogate in concreto dei propri dirigenti.
6. Nel proprio controricorso il contribuente sostiene, con riferimento al primo motivo, che in effetti la CTR aveva motivato la propria decisione sulla base della documentazione prodotta dallo stesso. Lo stesso sostiene poi l’inammissibilità dei motivi due e tre, perché in realtà tendenti a censurare un accertamento di fatto.
Peraltro nel merito la sentenza rinviante non conteneva alcun riferimento al mercato finanziario e non prevedeva che ne dovesse essere rilasciata idonea documentazione da parte del Fondo.
Correttamente quindi il rendimento era costituito dalla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quelli dei premi riscossi. Il termine “mercato”, adottato dalla sentenza Sez. U.13642/2011, per la mancanza di ogni ulteriore qualificazione, esprime quindi un concetto generico ed elastico, dovendo trovare attuazione rispetto a tutta la congerie delle diverse forme previdenziali. Nella specie, ad avviso del contribuente, corretta appariva la metodologia adottata nelle relazioni tecnica Pinna e Varese, più volte menzionata, la quale muove dalla verificata premessa secondo cui nella sostanza il patrimonio del fondo era incluso, seppur non specificamente nominato, in quello complessivo che l’Enel utilizzava per svolgere la sua attività operativa. Il patrimonio dell’Enel aveva ovviamente sempre generato un determinato rendimento, deducibile dai bilanci contabili della società. Tutto ciò d’altronde, contrariamente a quanto dedotto dall’Agenzia, non era più in discussione avendo la Cassazione rinviato ad altra sezione della CTR perché accertasse, in coerente applicazione con il principio enunciato, il rendimento derivante dall’impiego sul mercato del capitale, costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore. Con specifico riferimento al quarto motivo poi, la difesa del contribuente riteneva che proprio dal principio enunciato dalla sentenza delle sezioni unite, con riferimento all’epoca antecedente la costituzione del fondo Enel, risultasse del tutto evidente il riferimento al rendimento di polizza. Nel resto il contribuente confutava partitamente le difese dell’Agenzia.
Infine nella memoria depositata ai sensi dell’art.380-bis cod. proc. civ., oltre a ribadire e sviluppare le superiori difese, viene precisato come già per la stessa legge istitutiva dell’Enel, l’ente in questione non poteva procedere a investimenti tramite partecipazioni, per cui le forme di investimento dei fondi non potevano che essere effettuate nel proprio “business”, mentre con riguardo alla natura assicurativa del fondo richiamava un recente studio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
7. Il primo motivo è infondato in quanto la CTR ha concretamente seppur succintamente motivato la propria decisione, fondando la ratio decidendi del riconoscimento del diritto al rimborso sulla documentazione prodotta dal contribuente, ritenendo che invece l’Agenzia non avesse assolto all’onere di confutare la stessa dimostrando un importo inferiore.
8. I successivi motivi di ricorso possono essere trattati tra loro congiuntamente per l’evidente connessione.
Pregiudizialmente va esclusa l’inammissibilità dei motivi secondo e terzo, per essere intesi a censurare un accertamento di fatto, poiché dal loro tenore è evidente come essi siano improntati alla critica della ricostruzione del significato di gestione di mercato del fondo e quindi della valorizzazione della documentazione prodotta dalla parte contribuente, con la conseguente violazione dei principi in tema di onere probatorio.
Nel merito va premesso che il meccanismo impositivo, di cui all’art. 61, l. 482/85 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale FONDENEL/PIA, da epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale. Ciò solo limitatamente agli importi maturati entro il 31/12/2000, che provengano dalla liquidazione del rendimento finanziario del capitale, per tale intendendosi il “rendiconto netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato” (secondo l’espressione di Cass. Sez. U. n.13642/2011, il cui principio risulta espressamente richiamato dalla sentenza Cass. 29539/2011 che ha disposto il rinvio).
Per ottemperare a tali principi ed alla sentenza rinviante, la pronuncia di rinvio avrebbe dunque dovuto procedere alla previa disamina dei meccanismi di funzionamento del fondo PIA, nel corso degli anni. In particolare si doveva accertare se e quando i capitali rivenienti dalla contribuzione fossero stati effettivamente investiti sul mercato finanziario, quali fossero stati i risultati dell’investimento ed in qual modo fosse stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali. Sulla scorta di tale indagine, occorreva poi quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al rendimento netto maturato fino al 31/12/2000, derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale accantonato, mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro. Quindi occorreva calcolare l’imposta dovuta dal contribuente, applicando ad essa l’aliquota del 12,5% secondo la disciplina dettata dall’art. 6 l. 482/85 (cfr. sul punto anche Cass. 26/02/2020, n.5152).
9. La sentenza impugnata ha invece integralmente recepito il contenuto della certificazione Enel e della perizia di parte Pinna e Varese, mentre gli stessi chiarimenti forniti dall’Enel precisavano che tale certificazione non faceva che recepire la differenza fra l’importo della prestazione liquidata dall’Enel e quello corrispondente alla somma dei contributi versati (cfr. nota 17 novembre 2011). Tale certificazione effettivamente, in base a quanto osservato in tema di significato del valore di investimento sul mercato, risulta assolutamente irrilevante, come del resto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in situazioni analoghe, richiedendosi in proposito la verifica che i dati riportati corrispondessero agli effettivi investimenti sul mercato finanziario dei capitali rinvenienti dalla contribuzione (Cass. 8320/2012), laddove si hanno invece le risultanze della citata nota.
La CTR si è dunque discostata dal perimetro applicativo stabilito dalla sentenza di rinvio, ed in contrasto con un orientamento prevalente di questa Corte (ex plurimis Cass. 02/03/2018, n. 4943 – Cass.20/03/2019 n. 7728) al quale il Collegio ritiene di dare continuità. In base ad esso, è da escludere che il requisito dell’essere il rendimento imputabile alla gestione sul mercato del capitale accantonato, possa considerarsi soddisfatto dalla sua corrispondenza alla redditività sul mercato dell’intero patrimonio ENEL. Infatti ciò costituisce un dato estrinseco, cioè non può considerarsi frutto dell’investimento di quegli accantonamenti nel libero mercato, come richiesto perché abbia a configurarsi il reddito da capitale della specie richiesta, essendo al contrario dipeso da un predeterminato calcolo di matematica attuariale. Il che supera le argomentazioni del controricorrente in ordine alle risultanze della relazione di consulenza attuariale Pinna e Varese già sopra richiamata.
Che poi l’Ente non potesse all’epoca investire tramite l’acquisto di partecipazioni, non toglie che potesse effettuare altri investimenti di mercato.
10. Ulteriormente, va sottolineato che la prova dell’effettivo investimento secondo le modalità di cui sopra, deve essere fornita dal contribuente, ciò che non risulta essere intervenuto nel caso che ne occupa, ove la CTR, come già ricordato, si è limitata a ritenere assolto siffatto onere con la produzione della certificazione Enel del 13 dicembre 2005 e della perizia di parte, atti che in base a quanto precede risultano assolutamente inidonei a soddisfare l’onere probatorio stesso.
11. In conclusione, va accolto il ricorso e cassata l’impugnata sentenza, e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
12. Le spese meritano integrale compensazione per essersi la giurisprudenza consolidata successivamente alla proposizione del ricorso.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata.
Decidendo nel merito, respinge l’istanza proposta dal contribuente
Dichiara le spese integralmente compensate fra le parti.