Corte di Cassazione ordinanza n. 10904 depositata il 5 aprile 2022
litisconsorzio – cancellazione della società – non riuniti ma decisi dallo stesso collegio in identica composizione
rilevato che:
dalla esposizione in fatto delle sentenze impugnate si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva notificato a S.R. ed a B.L., quali soci della società E.I. di B.L. e S.R. s.n.c., rispettivi avvisi di accertamento con i quali, relativamente all’anno 2007, aveva ad essi contestato il reddito di partecipazione alla suddetta società, cancellata dal registro delle imprese; avverso i rispettivi avvisi di accertamento i soci avevano proposto separati ricorsi che erano stati rigettati dalla Commissione tributaria provinciale di Ferrara; avverso le pronunce dei giudici di primo grado i soci avevano proposto appello separati appelli;
le Commissioni tributarie regionali, con sentenze di contenuto identico e di pari data, ha accolto i rispettivi appelli proposti dai soci in ciascuno dei separati giudizi, in particolare hanno ritenuto che: le sentenze relative a ciascuno dei soci erano conseguenziali a quella riguardante la società, alle cui motivazioni ciascuna pronuncia faceva integrale riferimento; l’accoglimento dell’appello della società determinava l’annullamento dell’accertamento emesso per trasparenza nei confronti dei soci;
avverso ciascuna pronuncia dei giudici del gravame l’Agenzia delle entrate ha proposto separati ricorsi affidati a quattro motivi di censura, cui ha resistito la società depositando rispettivi controricorsi, contenenti ricorso incidentale affidato a due motivi di censura, illustrati con successiva memoria;
considerato che:
in via pregiudiziale, va disposta la riunione del procedimento r.g. 14257/2015 a quello portante il n. 14225/2015;
ed invero, va osservato che, secondo quanto si evince dalle sentenze censurate, la pretesa fatta valere dall’amministrazione finanziaria ha avuto riguardo al reddito di partecipazione nei confronti di ciascuno dei soci della società E.I. di B.L. e S.R. s.n.c., cancellata dal registro delle imprese e quindi estinta;
occorre quindi ribadire, in generale, che nel caso di accertamento nei confronti delle società di persone, sussiste litisconsorzio necessario originario tra la società e tutti i soci della stessa, in ragione dell’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica e della conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascuno dei soci, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili e indipendentemente dalla percezione degli stessi;
secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’unitarietà dell’accertamento comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. Sez. U, 4 giugno 2008, n. 14815; Cass. civ., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass. civ., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass. civ., 23 dicembre 2014, 27337);
la validità di tale principio non viene meno in caso di eventuale cancellazione della società di persone dal registro delle imprese, posto che la cancellazione “determina l’estinzione della società” e la priva della capacità di stare in giudizio, operando un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente;
in tale ipotesi, quindi, i soci subentrano anche nella legittimazione processuale già in capo all’ente estinto, venendosi a determinare una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass. civ., 6 novembre 2013, n. 24955);
ciò precisato, ai fini della verifica del rispetto del litisconsorzio, questa Corte ha precisato che le pur distinte pronunce riguardanti i soci, se adottate dallo stesso collegio in identica composizione, nella medesima circostanza e nel contesto di una trattazione sostanzialmente unitaria, implicano la presunzione che si sia realizzata una vicenda sostanzialmente esonerativa del litisconsorzio formale;
in particolare, si è ritenuto che l’esigenza del simultaneus processus nei gradi di merito sia stata soddisfatta qualora i diversi ricorsi siano stati trattati contestualmente e dal medesimo giudice, seppur resi oggetto di distinte decisioni, avendo ugualmente ricevuto completezza del contradditorio (Cass. Sez. U, n. 14815/2008);
nel caso in esame, le pronunce censurate, relative a ciascun socio, sono state rese dalla medesima Commissione tributaria regionale ed in pari data, sicchè la fattispecie è riconducibile alla sostanziale trattazione unitaria che esclude che possa ravvisarsi un difetto di contraddittorio;
la completezza del contraddittorio tra le parti in questa sede è assicurata mediante la riunione dei procedimenti;
con il primo motivo di ricorso principale, che è di contenuto identico in entrambi i ricorsi riuniti, si censurano le sentenze, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4), cod. proc. civ., per avere reso una motivazione apparente, avendo fatto derivare l’annullamento degli avvisi di accertamento nei confronti dei soci mediante richiamo alla propria decisione resa nel giudizio nei confronti della società, alle cui motivazioni ha fatto mero richiamo;
il motivo è fondato;
preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità dei ricorsi per difetto di specificità prospettate nei controricorsi, nonché nelle memorie, in quanto la riproduzione integrale, nella esposizione del fatto e nella articolazione di alcuni motivi, dell’intero atto impositivo e di interi atti processuali non consentirebbe alla Corte di apprezzare il fatto sostanziale e processuale senza la necessità di doverli leggere integralmente; invero, in osservanza del principio di specificità, parte ricorrente ha chiaramente esposto l’oggetto degli atti impositivi ed i principali passaggi della complessa operazione sussistente alla base delle pretese impositive, lo sviluppo dei giudizi di merito e le rispettive linee difensive, ponendo questa Corte in condizione di apprezzare i punti centrali della controversia e le ragioni delle doglianze prospettate avverso le decisioni censurate;
vanno anche disattese le eccezioni di inammissibilità del primo motivo di ricorso (sebbene nei controricorsi parte ricorrente non abbia correttamente indicato la rubrica del medesimo), ribadite nelle memorie, basate sulla considerazione che non sarebbe possibile comprendere nei confronti di chi l’avviso di accertamento fosse stato emesso ed a quale soggetto fosse stato notificato, non consentendo, comunque, di esaminare gli esatti termini della questione e, inoltre, per essersi limitata parte ricorrente a dedurre che la pronuncia censurata aveva solo una parvenza di motivazione, senza ulteriore indicazione circa il contenuto della suddetta pronuncia;
in realtà, ciò che la parte ricorrente censura con il presente motivo è la apparente motivazione della sentenza che ha risolto la questione facendo genericamente riferimento ad altra pronuncia resa nei confronti della società al cui contenuto ha fatto generico richiamo, senza ulteriore specificazione, ed è tale violazione della regola processuale di onere di motivazione che costituisce la ragione della doglianza prospettata;
inoltre, a differenza di quanto eccepito, parte ricorrente ha riprodotto il contenuto della sentenza censurata, evidenziando che con la stessa si era annullato l’accertamento nei confronti dei soci sulla mera constatazione di avere annullato quello nei confronti della società con altra sentenza da essa pronunciata e precisando, peraltro, con riferimento al ricorso rg. n. 14225/2015, che persino errata l’indicazione del nome del socio che era parte di quel giudizio;
la suddetta ragione di doglianza è, peraltro, fondata;
i giudici del gravame, secondo il percorso motivazionale seguito, hanno ritenuto di dovere far conseguire la invalidità degli avvisi di accertamento nei confronti dei soci dalla “decisione riguardante la società E.I. di B.L. e Scag/iarini Roberto snc alle cui motivazioni intende fare integrale riferimento”;
nelle sentenze, dunque, si fa generico riferimento ad altra decisione relativa alla società ed alle motivazioni in esse contenute, senza ulteriore specificazione;
va quindi osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, gli estremi della dedotta doglianza di nullità processuale della sentenza per motivazione totalmente mancante o motivazione apparente sono configurabili quando la stessa non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado” (Cass. civ., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass. civ., 24 aprile 2018, n. 10031; Cass. civ., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. civ., 14 ottobre 2015, n. 20648) ovvero qualora la motivazione “risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione” (Cass. civ., 25 settembre 2018, n. 22598);
nella fattispecie, i giudici del gravame hanno definito la questione relativa alla legittimità degli avvisi di accertamento notificati ai soci facendo generico rinvio ad altra sentenza resa nei confronti della società ed alle motivazioni in esse indicate, senza, quindi, alcuna specifica indicazione della sentenza richiamata e senza avere espresso un autonomo convincimento in ordine al contenuto delle medesime, risolvendosi, in tal modo, in una decisione meramente apparente;
l’accoglimento del primo motivo dei ricorsi comporta l’assorbimento del secondo motivo, con il quale si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione dell’art. 2909, cod. civ., del terzo, con cui si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 37, comma 3, e 37bis, d.P.R. n. 600/1973, e del quarto, con cui si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 37bis, d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 21 octies, legge n. 241/1990 e del principio di strumentalità delle forme;
con i primi motivi dei ricorsi incidentali si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 56, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, in quanto gli avvisi di accertamento sono stati sottoscritti da un funzionario titolare di incarichi dirigenziali cessati per effetto della pronuncia della Corte costituzionale n. 37/2015;
il motivo è inammissibile;
questa Corte ha precisato che la deduzione della nullità dell’avviso di accertamento per difetto di legittimazione del sottoscrittore, in assenza della qualifica dirigenziale, a seguito di concorso pubblico, proprio per essere espressamente prevista, ad istanza di parte, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 61, comma 2, costituisce eccezione in senso stretto, che doveva essere sollevata dalla contribuente con la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado (Cass. civ., 27 maggio 2021, n. 14733);
in ogni caso, gli stessi motivi, in parte qua, sono ulteriormente inammissibili, ai sensi dell’art. 360bis comma primo, n. 1), cod. proc. civ., perchè la censura in essi formulata si discosta, senza offrire argomenti per mutarlo, dall’orientamento già esposto in materia da questa Corte con il principio di diritto espresso ai sensi dell’art. 363, comma terzo, cod. proc. civ., secondo il quale, in tema di accertamento tributario, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito nella L. n. 44 del 2012. (Cass. civ., 9 novembre 2015, n. 22810);
con i secondi motivi dei ricorsi incidentali si censurano le sentenze ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2495, cod. civ., per non avere ritenuto che, stante il fatto che l’avviso di accertamento nei confronti della società era nullo in quanto questa era stata cancellata dal registro delle imprese, ne doveva conseguire anche la invalidità degli avvisi di accertamento notificati ai soci;
il motivo è infondato;
va osservato che, dopo la riforma del diritto societario, all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponde il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, ma si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass., sez. un., 12 marzo 2013, n. 6070);
deve, pertanto, ritenersi valida la notifica effettuata nei confronti dei soci dopo la estinzione a seguito di cancellazione dal registro delle imprese, poichè, analogamente a quanto previsto dal D.P.R. 600 del 1973, art. 65, comma 4, per il caso di morte del debitore e di notifica effettuata impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso, con effetti valevoli nei confronti degli eredi, essa trova fondamento nel fenomeno successorio che si realizza con riferimento alle situazioni debitorie gravanti sul dante causa, con ciò realizzandosi comunque lo scopo della citata disciplina, che è quello di rendere edotto almeno uno dei successori della pretesa azionata nei confronti della società (Cass. civ., n. 31037 del 2017);
nella fattispecie, le stesse sentenze censurate danno atto della circostanza che gli avvisi di accertamento erano stati notificati agli attuali controricorrenti, nella loro qualità, dopo la cancellazione della società, sicchè la pretesa rivolta nei loro confronti è da ricondursi proprio alla responsabilità dei medesimi per i debiti societari in forza della successione conseguente alla estinzione della società;
in conclusione, decidendo sui ricorsi riuniti, sono fondati i primi motivi dei ricorsi principali riuniti, assorbiti i restanti, sono inammissibili i primi motivi dei ricorsi incidentali e infondati i secondi motivi, con conseguente accoglimento dei ricorsi principali e rigetto di quelli incidentali e cassazione delle sentenze con rinvio alla Commissione tributaria regionale, per i motivi accolti, anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio;
si dà atto, per ciascuno dei ricorsi incidentali qui riuniti, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuno dei controricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per ciascuno dei ricorsi incidentali, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte:
decidendo sui ricorsi riuniti rg. n. 14225/2015 e n. 14257/2015: accoglie i primi motivi dei ricorsi principali riuniti, assorbiti restanti, rigetta i ricorsi incidentali, cassa le sentenze censurate per i motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, anche ai fini della liquidazione delle spese di lite del presente giudizio;
dà atto, per ciascuno dei ricorsi incidentali qui riuniti, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di ciascuno dei controricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per ciascuno dei ricorsi incidentali, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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