CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 aprile 2019, n. 11449
Tributi – IRPEF – Ritenute fiscali su prestazioni erogate dal Fondo pensione dirigenti ENEL – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso per revocazione – Termine – Tardività – Inammissibilità del ricorso
Ritenuto che
L.D.C., presentava istanza di rimborso alla Agenzia delle entrate, quale dirigente Enel in quiescenza, assumendo che era iscritto al fondo pensione già prima del 1993, che aveva ricevuto la liquidazione delle somme nell’anno 2001, che su tali somme era stata applicata la ritenuta Irpef dal Fondo pensione, come tassazione separata ai sensi dell’art. 16 comma 1 lettera a) del d.p.r. 917/1986, mentre, invece, le somme dovevano essere gravate da una ritenuta del 12,50% sulla differenza tra il capitale corrisposto e l’importo dei premi riscossi e ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo (art. 42 comma 4 del d.p.r. 917/1986).
L’Agenzia delle Entrate denegava il rimborso, cosicchè il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma (di seguito, per brevità, CTP), che lo accoglieva.
Anche la Commissione Tributaria Regionale del Lazio (di seguito, per brevità, CTR) dava ragione al contribuente, respingendo l’appello dell’Ufficio.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate, che veniva parzialmente accolto con la sentenza n. 30352 del 2011, la quale disponeva la cassazione parziale della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito per la determinazione della somma proveniente dalla liquidazione del cosiddetto rendimento di polizza al quale soltanto andava applicata la ritenuta del 12,50%.
A seguito di riassunzione dell’ufficio, la CTR del Lazio, quale giudice del rinvio, con la sentenza n. 731/14/12, accoglieva l’appello dell’Ufficio rigettando la domanda del contribuente, sul rilievo che il contribuente non avesse dato la prova della quantificazione del rendimento netto.
Il contribuente proponeva ricorso per revocazione avverso tale sentenza sul rilievo che la CTR, per mera svista percettiva, non aveva valutato le risultanze della certificazione Enel sul rendimento netto. Tale ricorso revocatorio veniva accolto dalla commissione capitolina che, decidendo nel merito, accoglieva il ricorso del contribuente.
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe affidandosi ad un unico motivo.
Il contribuente è rimasto intimato, non svolgendo attività difensiva
L’Agenzia delle entrate deposita memoria ex art. 380 bis 1. cod. proc. civ..
Considerato che
Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’articolo 51, comma 1, decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 per non aver la commissione regionale rilevato la tardività del ricorso per revocazione nonostante la sentenza del giudizio revocatorio sia stata notificata in data 16 aprile 2013 ed il ricorso per revocazione sia stato notificato in data 9 gennaio 2014, quindi, ben oltre il termine di 60 giorni previsto dalla legge.
Con il secondo motivo di ricorso, in relazione al giudizio rescindente, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione degli articoli 70 del D.Igs. 31 dicembre 1992 n. 546 e 395 n. 4 cod. proc. civ., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. per aver la CTR considerato errore di fatto decisivo ai fini della controversia, la certificazione Enel e ciò nonostante la motivazione della sentenza oggetto dell’impugnazione revocatoria si fondasse su altri argomenti decisivi per il giudizio, quali l’aver ritenuto che la prova del rendimento imputabile alla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato doveva essere attestata da un determinato ufficio dell’Enel, e cioè l’ufficio per la formazione della gestione dei quadri dirigenti della direzione generale e non da altri.
Con il terzo motivo, in relazione al giudizio rescissorio, la ricorrente denuncia la violazione falsa applicazione degli articoli 63 del decreto legislativo n. 546 del 1992, 384, 392, 394 cod. proc. civ. nonché dell’articolo 2909 cod. civ., in relazione all’articolo 360 nn. 3 e 4, per aver dato un’applicazione soltanto apparente del principio di diritto enunciato dalla suprema corte nel giudizio di rinvio.
Con l’ultimo motivo di ricorso, proposto in subordine rispetto al terzo motivo, deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, comma. 1, n. 5 cod. proc. civ. riguardante l’effettivo impiego sui mercati finanziari delle somme affluite al fondo pia e del rendimento derivante da tale impiego.
Il primo motivo, preliminare ed assorbente degli ulteriori, pone la questione della tempestività e della conseguente ammissibilità, del ricorso in revocazione, questione che si riverbera sulla validità, per error in procedendo, della sentenza impugnata. I giudici capitolini, ai quali la relativa questione era stata eccepita, hanno fatto mal governo delle regole processuali in materia di impugnazione, rigettando (seppur implicitamente) l’eccezione di tardività proposta dall’agenzia sul rilievo che la decisione della Commissione regionale adita in riassunzione a seguito del giudizio di rinvio dalla cassazione – che aveva accolto l’appello dell’ufficio rilevando la carenza di prova da parte del contribuente dell’impiego delle somme da assoggettare a tassazione separata sul mercato finanziario – “è datata 4 novembre 2012” e che il ricorso per revocazione era stato “depositato il 3 febbraio 2014”. I giudici di merito non hanno considerato quanto eccepito dall’Agenzia e risultante dagli atti allegati al fascicolo del giudizio di merito e che cioè la sentenza n. 731/14/12 della Commissione regionale adita in riassunzione a seguito del giudizio di rinvio, è stata notificata dall’Agenzia delle Entrate Ufficio locale di Roma a D.C.L., presso il procuratore costituito in primo grado, in data 16 aprile 2013, come comprovato dall’avviso di ricevimento della raccomandata n. 779529629542 (v. ricorso, doc. 4, fascicolo d’ufficio), che in data 17 aprile 2013, a mezzo Ufficiale Giudiziario, la sentenza è stata notificata anche dall’Avvocatura generale dello Stato (v. ricorso doc. 5), quale procuratore ex lege dell’Amministrazione nel giudizio di revocazione e che, avverso tale sentenza, il contribuente ha proposto ricorso con atto notificato soltanto il 9 Gennaio 2014.
E’ evidente, l’errore in cui è incorsa la CTR a non rilevare la tardività per omessa impugnazione nel termine di sessanta giorni previsto a pena di decadenza dall’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992, che, nel prevedere i termini di impugnazione, così dispone: “1. Se la legge non dispone diversamente il termine per impugnare la sentenza della commissione tributaria è di sessanta giorni, decorrente dalla sua notificazione ad istanza di parte, salvo quanto disposto dall’art. 38, comma 3. 2. nel caso di revocazione per i motivi di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell’art. 395 del codice di procedura civile il termine di sessanta giorni decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o sono state dichiarate false le prove o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza che accerta il dolo del giudice.”
Orbene, trattandosi di un’ipotesi di revocazione di cui all’art. 395 n. 4 cod. proc. civ. – la sentenza in epigrafe, specifica che il contribuente ha concluso per l’accertamento dell’errore revocatorio di cui alla previsione dell’art. 395 n. 4, per aver prodotto la certificazione Enel attestante il rendimento netto – non v’è dubbio che alla fattispecie in esame si applica il termine di sessanta giorni di cui al primo comma della citata disposizione, con conseguente tardività dell’impugnazione revocatoria proposta da D.C.L.. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, comporta l’inammissibilità dell’appello proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 731/14/12, depositata in data 07/12/2012, e la cassazione, senza rinvio, ex art. 382 cod. proc. civ., comma 3, ultimo periodo, della sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza, condannandosi l’intimato al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo. Quando alle spese del giudizio di merito, sussistono giusti motivi, in considerazione della questione in diritto in base alla quale è stato qui definito il giudizio, per dichiararle interamente compensate.
P.Q.M.
Accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, dichiara inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 731/14/12, depositata in data 07/12/2012, e cassa, senza rinvio, la sentenza impugnata. Condanna l’intimato al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi euro 5000, oltre spese prenotate a debito. Compensa interamente le spese del giudizio di merito.
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