Corte di Cassazione ordinanza n. 16459 depositata il 20 maggio 2022
IMU – TARI – motivazione atti impositivi – firma degli atti impositivi
FATTI DI CAUSA
V. S.r.L. propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria del Lazio aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 53/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Rieti in parziale accoglimento del ricorso avverso avviso di accertamento ICI 2009 per omessa dichiarazione ed omesso versamento in relazione a due fabbricati di proprietà della contribuente.
La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva annullato l’avviso impugnato limitatamente all’applicazione delle sanzioni, confermando, per il resto, la sentenza di primo grado sul rilievo che non sussistevano il lamentato difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo, né la carenza di motivazione del medesimo atto, che conteneva tutte le informazioni necessarie a comprendere le ragioni dell’imposizione, o i presupposti per la richiesta riduzione dell’imposta per inagibilità degli immobili stante la mancata presentazione della dichiarazione ICI in variazione.
Il Comune resiste con controricorso, illustrato con memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente denuncia violazione di norme di diritto (art. 1, comma 162, L. n. 296/2006) in quanto si assume che la Commissione Tributaria Regionale avrebbe erroneamente affermato la legittimità dell’atto impugnato pur in difetto di valida sottoscrizione dello stesso da parte del funzionario designato dall’ente locale alla gestione del tributo.
1.2 Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 1, comma 87, L. n. 549/1995 per la mancanza in atti del provvedimento attributivo, da parte del Comune, del potere di sottoscrizione al funzionario che aveva sottoscritto l’atto.
1.3 Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c. per mancata prova, da parte del Comune, circa la valida sottoscrizione dell’atto impugnato in relazione all’attribuzione dell’atto all’ente comunale.
1.4 Le censure, da esaminare congiuntamente, vanno disattese.
1.5 In base all’art. 1, 162, L. n. 296/2006, gli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio <<devono essere (…) sottoscritti dal funzionario designato dall’ente locale per la gestione del tributo>>.
1.6 Il requisito della sottoscrizione trova tuttora disciplina nell’art. 1, 87, L. 549/1995, secondo cui <<la firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati. Il nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonché la fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale>>.
1.7 E’ costante indirizzo di questa Corte di legittimità, in materia di tributi regionali e locali, che <<qualora l’atto di liquidazione o di accertamento sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati, la relativa sottoscrizione può essere legittimamente sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, individuato da apposita determina dirigenziale, non essendo stato abrogato l’art. 1, comma 87, della L. n. 549 del 1995, norma speciale che conserva la sua efficacia>> (cfr. Cass. n. 12756/2019), principio già affermato, tra le altre, da Cass. n. ord. 20268/2017, secondo cui <<in tema di tributi regionali e locali, qualora l’atto di liquidazione o di accertamento sia prodotto mediante sistemi informativi automatizzati, la sottoscrizione di esso può essere legittimamente sostituita, ai sensi dell’art. 1, comma 87, della L. n. 549 del 1995, dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, individuato da apposita determina dirigenziale>>.
1.8 Nel caso di specie, è incontestato, dunque, in primo luogo, che sia stata apposta la sottoscrizione mediante indicazione a stampa.
1.9 La ricorrente lamenta, altresì, che l’avviso impugnato non rechi la sottoscrizione di un funzionario designato dalla Giunta comunale o delegato dal Sindaco mancando in atti alcun provvedimento da cui ciò potesse evincersi.
1.10 La doglianza va parimenti disattesa, ancorché per ragioni diverse da quella indicata dalla CTR (che ha ritenuto la legittimità dell’avviso impugnato pur in difetto del provvedimento del Comune con cui è attribuito al funzionario il potere di sottoscrizione), la cui motivazione sul punto va corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, proc. civ.
1.11 L’art. 11, comma 4, del lgs. n. 504 del 1992 prevede che <<con delibera della giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi>>.
1.12 Va condiviso quanto affermato da questa Corte con sentenza n. 7905 del 2005, secondo cui «in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’art. 11, comma quarto, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a tenore del quale “con delibera di giunta comunale è designato un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’imposta; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi”, detta -al pari dell’art. 6, comma primo – disposizioni in materia tributaria aventi natura di norma speciale rispetto alla previgente disciplina degli enti locali di cui alla legge 6 agosto 1990, n. 142, sicché, con riguardo al successivo testo unico sull’ordinamento degli enti locali reso col d.lgs. 12 agosto 2000, n. 267, che all’art. 109 prevede in via generale che, nei comuni privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, le funzioni sono attribuite ai responsabili degli uffici e dei servizi dal sindaco, il principio dell’applicazione della legge successiva deve necessariamente coniugarsi con quello secondo cui “lex posterior generalis non derogat priori speciali”, confortato, nella specie, dal fatto che l’art. 274 del testo unico del 2000, che pure ha disposto – alle lettere x) e y) – l’abrogazione espressa di numerose disposizioni del d.lgs. n. 504 del 1992, non he ha abrogato l’art. 11, comma 4».
1.13 Secondo questa Corte, non può ritenersi che il d.lgs. n. 267 del 2000 abbia implicitamente abrogato le disposizioni del d.lgs. n. 504 del 1992.
1.14 Sempre in tema di tributi locali, e più precisamente in tema di TARSU, si è stabilito che <<l’art.74, comma 1, del d.lgs. n. 507 del 1993, per il quale il comune designa un funzionario per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale relativa alla predetta tassa, compresa l’adozione dei provvedimenti di liquidazione e riscossione – è norma tributaria speciale rispetto agli artt. 107, comma 2, e 109 del d.lgs. 267 del 2000 (c.d. T. U. sull’ordinamento degli enti locali), che richiedono la qualifica dirigenziale per tutti gli atti a rilevanza esterna, e pertanto non può ritenersi abrogato da tali disposizioni, né in via espressa (in quanto non contemplato dall’art. 274 del predetto T. U., che ha riguardo all’elenco delle disposizioni abrogate), né per incompatibilità (essendo esso inserito nello specifico settore tributario e pertanto non inciso dalla norma posteriore di carattere generale)>> (Cass. n. 23582 del 2009).
1.15 Ne consegue che il richiamo al d.lgs. n. 267 del 2000, in mancanza di una espressa delibera di designazione, non è conferente, poiché il d.lgs. n. 267 del 2000 non prevede l’abrogazione espressa della disposizione tributaria, dal momento che essa non rientra nel novero di quelle norme per le quali detta abrogazione è prevista nell’art. 274 della parte quarta, contenente le disposizioni finali e transitorie.
1.16 L’art. 107 del T.U. enuncia il principio secondo cui <<i poteri di indirizzo e di controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti …>> e a questi ultimi, a mente del secondo comma, spettano tutti i compiti, compresa l’adozione di atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno non rientranti tra le funzioni del segretario e del direttore generale a mente degli articoli 97 e 108.
1.17 L’art. 109 del T.U. prevede, a sua volta, al secondo comma che nei Comuni privi di qualifica dirigenziale, fatte salve le funzioni di cui all’art. 107, comma 2 e 3 e dell’art. 97, il sindaco può attribuire la funzione ai responsabili degli uffici e dei servizi, sicché, nella previsione della norma sulla finanza locale contenuta nel d.lgs. n. 504 del 1992, residua il solo dettaglio della provenienza da parte della Giunta comunale, anziché dal sindaco, della nomina del funzionario responsabile, che tuttora, come si è detto, può essere nominato al fine di svolgere le funzioni di cui all’art. 107, laddove manchi personale di qualifica dirigenziale.
1.18 Nella fattispecie, come riportato nella sentenza impugnata, il Comune risulta aver prodotto in giudizio (<<in allegato alle controdeduzioni>>) il <<provvedimento pubblicato all’albo pretorio>> di designazione, da parte dell’ente locale, del funzionario che ha apposto la sottoscrizione al provvedimento impugnato (documento anche allegato dal Comune controricorrente al ricorso in cassazione), ed al riguardo la ricorrente non risulta aver sollevato alcuna contestazione circa il suo contenuto.
1.19 Ne consegue che deve ritenersi quindi dimostrato il possesso dei requisiti soggettivi del funzionario a cui è riferibile la sottoscrizione dell’atto impugnato.
2.1 Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 1, comma 162, primo periodo, n. 296/2006 assumendo che la Commissione Tributaria Regionale abbia erroneamente ritenuto insussistente il vizio di motivazione dell’atto impugnato per mancata enunciazione delle <<ragioni giuridiche>> poste alla base dello stesso, lamentando in particolare, la ricorrente, la mancata indicazione del criterio di calcolo della base imponibile non essendo stati riportati il coefficiente di rivalutazione della rendita catastale ed il moltiplicatore.
2.2 Con il quinto motivo si lamenta omessa pronuncia circa la suddetta doglianza da parte della Commissione Tributaria Regionale che l’avrebbe respinta limitandosi ad evidenziare che l’atto conteneva tutte le informazioni necessarie al contribuente per comprendere le ragioni della pretesa
2.3 Le censure sono infondate.
2.4 Questa Corte ha ripetutamente affermato che il principio, secondo cui la motivazione degli avvisi di accertamento deve porre l’interessato in condizione di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base della pretesa impositiva con quel grado di determinatezza e di intellegibilità tale da consentirgli un esercizio non difficoltoso del proprio diritto di difesa (cfr., tra le molte, Cass. 6 febbraio 2015, n. 16836; Cass. sez. 5, 24 luglio 2014, n. 16836), va rapportato alla diversa natura e funzione proprie di ciascun atto (cfr., tra le molte, sez. 5, 10 giugno 2009, n. 13395; Cass. sez. 5, 28 novembre 2014, n. 25329).
2.5 A ciò consegue che, essendo il calcolo della base imponibile nella fattispecie in esame predeterminato per legge (le modalità di determinazione della base imponibile ICI sono individuate dall’art. 5 Lgs. n. 504/1992; in particolare, per i fabbricati iscritti in catasto, come nel caso in esame, è previsto che il <<valore>> costituente la >>base imponibile>> è determinato <<applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione, i moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo dell’art. 52, u.c. del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131>>; le rendite catastali, ai sensi dell’art. 3, c. 48, L. n. 662/1996, devono essere rivalutate del 5%), la sentenza impugnata ha correttamente ritenuto gli atti impositivi legittimi sotto il profilo del rispetto dell’obbligo motivazionale.
3.1 Con il sesto motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 8, comma 1, Lgs. n. 504/1992 per avere la Commissione Tributaria Regionale respinto la richiesta di riduzione dell’imposta stante l’inagibilità o inutilizzabilità dei fabbricati.
3.2 La doglianza, come correttamente evidenziato dalla Commissione Tributaria Regionale, non ha fondamento non avendo la contribuente dimostrato di avere presentato la relativa dichiarazione di variazione
3.3 L’art. 8, 1, D.Lgs. n. 504/1992, dispone, infatti, che <<l’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente>>.
3.4 Non avendo, quindi, la ricorrente dimostrato di aver richiesto tempestivamente al Comune l’accertamento dello stato di inagibilità, ovvero di aver trasmesso preventivamente idonea documentazione al fine di ottenere un accertamento dello stato di fatto dell’immobile, mancava la prova del presupposto principale per ottenere la suddetta esenzione d’imposta.
3.5 Tale dimostrazione incombeva, inoltre, alla parte contribuente, non solo per i noti principi regolatori dell’onere della prova, ma ancor più perché veniva invocata una normativa di carattere sostanzialmente agevolativo, tale dovendosi considerare la riduzione dell’ICI del 50% (art.8 co.1. cit.).
4. Il ricorso va dunque rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200 per esborsi, spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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