CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 12226 depositata l’ 8 maggio 2023
ICI – IMU – Avvisi di accertamento – Area fabbricabile – Natura pertinenziale di un’area – Bene posto a servizio o ad ornamento del fabbricato – lmpossibilità di una diversa destinazione del bene senza una radicale trasformazione – Vincolo di accessorietà durevole
Rilevato che
1. il Comune di (…) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia il 14 febbraio 2019, n. 691/15/2019, la quale, in controversia su impugnazione di due avvisi di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2011 e due avvisi di accertamento per l’IMU relativa all’anno 2012, oltre ad interessi moratori e sanzioni amministrative, in relazione a due aree site nel medesimo Comune, adibite a giardino e censite in catasto con le particelle (…) e (…) del folio (…), delle quali la prima apparteneva in comproprietà ad M.A. e G.A. e la seconda apparteneva in comproprietà a M.S. e B.R., ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti di M.A., G.A., M.S. e B.R. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Como il 21 marzo 2017, n. 104/02/2017, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali;
2. la Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che – nonostante l’inserimento nell’ “Ambito Residenziale Consolidato R2” secondo il Piano di Governo del Territorio del Comune di (…), approvato con deliberazione adottata dalla Giunta Comunale il 23 luglio 2008, n. 33, e la successiva Variante Generale del medesimo Piano di Governo del Territorio, approvata con deliberazione adottata dalla Giunta Comunale il 5 marzo 2012, n. 3 – le predette aree non erano soggette ad ICI-IMU, costituendo giardini pertinenziali ai fabbricati appartenenti in comproprietà, l’uno, ad M.A. ed G.A., l’altro, a M.S. e B.R.;
3. M.A., G.A., M.S. e B.R. hanno resistito con controricorso ed hanno depositato memoria;
4. il ricorso è affidato a tre motivi;
4.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 10, comma 4, e d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, 13, comma 12-ter, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che le aree in questione potessero costituire pertinenze dei fabbricati adiacenti in assenza di una tempestiva dichiarazione del vincolo di destinazione da parte dei comproprietari;
4.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della Cost., artt. 3 e 53, del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 2, secondo l’interpretazione autentica del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, e del del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, a sua volta richiamato dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la destinazione delle aree edificabili in questione a giardini pertinenziali dei fabbricati adiacenti bastasse ad escluderne l’edificabilità secondo la pianificazione urbanistica (e la conseguente imponibilità ai fini dell’ICI/IMU) anche in difetto di una apposita dichiarazione da parte dei comproprietari;
4.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della Cost., art. 53, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2 secondo l’interpretazione autentica del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, e del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, a sua volta richiamato dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, in rapporto agli artt. 817 e 2697 c.c., in relazione all’ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che: “Sussiste, infatti, il fatto oggettivo dell’essere il bene effettivamente posto, da parte dei comproprietari del fabbricato principale, a servizio o meglio ad ornamento del fabbricato medesimo, nonché l’impossibilità di una diversa destinazione del bene, senza una radicale trasformazione. Dai rilievi fotografici e dalla planimetria prodotti dai contribuenti risulta – come già osservato dai primi giudici – che le aree oggetto dei ricorsi sono inseriti in un’area già edificata e, inoltre, che non sono autonomamente raggiungibili. Se il bene è attualmente adibito ad orto e giardino, come risulta in modo inequivocabile dalle foto (…), è difficile pensare che possa essere destinato diversamente, senza essere radicalmente trasformato”.
Considerato che
1. disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione, stante l’evidente ossequio al canone dell’autosufficienza, il primo motivo è fondato per quanto di ragione, derivandone l’assorbimento dei restanti motivi;
1.1 ai fini dell’ICI, il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2 comma 1, lett. a) e b), prevede che: “Ai fini dell’imposta di cui all’art. 1 (per l’appunto, dell’ICI): per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; (…) b) per area fabbricabile si intende l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell’indennità di espropriazione per pubblica utilità (…)”;
1.2 secondo il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248: “Ai fini dell’applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’art. 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”;
1.3 analogamente, il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, prevede, in linea generale, che: “Ai fini dell’applicazione (…) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”;
1.4 ai fini dell’IMU, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, stabilisce che: “L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2 ivi comprese l’abitazione principale e le pertinenze della stessa”;
1.5 pronunziandosi sulle questioni di legittimità costituzionale del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 11-quaterdecies, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, in relazione alla Cost. 53, 97, 102 e 111, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 comma 2, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, sollevate in relazione alla Cost., artt. 3 e 53, il giudice delle leggi (Corte Cost., 27 febbraio 2008, n. 41; Corte Cost., 10 luglio 2008, n. 266) ha affermato che: “(…) è del tutto ragionevole che il legislatore: a) attribuisca alla nozione di “area edificabile” significati diversi a seconda del settore normativo in cui detta nozione deve operare e, pertanto, distingua tra normativa fiscale, per la quale rileva la corretta determinazione del valore imponibile del suolo, e normativa urbanistica, per la quale invece rileva l’effettiva possibilità di edificare, secondo il corretto uso del territorio, indipendentemente dal valore venale del suolo; b) muova dal presupposto fattuale che un’area in relazione alla quale non è ancora ottenibile il permesso di costruire, ma che tuttavia è qualificata come “edificabile” da uno strumento urbanistico generale non approvato o attuato, ha un valore venale tendenzialmente diverso da quello di un terreno agricolo privo di tale qualificazione; c) conseguentemente distingua, ai fini della determinazione dell’imponibile dell’ICI, le aree qualificate edificabili in base a strumenti urbanistici non approvati o non attuati (e, quindi, in concreto non ancora edificabili), per le quali applica il criterio del valore venale, dalle aree agricole prive di detta qualificazione, per le quali applica il diverso criterio della valutazione basata sulle rendite catastali” e che: ” la potenzialità edificatoria dell’area, anche se prevista da strumenti urbanistici solo in itinere o ancora inattuati, costituisce notoriamente un elemento oggettivo idoneo ad influenzare il valore del terreno e, pertanto, rappresenta un indice di capacità contributiva adeguato, ai sensi della Cost., art. 53, in quanto espressivo di una specifica posizione di vantaggio economicamente rilevante“;
1.6 secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di ICI, l’esclusione dell’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali, prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2 si fonda sull’accertamento rigoroso dei presupposti di cui all’art. 817 c.c., desumibili da concreti segni esteriori dimostrativi della volontà del titolare, consistenti nel fatto oggettivo che il bene sia effettivamente posto, da parte del proprietario del fabbricato principale, a servizio (o ad ornamento) del fabbricato medesimo e che non sia possibile una diversa destinazione senza radicale trasformazione, poiché, altrimenti, sarebbe agevole per il proprietario, al mero fine di godere dell’esenzione, creare una destinazione pertinenziale che possa facilmente cessare senza determinare una radicale trasformazione dell’immobile stesso (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 29 ottobre 2010, n. 22128; Cass., Sez. 5″, 8 novembre 2013, n. 25170; Cass., Sez. 5″, 30 ottobre 2018, n. 27573; Cass., Sez. 6″-5, 24 gennaio 2019, n. 2128; Cass., Sez. 5″, 22 maggio 2019, n. 13742; Cass., Sez. 5″, 9 giugno 2020, n. 10976; Cass., Sez. 5″, 9 marzo 2021, n. 6406; Cass., Sez. 5″, 31 agosto 2022, n. 25561; Cass., Sez. 5″, 24 gennaio 2023, n. 2143);
1.7 si osserva – da un lato – che la natura pertinenziale di un’area non è incompatibile con il carattere edificabile di quest’ultima, potendo coesistere le due destinazioni e qualificazioni giuridiche; e – dall’altro – che la natura pertinenziale esclude l’autonomo assoggettamento ad ICI ex d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2 solo quando l’area edificabile venga fatta oggetto di una destinazione oggettiva e funzionale di servizio non revocabile ad libitum, ma tale da modificare lo stato dei luoghi escludendone stabilmente l’edificazione; in tal senso si è espresso l’indirizzo di legittimità, secondo cui, in tema di ICI è possibile la coesistenza, nello stesso suolo, della pertinenzialità ad altro immobile – che ne esclude l’autonoma tassabilità ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2 – e della edificabilità; l’asservimento pertinenziale – la cui prova incombe sul contribuente – ricorre, peraltro, ove il bene non sia semplicemente posto al servizio od ornamento di un altro, ma quando tale destinazione sia durevole (sul piano soggettivo ed oggettivo) e non sia possibile una destinazione diversa senza una radicale trasformazione del bene pertinenziale, divenendo altrimenti agevole l’elusione del precetto che impone la tassazione per la natura reale del cespite (Cass., Sez. 5″, 8 novembre 2013, n. 25170; Cass., Sez. 5″, 15 novembre 2017, n. 27025);
1.8 la nozione di “pertinenza”, in quanto non fornita dalla legge tributaria, resta quella di cui alla nozione generale contenuta nell’art. 817 c.c., cui il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 8 rinvia, recependone anche il regime sostanziale, per cui l’area funzionalmente collegata al fabbricato è insuscettibile di autonoma e separata disciplina, ma segue, invece, il regime del fabbricato, che costituisce il bene principale; questa Corte ha poi avuto modo di precisare che il regime in esame trova applicazione solo se la natura pertinenziale resta convalidata dalla verifica in concreto dei presupposti, oggettivo e soggettivo, posti dall’art. 817 c.c., e cioè dalla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra (criterio oggettivo) e dalla volontà di dar vita ad un vincolo di accessorietà “durevole” (criterio soggettivo); si tratta di un criterio, “fattuale” (Cass., Sez. 5″, 23 settembre 2004, n. 19161), che impone una “indagine” che comporta un apprezzamento dei dati probatori acquisiti e che deve essere condotta in sede di merito, accertando un’oggettiva e funzionale modificazione dello stato dei luoghi che sterilizzi in concreto e stabilmente lo ius edificandi e che non si risolva, quindi, in un mero collegamento materiale, rimovibile ad libitum; attesa la indisponibilità del rapporto tributario, la prova dell’asservimento pertinenziale grava sul contribuente (quando ne derivi una tassazione attenuata) e deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico; se la scelta pertinenziale non è giustificata da reali esigenze, non può avere valenza tributaria, perché avrebbe l’unica funzione di attenuare il prelievo fiscale, eludendo il precetto che impone la tassazione in ragione della reale natura del cespite (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 29 ottobre 2010, n. 22128; Cass., Sez. 5″, 13 novembre 2013, n. 25170; Cass., Sez. 6″-5, 23 giugno 2017, n. 15668; Cass., Sez. 5″, 30 ottobre 2018, n. 27573; Cass., Sez. 6″-5, 19 settembre 2019, n. 23439; Cass., Sez. 6″-5, 24 febbraio 2021, n. 5050; Cass., Sez. 5″, 9 marzo 2021, n. 6406; Cass., Sez. 6″-5, 31 marzo 2022, n. 10381; Cass., Sez. 5″, 31 agosto 2022, n. 25561; Cass., sez. V, 2 marzo 2023, nn. 6281, 6284 e 6285);
1.9 peraltro, le risultanze catastali devono considerarsi irrilevanti, specie se di segno sfavorevole al contribuente, in quanto la circostanza che in catasto l’immobile pertinenziale sia frazionato rispetto a quello principale, costituisce un dato esclusivamente formale, e non osta a che possa essere dimostrata la pertinenzialità ai sensi dell’art. 817 c.c. mediante i requisiti oggettivo e soggettivo predetti (tra le tante: Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2015, n. 26077; Cass., Sez. 5″, 21 settembre 2016, n. 18470; Cass., Sez. 5″, 30 ottobre 2018, n. 27573; Cass., Sez. 6″-5, 19 settembre 2019, n. 23439; Cass., Sez. 5″, 31 agosto 2022, n. 25561);
1.10 ad ogni modo, è pacifico che, in tema di ICI, al contribuente che non abbia evidenziato nella dichiarazione l’esistenza di una pertinenza non è consentito contestare l’atto con cui l’area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione, deducendo solo nel giudizio la sussistenza del vincolo di pertinenzialità (tra le tante: Cass., Sez. 6″-5, 24 luglio 2012, n. 13017; Cass., Sez. 5″, 30 marzo 2016, n. 6139; Cass., Sez. 5″, 3 febbraio 2017, n. 2901; Cass., Sez. 5″, 17 aprile 2017, n. 9790; Cass., Sez. 5″, 9 marzo 2021, n. 6406; Cass., Sez. 5″, 31 agosto 2022, n. 25561; Cass., Sez. 5″, 2 marzo 2023, nn. 6267 e 6281);
1.11 con particolare attinenza al caso in disamina, questa Corte ha puntualizzato che, in tema di ICI, un’area edificabile limitrofa ad un fabbricato non ne costituisce pertinenza, sol perché considerata, od anche semplicemente utilizzata, quale giardino dal proprietario del fabbricato stesso, in quanto tale uso – a prescindere dalla insussistenza di una nozione, se non giuridica, almeno tecnico-scientifica di giardino sulla cui base operare una qualificazione corretta – non è sintomatico, in carenza degli elementi concreti richiesti dall’art. 817 c.c., né della sussistenza di un sicuro e durevole asservimento dell’area al servizio od all’ornamento dell’edificio, né del fatto che il suo valore sia stato considerato per determinare quello (catastalmente rilevante) del fabbricato (in termini: Cass., Sez. 5″, 29 ottobre 2010, n. 22128; Cass., sez. V, 30 maggio 2018, nn. 13606 e 13608; Cass., Sez. 5″, 19 settembre 2019, n. 23439; Cass., Sez. 5″, 9 marzo 2021, n. 6406; Cass., Sez. 5″, 31 agosto 2022, n. 25561; Cass., Sez. 5″, 24 gennaio 2023, n. 2143);
1.12 il rigore del principio enunciato e ribadito da questa Corte in ordine all’imprescindibilità della dichiarazione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10 comma 4, (prima della soppressione del relativo obbligo, con decorrenza dall’1 gennaio 2009, da parte del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36 comma 53, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248), nonché della dichiarazione prevista dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 comma 12-ter, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo inserito dal d.l. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4 comma 5, lett. i, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 aprile 2012, n. 44, e modificato dal d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9 comma 3, lett. b, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 2012, n. 213, per beneficiare di esenzioni o riduzioni secondo le rispettive discipline dell’ICI e dell’IMU, è stato attenuato e ridimensionato in relazione a fattispecie in cui il presupposto di fatto per beneficiare del trattamento agevolato era preventivamente venuto a conoscenza dell’ente impositore (sia pure in relazione a finalità diverse dall’accertamento o dalla riscossione dell’imposta);
1.13 così, in particolare, secondo l’orientamento di questa Corte, in tema di IMU (e, già prima, di ICI), nell’ipotesi di immobile inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi del del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 comma 3, lett. b, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo novellato dal d.l. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4 comma 5, lett. b, convertito, con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 44 (e, ai fini dell’ICI, ai sensi del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8 comma 1), nella misura del 50% anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (l. 7 luglio 2000, n. 212, art. 6 comma 4) (con riguardo all’ICI: Cass., Sez. 5″, 10 giugno 2015, n. 12015; Cass., Sez. 5″, 21 settembre 2016, n. 18453; Cass., Sez. 6″-5, 29 maggio 2020, n. 10314; Cass., Sez. 5″, 11 dicembre 2020, n. 28251; Cass., Sez. 6″-5, 22 aprile 2021, n. 10724; – con riguardo all’IMU: Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2020, n. 29901; Cass., Sez. 6″- 5, 26 marzo 2021, n. 8592; Cass., Sez. 6″-5, 22 aprile 2021, n. 10724; Cass., Sez. 5″, 18 novembre 2021, n. 35474; Cass., Sez. 6″-5, 16 gennaio 2023, n. 1016; Cass., Sez. 5″, 2 marzo 2023, n. 6270); analogo principio è stato ultimamente ribadito anche per l’esenzione da IMU per i fabbricati colpiti dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e il 29 maggio 2012, ai sensi del d.l. 6 giugno 2012, n. 74, art. 8 comma 3, convertito, con modificazioni, dalla l. 1 agosto 2012, n. 122 (Cass., Sez. 5″, 14 febbraio 2023, nn. 4555 e 4562);
1.14 in lineare sintonia con l’orientamento ora richiamato, questa Corte ha anche deciso che:
– in tema di ICI, qualora l’immobile sia adibito a negozio o bottega direttamente dal soggetto passivo dell’imposta, ed il Comune, con apposito regolamento, abbia stabilito, per tali casi, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 6) ove il contribuente presenti una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, essa spetta comunque al contribuente, ancorché questi non abbia presentato la suddetta dichiarazione, poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dalla l. 7 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1 (ndr l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1), (c.d. “Statuto del contribuente”), di cui costituisce espressione la previsione dell’art. 6, comma 4, della stessa legge – a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (Cass., Sez. 5″, 17 maggio 2017, n. 12304);
– che, in tema di ICI, in omaggio al principio della leale collaborazione e della buona fede, sancito dalla l. 7 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1 (ndr l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1), l’inosservanza di un adempimento che costituisce un presupposto solo formale per il godimento di un’agevolazione non impedisce di riconoscere il diritto al beneficio del contribuente che abbia i requisiti per usufruire dello stesso, tanto più ove essi risultino da documentazione in possesso dell’ente impositore (Cass., Sez. 5″, 17 maggio 2017, n. 12304; Cass., Sez. 5″, 15 marzo 2019, n. 7414; Cass., sez. V, 28 marzo 2019, nn. 8627, 8628 e 8629; Cass., Sez. 5″, 10 maggio 2019, n. 12485; Cass., Sez. 5″, 18 luglio 2019, n. 19316; Cass., Sez. 5″, 30 giugno 2021, n. 18446);
– che, in particolare, sulla scorta di tale principio, la Suprema Corte ha confermato il riconoscimento dell’aliquota agevolata prevista dal regolamento comunale per le unità immobiliari concesse in locazione, nonostante il contribuente avesse omesso la comunicazione al Comune, prevista dallo stesso regolamento, dell’esistenza dei contratti di locazione, in quanto la medesima decisione aveva accertato che gli immobili erano locati e che i relativi contratti erano noti all’amministrazione in quanto regolarmente registrati (Cass., Sez. 5″, 18 luglio 2019, n. 19316); tale orientamento è stato ribadito anche in relazione alla previsione dal regolamento comunale che subordinava la riduzione dell’ICI su un immobile concesso dal proprietario in uso gratuito ai genitori (Cass., Sez. 5″, 30 giugno 2021, n. 18446) o al figlio (Cass, sez. V, 28 marzo 2019, nn. 8627, 9628 e 8629; Cass., Sez. 5″, 10 maggio 2019, n. 12485) alla preventiva comunicazione di una domanda di variazione concernente siffatta circostanza;
1.15 indi, il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37 comma 53, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, ha disposto che: “A decorrere dall’anno 2007, è soppresso l’obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10, comma 4, ovvero della comunicazione prevista del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lettera l), n. 1). Restano fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell’imposta. Fino alla data di effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali, da accertare con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, rimane in vigore l’obbligo di presentazione della dichiarazione ai fini dell’ICI, di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10 comma 4, ovvero della comunicazione prevista dal decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lettera l), n. 1)”;
1.16 in seguito, l’accesso al servizio di consultazione telematica della banca dati catastale ed ipotecaria da parte di Comuni, Comunità Montane ed aggregazioni di Comuni in funzione del processo di decentramento delle funzioni catastali ai sensi del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, è stato previsto con provvedimento adottato dal Direttore dell’Agenzia del Territorio il 18 dicembre 2007, per cui la soppressione dell’obbligo della dichiarazione ai fini dell’ICI ha avuto effettiva decorrenza dall’1 gennaio 2009 (con riguardo all’anno di imposta 2008);
1.17 su tali basi, questa Corte ha affermato che, in tema di ICI, in seguito all’informatizzazione del catasto, resa operativa con provvedimento direttoriale del 18 dicembre 2007, il contribuente non è più obbligato, per gli anni 2008 e seguenti, alla dichiarazione prevista dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 10 comma 4, soppressa dal d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37 comma 53, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, tranne che nei casi previsti dal secondo e ultimo periodo di tale norma, afferenti agli elementi da cui derivi una riduzione di imposta e a quelli, rilevanti ai fini di imposta, che dipendano da atti per i quali non sono applicabili le procedure telematiche previste dal d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 463, art. 3bis, concernente la disciplina del modello unico informatico (Cass., Sez. 5″, 22 dicembre 2022, n. 37505 – anche con riguardo a tale decorrenza: Cass., Sez. 5″, 14 ottobre 2016, n. 20797; Cass., Sez. 6″-5, 2 novembre 2018, n. 28043; Cass., Sez. 5″, 25 gennaio 2023, n. 2321)
1.18 in tale direzione, si è affermato che, in tema di ICI, il d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37 comma 53, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, ha fatto salvo l’obbligo di denunciare le variazioni soggettive ed oggettive incidenti sulla determinazione dell’ICI già dichiarate e comportanti riduzioni d’imposta, non conoscibili per via officiosa dal Comune, sicché, in tali casi, l’ente impositore è esonerato dall’onere di accertamento degli eventi che giovino al contribuente, al quale, in assenza della denuncia, non surrogabile da eventuali forme di pubblicità, non può essere riconosciuto alcun beneficio (Cass., Sez. 6″-5, 2 settembre 2016, n. 17562);
1.19 dunque, anche dopo l’entrata in vigore del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37 comma 53, convertito, con modificazioni, dalla l. 4 agosto 2006, n. 248, in coerenza con i principi sanciti dalla l. 7 luglio 2000, n. 212, artt. 6 comma 4, e 10 comma 1, (ndr l. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 6 comma 4, e 10 comma 1) (che, si rammenta, costituiscono pur sempre criteri guida per il giudice in sede di applicazione ed interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici – Cass., Sez. 5″, 6 settembre 2017, n. 20812; Cass., Sez. 5″, 20 giugno 2018, n. 16227; Cass., Sez. 5″, 20 febbraio 2020, n. 4411), si può ritenere che l’eccezionale conservazione dell’obbligo della dichiarazione valga soltanto per le fattispecie in cui il presupposto di fatto per beneficiare della riduzione (o, a maggior ragione, dell’esenzione) sia sopravvenuto a partire dall’anno di imposta 2008, ma non sia ancora venuto a conoscenza (attraverso l’acquisizione di documenti o l’assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie) dell’ente impositore;
1.20 tanto più, dunque, alla luce delle precedenti considerazioni, il contribuente viene ad essere esonerato dall’obbligo della dichiarazione per beneficiare di una riduzione o esenzione ai fini dell’ICI con riguardo ad eventi o situazioni noti all’ente impositore prima dell’1 gennaio 2009 che vengano in rilievo con riferimento a successivi periodi di imposta;
1.21 analogo principio deve estendersi anche alla dichiarazione prevista, con riguardo all’IMU, dal d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13 comma 12-ter, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, nel testo inserito dal d.l. 2 marzo 2012, n. 16, art. 4 comma 5, lett. i, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 aprile 2012, n. 44, e modificato dal d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, art. 9 comma 3, lett. b, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 2012, n. 213, tenendo anche conto che tale adempimento non è stato prescritto dal legislatore “a pena di decadenza” dal trattamento agevolato;
1.22 nella specie, la sentenza impugnata ha accertato che: “Applicando i principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte al caso di specie, risulta che i beni sui quali il Comune di (…) ha applicato le imposte (ICI prima ed IMU dopo) avevano le caratteristiche sopradescritte. Sussiste il fatto oggettivo dell’essere il bene effettivamente posto, da parte dei proprietari del fabbricato principale, a servizio o meglio ad ornamento del fabbricato medesimo, nonché l’impossibilità di una diversa destinazione del bene, senza una radicale trasformazione. Dai rilievi fotografici e dalla planimetria prodotti dai contribuenti risulta (…) che le aree oggetto dei ricorsi sono inseriti in un’area già edificata ed, inoltre, che non sono autonomamente raggiungibili. Se il bene è attualmente adibito ad orto e giardino, come risulta in modo inequivocabile dalle foto (doc. nn. 11 e 12), è difficile pensare che possa essere destinato diversamente, senza essere radicalmente trasformato. Indipendentemente poi dal regime di edificabilità attribuito dallo strumento urbanistico all’area pertinenziale – elemento su cui il Comune fa leva – sussiste nel caso di specie una destinazione effettiva e concreta dell’orto e giardino al servizio ed ornamento del fabbricato principale, sulla base di un vincolo di accessorietà durevole, che non sembra risolversi in un mero collegamento materiale rimovibile ad libitum”; inoltre: “I contribuenti quindi non solo hanno dichiarato che i beni su cui sono state applicate le imposte erano stati destinati a pertinenza fin dall’anno 1980 (all. n. 7), ma hanno anche dimostrato (all. n. 11 e 12) che l’area fosse utilizzata come orto e giardino, elemento fattuale non contestato dal Comune”;
1.23 a ben vedere, però, in difetto di apposita dichiarazione dei contribuenti ai fini dell’ICI e dell’IMU, essendosi soffermato sulla sola perduranza della stabile e durevole utilizzazione ad orto e giardino, il giudice di appello ha omesso di accertare, a monte, se l’ente impositore avesse piena ed effettiva conoscenza (attraverso l’acquisizione di documenti o l’assunzione di informazioni, ai quali pure è stato fatto espresso riferimento in motivazione) della destinazione pertinenziale delle aree limitrofe ai fabbricati sin da epoca antecedente agli anni di imposta (2011 e 2012);
1.24 pertanto, si può enunciare il seguente principio di diritto: “Ai fini dell’ICI e dell’IMU, anche in difetto di dichiarazione preventiva da parte dei contribuenti, l’area pertinenziale può considerarsi parte integrante del fabbricato a cui essa accede, perdendo autonoma rilevanza ai fini impositivi, nonostante l’edificabilità risultante dalle previsioni della pianificazione urbanistica (generale ed attuativa), sempre che l’ente impositore abbia avuto contezza (attraverso l’acquisizione di documenti o l’assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie) del vincolo di pertinenzialità – desumibile dall’accertamento in fatto della stabile e durevole destinazione del bene accessorio a servizio o ornamento del bene principale – prima dell’anno di imposta a cui si riferisce l’avviso di accertamento“;
2. alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi la fondatezza del primo motivo per quanto di ragione e l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso può essere accolto entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (ora, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, ai sensi della l. 31 agosto 2022, n. 130, art. 1 comma 1, lett. a), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
3. in osservanza dell’enunciato principio di diritto, quindi, il giudice del rinvio verificherà se l’ente impositore abbia avuto o meno conoscenza dell’accertato asservimento delle aree adiacenti ai fabbricati dei contribuenti prima dell’anno 2011.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo per quanto di ragione e dichiara l’assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza 19 impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.