CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 giugno 2022, n. 20535
Lavoro – Giornalisti pubblicisti – Pagamento all’INPS di contributi dovuti all’INPGI – Assolvimento dell’ obbligo verso il creditore apparente – Presunzione di buona fede – Esclusione
Rilevato che
con sentenza n. 1004 del 2016, la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da INPGI – Istituto nazionale dì previdenza dei giornalisti italiani “G.A.”, nei confronti della Federazione Italiana Giuoco Calcio – Lega Nazionale Dilettanti, avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto l’opposizione proposta da quest’ultima avverso il decreto ingiuntivo richiesto dalli INPGI, al fine di ottenere il pagamento degli importi relativi ai contributi riferiti ad alcuni giornalisti pubblicisti, assunti come dipendenti con mansioni di addetti stampa ed iscritti all’AGO, detratto quanto già corrisposto all’ INPS e quanto imputabile a sanzioni civili e somme aggiuntive;
la Corte territoriale, dopo aver riportato il motivo d’appello secondo cui il contenuto della L. n. 388, art. 116, comma 20, non avrebbe potuto trovare diretta applicazione nei confronti dell’INPGI, stante l’autonomia di cui lo stesso fruiva ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, ha ritenuto vincolante la convenzione intercorsa tra INPS ed INPGI in data 7 ottobre 2009, con la quale il secondo si era auto vincolato ad accettare il trasferimento della contribuzione IVS effettivamente versata (salvi eventuali conguagli a favore o a carico diretto del contribuente), implicitamente rinunciando alla pretesa delle sanzioni civili nel caso di versamento in buona fede, come era fatto palese dallo specifico inciso riferito ai giornalisti dipendenti da aziende operanti in settori diversi da quello editoriale e/o radiotelevisivo, come appunto doveva ritenersi l’associazione appellata;
la sentenza qui impugnata ha, quindi, ritenuto che la citata convenzione avesse posto una presunzione assoluta di buona fede in favore della Federazione appellata, non smentita neanche dalla prova del difetto della buona fede in capo al solvens;
ne conseguiva che i versamenti dei contributi effettuati in favore dell’INPS dovevano avere effetto liberatorio, con ulteriore esclusione dell’obbligo di pagamento di sanzioni ed interessi;
avverso tale sentenza, l’INPGI ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, successivamente illustrati da memoria;
la Federazione Italiana Giuoco Calcio – Lega Nazionale Dilettanti ha resistito con controricorso;
Considerato che
con il primo motivo, si denuncia la violazione degli art. 1362, comma 1, e 1363 c.c., in relazione alla errata interpretazione adottata dalla sentenza impugnata della circolare INPGI n. 11 del 17 dicembre 2009, in quanto, violando il criterio ermeneutico della ricerca della comune intenzione delle parti e della necessità di interpretare le clausole le une per mezzo delle altre, era stata attribuita univoca significatività al settimo capoverso del secondo paragrafo della convenzione stipulata il 17 dicembre 2009 tra INPS ed INPGI, rubricato Regolarizzazione Periodi Contributivi Pregressi, identificando una ipotesi di presunzione assoluta di buona fede nella ipotesi di giornalisti assunti da aziende operanti in settori diversi da quello editoriale e/o radiotelevisivo e con ciò giustificando l’automatica applicabilità ad INPGI dell’art. 116, comma 20, legge n. 388/2000;
il ricorrente, richiamato il contenuto della circolare, debitamente allegata al ricorso, ha evidenziato che poiché il citato art. 116, comma 20, non trova immediata applicazione nei confronti degli enti di cui al d.lgs. n. 509 del 1994, su suggerimento del Ministero del lavoro, era stata stipulata la convenzione con l’INPS con la quale era stato previsto che, per procedersi alla imputazione dei contributi erroneamente versati all’INPS, doveva essere accertata la ragionevole convinzione del datore di lavoro di aver assolto un obbligo nei confronti del creditore apparente;
in tale contesto, nel caso specifico dei giornalisti, i contributi dovuti all’INPGI avrebbero potuto essere considerati in buona fede versati all’INPS, solo se riferiti a soggetti dipendenti da aziende operanti in settori diversi da quello editoriale e/o radiotelevisivo, in quanto per questi ultimi l’obbligo nei riguardi di INPGI risulta evidente e la buona fede potrebbe rilevare solo per la retrodatazione nel Registro dei Praticanti giornalisti;
la buona fede, dunque, va sempre provata e non è mai presunta per le aziende che prestano la propria attività in settori diversi da quelli editoriali e radiotelevisivi, come dimostrato dall’utilizzo del verbo <potranno> essere considerati in buona fede, < solo se riferiti a soggetti dipendenti> da tali tipi di aziende;
con il secondo motivo, si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 116, comma 20 e art. 1189 c.c., per avere il giudice d’appello ritenuto direttamente applicabile all’INPGI la L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 20, in contrasto con la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato n. 3065/2004) e con la successiva e concorde giurisprudenza di legittimità e di merito (Cass. n. 11023/2006, n. 20735/2007, n. 21957/2007, n. 21612/2007, n. 12210/2011 e n. 838/2016) dichiarando, pertanto, il diritto dell’Istituto a ricevere i soli contributi previdenziali, ed esonerando la Federazione Italiana Giuoco Calcio – Lega Nazionale Dilettanti, in virtù del riconoscimento della buona fede ai sensi dell’art. 1189 c.c., dal pagamento delle sanzioni relative, in virtù dei pagamenti già effettuati all’INPS (succeduto all’Enpals ai sensi del D.L. 6 dicembre 2011, n. 214, art. 21);
la Federazione, peraltro, non poteva non essere a conoscenza della natura delle mansioni svolte dai giornalisti C., A., Z. e P., oggetto dell’accertamento posto in essere dall’INPGI;
i motivi, da trattare in modo congiunto in quanto legati dall’unica questione delle conseguenze del mancato versamento della contribuzione all’INPGI, per lavoratori dipendenti svolgenti attività di lavoro giornalistico, sono da accogliere;
in primo luogo, va osservato che costituisce consolidato convincimento di questa Corte di legittimità (vedi le sentenze richiamate dal ricorrente Cass. n. 11023/2006, n. 20735/2007, n. 21957/2007, n. 21612/2007, n. 12210/2011 e n. 838/2016) quello secondo il quale in caso di omesso o ritardato pagamento di contributi previdenziali all’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI), privatizzato ai sensi del d.lgs. n. 509 del 1994, la disciplina sanzionatoria prevista dall’art. 11.6 della l. n. 388 del 2000 non si applica automaticamente poiché l’Istituto, per assicurare l’equilibrio del proprio bilancio, ha il potere di adottare autonome deliberazioni, soggette ad approvazione ministeriale, fermo l’obbligo, a norma dell’art. 76 della l. n. 388 del 2000, di coordinare l’esercizio di tale potere con le norme che regolano il regime delle prestazioni e dei contributi delle forme di previdenza sociale obbligatoria;
nell’esercizio del detto coordinamento del potere sanzionatorio, si inquadra dunque anche la circolare n. 11 del 17 dicembre 2009 che, come riportato dal ricorrente, testualmente, prevede la “REGOLARIZZAZIONE PERIODI CONTRIBUTIVI PREGRESSI”, osservando che ” Nelle more dei chiarimenti ministeriali, alcune aziende pubbliche e/o private hanno continuato ad effettuare gli adempimenti contributivi presso l’INPS.
Al riguardo, si ricorda che l’art. 116, ultimo comma, della legge 23.12.2000, n. 388 stabilisce che il pagamento della contribuzione previdenziale effettuato in buona fede ad un ente previdenziale pubblico diverso dal titolare ha effetto liberatorio nei confronti del contribuente e che l’ente previdenziale, che ha ricevuto il pagamento, deve provvedere a trasferire le somme indebitamente introitate, senza aggravio di interessi, all’ente titolare della contribuzione.
Tale ultima norma non trova diretta applicazione nei confronti dell’INPGI in quanto ente previdenziale privatizzato ex Dlgs 509/94. Tuttavia, come suggerito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale per le politiche previdenziali – Divisione IX- con nota del 27/12/2005 prot. 24/IX/0014072, si è ritenuto opportuno – al fine di semplificare al massimo l’adempimento del trasferimento dei contributi tra INPS ed INPGI – applicarne il principio attraverso apposita convenzione”; in effetti, come osservato dal ricorrente, l’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata, nel senso di leggere nella circolare adottata dall’INPGI una regola di presunzione assoluta di buona fede nel caso di pagamento all’INPS – da parte di imprese operanti in settori diversi da quello della stampa o radiotelevisivo – di contributi, in realtà dovuti all’INPGI, è errata sia considerando il criterio letterale che quello sistematico;
questa Corte di legittimità (Cass. n. 9786 del 2010; Cass. n. 5595 del 2014), ha affermato che, in tema di interpretazione degli atti negoziali, il giudice di merito, nel rispetto degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., per individuare quale sia stata la comune intenzione delle parti, deve preliminarmente procedere all’interpretazione letterale dell’atto negoziale e, cioè, delle singole clausole significative, nonché delle une per mezzo delle altre, dando contezza in motivazione del risultato di tale indagine;
tali operazioni non sono state poste in essere dalla sentenza impugnata, in primo luogo, in quanto ha ritenuto applicabile integralmente alle fattispecie in esame (relative alla contribuzione dovuta in ragione di rapporti di lavoro giornalistici intercorsi tra l’anno 2005 ed il gennaio 2010) le disposizioni contenute nella circolare n. 11 del 2009 che invece, testualrnente, si riferisce alla regolarizzazione di contributi pregressi;
inoltre, non risulta essere stato ricercato il significato dell’atto considerandone l’intero contenuto; in particolare, andava considerato il passo della circolare ove è detto che “l’effetto liberatorio nei confronti del debitore è riconosciuto, quindi, nei soli casi di un erroneo pagamento qualificato dalla buona fede ed effettuato ad un ente previdenziale diverso da quello legittimato a ricevere la contribuzione.
Affinché possa essere attribuita la buona fede, il datore di lavoro deve aver agito nella ragionevole convinzione di assolvere un obbligo verso il creditore apparente. […] Nel caso specifico dei giornalisti, i contributi dovuti all’INPGI potranno essere considerati versati in buona fede all’INPS, solo se riferiti a soggetti dipendenti da aziende operanti in settori diversi da quello editoriale e/o radiotelevisivo. Infatti, per questi ultimi l’obbligo assicurativo presso l’INPGI era già pacifico e sufficientemente delineato nei suoi elementi costitutivi.”;
è evidente, dunque, che l’unica presunzione che può trarsi da tale testo è quella, negativa, della configurabilità della buona fede in favore di aziende operanti nel settore editoriale e/o radiotelevisivo;
viceversa,, il testo richiede il positivo accertamento della ragionevole convinzione, da parte dell’azienda non appartenente ai cennati settori, di assolvere un obbligo verso il creditore apparente;
a fronte di tale contenuto della circolare, è evidente, che la stessa ponga, quale presupposto della esclusione dell’applicazione di sanzioni, l’accertamento che il solvens si trovasse nello stato di buona fede come sopra descritto; accertamento da condursi in concreto, considerando altresì, che questa Corte ha affermato in varie occasioni, che deve negarsi comunque, che possa esistere il presupposto dell’art. 1189 c.c. nel caso di pagamento all’INPS di contributi dovuti all’INPGI, in quanto il datore non può ignorare l’attività di lavoro espletata dai propri dipendenti e dove essa debba essere assicurata a fini previdenziali (Cass. 5 novembre 2012, n. 18916; Cass. n. 12897/2016 cit.);
l’art. 1189 c.c., infatti, presuppone l’errore scusabile (Cass. 27 ottobre 2005 n. 20906), la cui prova è a carico di colui che l’invoca; il ricorso deve dunque essere accolto, la sentenza deve essere cassata, e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che applicherà gli indicati principi, nel contempo provvedendo alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.