CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 1295 depositata il 12 gennaio 2024
Lavoro – Licenziamento per giusta causa – Assenza ingiustificata -Contestazione disciplinare – Giudicato interno sull’esistenza della giusta causa – Inapplicabilità della tutela reintegratoria – Inammissibilità
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bologna – in accoglimento del reclamo principale proposto dalla N.I. s.p.a. contro la sentenza del Tribunale di Forlì, la quale, in parziale accoglimento dell’opposizione della medesima società avverso l’ordinanza del medesimo Tribunale resa nella fase sommaria, in relazione al licenziamento intimato per giusta causa dalla N.I. s.p.a. a N.E. con nota in data 7.8.2017, aveva dichiarato risolto il rapporto di lavoro tra dette parti alla data del 28.7.2017, riducendo l’indennità dovuta alla lavoratrice ex art. 18, comma 5, L. n. 300/1970 novellato da 18 a 15 mensilità della retribuzione globale di fatto – respingeva invece le domande proposte dalla lavoratrice, dichiarando assorbito il reclamo incidentale di quest’ultima.
1.1. Alla lavoratrice era stata contestata l’assenza ingiustificata dal lavoro dal 16.6.2017 al 27.7.2017.
2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale premetteva anzitutto che “in tema di esistenza della giusta causa (e, quindi, di inapplicabilità del quarto comma del predetto art. 18), sussiste giudicato interno”. Osservava, inoltre, che, “(una volta esclusa la rilevanza della mancata presenza al lavoro fino al 30 giugno 2017 – ed anche in ordine a tale profilo sussiste giudicato interno), l’assenza ingiustificata era ad iniziare lunedì 3 luglio. Quella rilevante a mente del ricordato codice disciplinare inter partes, (art. 69 ccnl Confapi 29.7.13 e, quindi, l’inadempimento sub iudice), il 7 luglio, (dopo i primi quattro giorni)”. Riteneva, quindi, tempestiva la contestazione disciplinare del 27.7.2017, cui era seguito il licenziamento.
3. Avverso tale decisione, N.E. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
4. Resiste N.I. s.p.a. con controricorso.
5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la “Violazione dell’art. 360 comma 1 nr. 5 c.p.c. omesso esame di fatti decisivi del giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti”. La ricorrente lamenta in primo luogo che <manca totalmente da parte della Corte l’esame della esatta motivazione del licenziamento intimato con lettera raccomandata del 27/7/2017, ricevuta il 28/7/2017, nella quale il datore di lavoro contestava: “a seguito di un periodo di malattia che si concludeva il 11/06/2017, Lei non è più rientrata al lavoro, risultando, dal 12/06/2017 ad oggi assente ingiustificato”>. Secondo la stessa, il giudice a quo non aveva “esaminato una ulteriore circostanza, ovvero, il fatto che dal prospetto paga di giugno 2017, consegnato alla lavoratrice non prima del 10 luglio, emerge chiaramene come le assenze fossero autorizzate con permessi non retribuiti”.
Infine, “un ulteriore elemento che non è stato oggetto di esame da parte della Corte è relativo al fatto storico, rilevante in causa, della piena conoscenza, emersa in corso di causa, da parte del datore di lavoro nella persona dell’Amministratore Unico Magalotti Gianfranco, dell’assenza ingiustificata della N. dal 4/7/2017, senza che fosse necessario alcun accertamento istruttorio”.
2. Con un secondo motivo la ricorrente denuncia “Violazione dell’art. 360 comma primo n. 5 per totale contraddittorietà e/o apparenza di motivazione o motivazione perplessa”. Ritiene non adeguatamente motivata la parte della sentenza relativa alla valutazione della tempestività della contestazione.
3. Con un terzo motivo denuncia “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro (art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) in relazione agli artt. 1175 e 1375 c.c.”. Secondo la ricorrente il capo della sentenza impugnata circa la tempestività della contestazione disciplinare, già censurato col secondo motivo, appare in evidente violazione con il principio della correttezza e buona fede, perché il licenziamento intimato era stato preceduto da una contestazione disciplinare trasmessa dopo più di venti giorni dalla piena conoscenza del fatto da parte dell’amministratore unico, senza alcuna giustificazione del ritardo tenuto conto che non sono stati necessari accertamenti istruttori di alcun tipo. Inoltre il datore di lavoro, dopo avere autorizzato le assenze del mese di giugno 2017, come da prospetto paga consegnato a luglio, con la propria inerzia aveva alimentato nella lavoratrice la stessa aspettativa circa la rinuncia all’esercizio del potere disciplinare, attendendo di formalizzare il rimprovero solo in data 28.7.2017, occasione nella quale, in aperta contraddizione con quanto indicato nel prospetto paga già trasmesso, ha contestato alla ricorrente l’assenza ingiustificata dal 12.6.2017.
4. Il primo motivo è inammissibile in quanto si fonda su una non completa lettura della motivazione dell’impugnata sentenza e non attinge la principale ratio decidendi della stessa.
5. Anzitutto, infatti, come già accennato in narrativa, la Corte territoriale, in via principale, ha reputato coperta da giudicato interno l’esistenza della giusta causa di licenziamento, con conseguente inapplicabilità della tutela reintegratoria ex art. 18, comma 4, L. n. 300/1970, spiegando il perché (cfr. in extenso pag. 4 della sua sentenza). Già il primo giudice, infatti, ritenendo tardiva la contestazione disciplinare, aveva applicato la tutela indennitaria ex art. 18, comma 5, della stessa legge, riducendo anche (a 15) il numero di mensilità della retribuzione globale di fatto da considerare a tal fine (rispetto alle 18 mensilità decise nell’ordinanza della fase sommaria), ed il reclamo incidentale della lavoratrice (poi ritenuto assorbito), per quanto qui interessa, investiva la misura dell’indennità risarcitoria, reputata dalla stessa “inadeguata in relazione ai parametri di legge” (cfr. anche pagg. 2-3 della stessa sentenza).
6. Ebbene, la ricorrente neppure ha considerato, prima che censurato, tale ratio decidendi principale dell’impugnata sentenza.
7. La stessa, piuttosto, nel primo motivo di ricorso, censura una parte ulteriore della motivazione che, come si legge alla fine di pag. 4, nella sua completezza è la seguente: “E, in ogni caso, alla luce della assenza ingiustificata dal 3 al 27 luglio, la giusta causa sarebbe, (astrattamente), a sussistere, alla luce della disciplina del ccnl inter partes, (che all’art. 69 sanziona con il recesso in tronco l’assenza superiore a 4 giorni), atteso che la prestatrice epigrafata, onerata della prova della non imputabilità dell’inadempimento ex art 1218 cod. civ., nulla ha comprovato, (eventuale sospensione unilaterale, convenzionale o altra fattispecie eccettuativa dell’obbligo di facere dedotto in contratto)”.
E’, dunque, evidente che si è in presenza di una ratio decidendi subordinata (come rivelato dalla locuzione in chiave concessiva “”in ogni caso” e dall’uso del verbo al condizionale “sarebbe”).
8. La ricorrente, perciò, era tenuta ad impugnare la ratio decidendi principale dell’impugnata sentenza a riguardo, costituita dal riscontrato giudicato interno circa la giusta causa del licenziamento, ed indubbiamente idonea da sola a sorreggere la statuizione della Corte di merito.
9. Inoltre, la ricorrente erroneamente fa riferimento alla “esatta motivazione del licenziamento intimato con lettera raccomandata del 27/07/2017, ricevuta il 28/07/2017”, perché risulta ex actis, anche in base a quanto dedotto dalla stessa ricorrente, che il licenziamento fu intimato con lettera datata 7/8/2017, ricevuta il 30/8/2017, mentre la nota del 27.7.2017, ricevuta il giorno seguente, è solo quella contenente la precedente contestazione disciplinare.
10. Ma, soprattutto, la ricorrente, nel dedurre quale fatto storico di cui sarebbe stato omesso l’esame la mancanza totale di esame di quella nota, non considera che in una parte successiva di motivazione a pag. 5, qui già riferita in narrativa, aveva ritenuto che l’irrilevanza della mancata presenza al lavoro della dipendente fino al 30.6.2017 pure fosse coperta da giudicato interno.
Ne risulta l’ininfluenza di tutte le deduzioni della ricorrente volte a sostenere che “l’inadempimento contestato nella lettera di addebito e che ha giustificato il successivo licenziamento è un fatto storicamente inesistente, almeno per quanto riguarda le assenze relative al mese di giugno 2017”; nonché del fatto che dal prospetto paga di giugno 2017 emergeva che le assenze fossero autorizzate con permessi non retribuiti.
11. Quanto, poi, alla piena conoscenza, asseritamente emersa in corso di causa, da parte della datrice di lavoro, dell’assenza ingiustificata della lavoratrice “a decorrere dal 4/07/2017”, la ricorrente assume che tale circostanza “avrebbe dovuto essere tenuta in considerazione ai fini del decidere per valutare la tempestività della contestazione disciplinare e la conseguente legittimità del licenziamento”.
11.1. Tale specifica deduzione, in chiave di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., è però inammissibile.
11.2. Come si è già visto, la Corte territoriale, esclusa la rilevanza della mancata presenza al lavoro fino al 30.6.2017, ha ritenuto che l’assenza ingiustificata iniziata il lunedì 3 luglio 2017 fosse divenuta rilevante sotto il profilo disciplinare (anche a termini dell’art. 69 del CCNL Confapi del 29.7.2013) solo in data 7 luglio, vale a dire, dopo i primi quattro giorni di assenza.
Ha, quindi, constatato che la missiva di contestazione disciplinare ex art. 7 L. n. 300/1970 era “stata inoltrata in data 27.7.17, (e ricevuta il giorno successivo), sicché lo “spatium deliberandi, nella specie, si appalesa essere stato di 20 giorni”.
Pertanto, ha osservato: “Se si considera che si tratta di una società personificata, (segnatamente, nella specie, spa) e che nessun pregiudizio è stato, anche solo, allegato sotto il profilo di un più difficoltoso esercizio del diritto di difesa, ritiene il collegio, richiamata, da un lato, la nozione relativa alla fattispecie della immediatezza e, dall’altro e nel caso concreto, i canoni in executivis, di cui agli art. 1175 e 1375 cod. civ., che l’esercizio del potere sanzionatorio non possa ritenersi diversamente da quanto opinato dal primo giudice, tardivo.
Viene, invero, in evidenza nella presente fattispecie, per quanto sopra osservato, un intervallo troppo breve per determinare vuoi una legittima aspettativa, in tema di rinuncia all’esercizio del potere disciplinare, vuoi sotto diverso profilo, si ribadisce, una lesione, anche in relazione alle concrete emergenze processuali, del diritto di difesa” (così alle pagg. 5-6 dell’impugnata sentenza).
11.3. Ebbene, la sostenuta conoscenza dell’assenza ingiustificata della lavoratrice in capo alla datrice di lavoro a far tempo dal 4.7.2017 è dedotta in termini di decisività senza tener conto della completa motivazione su considerata, secondo la quale l’assenza ingiustificata della dipendente assunse rilevanza disciplinare solo il 7.7.2017, e non dal 4.7.2017.
12. Alla stregua delle considerazioni testé svolte risulta l’inammissibilità anche del secondo motivo di ricorso.
La motivazione, considerata nella sua interezza (compreso il richiamo al precedente di legittimità premesso a pag. 5 della sentenza), non è all’evidenza né totalmente contraddittoria, né apparente o perplessa, e neanche del tutto insufficiente “se non addirittura assente”, sì da poter dar luogo al vizio di mancanza di motivazione secondo i parametri indicati da SU 8053/2014, vizio peraltro erroneamente censurato sotto il profilo dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
13. Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo di ricorso, che, prendendo di mira un singolo passo a pag. 6 dell’impugnata sentenza (già censurato nel secondo motivo), s’incentra sempre sull’assunto delle assenze autorizzate del mese di giugno (aspetto che, come si è visto, la Corte ha giudicato irrilevante e coperto a riguardo da giudicato interno) e sull’ “attesa” nel “formalizzare il rimprovero solo in data 28/07/2017, occasione nella quale, in aperta contraddizione con quanto indicato nel prospetto paga già trasmesso, ha contestato alla ricorrente l’assenza ingiustificata dal 12/06/2017”.
Del resto, la Corte territoriale motivatamente e congruamente ha giudicato conforme alla buona fede inexecutivis ex artt. 1175 e 1375 c.c. una contestazione disciplinare intervenuta esattamente 20 giorni dopo che l’assenza ingiustificata della lavoratrice, pur essendo ancora in corso all’atto della stessa contestazione, aveva assunto rilievo disciplinare ai fini del licenziamento, ossia, dal 7.7.2017. Va ricordato in proposito che secondo consolidato orientamento di legittimità l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (Cass. n. 16841 del 26/06/2018)
14. La ricorrente, in quanto soccombente, dev’essere condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, ed è tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15% e I.V.A e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.