Corte di Cassazione, ordinanza n. 16958 depositata il 1 giugno 2023
motivazione apparente
Fatti di causa
1. Il contribuente in data 11 maggio 2004 proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto dell’amministrazione alla propria istanza di rimborso del credito maturato in base alle dichiarazioni dei redditi dal 1988 al 1996 (redatti dalla Cassa Rurale ed Artigiana di Monte Romano, poi BCC Farnese e BCC Monte Romano, fuse nell’odierna ricorrente). La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, respingendo però la domanda di corresponsione del danno da svalutazione monetaria e di risarcimento degli ulteriori danni. La contribuente proponeva allora gravame, ma la CTR confermava la sentenza di primo grado. Nel giudizio di legittimità, conclusosi con ordinanza n. 28332 del 2013, la domanda della contribuente veniva accolta nei seguenti termini “può liquidarsi il danno da svalutazione monetaria, sempre che il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione e salva l’applicazione, imposta dalla specificità della disciplina dell’obbligazione tributaria, di un particolare rigore nella valutazione del materiale probatorio”. Ne derivava il rinvio alla CTR affinché procedesse a decidere nel merito tramite una “concreta e rigorosa disamina delle prove al riguardo offerte dalla contribuente, verificando che la domanda della stessa risulti sorretta non dalla mera allegazione della sua qualità di imprenditore e della mera deduzione del fenomeno inflattivo, bensì da specifiche indicazioni in ordine al danno derivatole dalla indisponibilità del denaro determinata dall’inadempimento dell’Erario”.
2. Riassunto il giudizio in sede di rinvio da parte della contribuente, la CTR decideva con la sentenza qui impugnata, a mezzo della quale essa accoglieva l’appello.
3. L’Agenzia propone così nuovo ricorso in cassazione, affidandosi ad un unico motivo. La contribuente resiste all’impugnativa con controricorso. La stessa depositava in data 30 marzo 2023 memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso l’Ente impositore censura la sentenza per violazione degli artt. 132, num. 4, cod. proc. civ., e 118, disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
L’Agenzia delle Entrate contesta in particolare l’apparenza della motivazione della sentenza resa dal giudice del rinvio, che si ridurrebbe ad affermazioni apodittiche ed inesplicate, senza esaminare in alcun modo gli elementi peculiari della fattispecie.
2. Il motivo è fondato.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre quando il giudice, in violazione di un obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111, sesto comma, Cost.), ossia dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e (in materia di processo tributario) dell’art. 36, comma 2, num. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, omette di illustrare l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, ossia di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione.
La sanzione di nullità colpisce, pertanto, non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione da punto di vista grafico o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano «una motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. Sez. U., n. 8053 del 07/04/2014), ma anche quelle che ne contengono una meramente apparente, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la stessa non consente di «comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato», non assolvendo in tal modo alla finalità di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. Sez. U., n. 22232 del 03/11/2016), non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, n. 22232 del 3/11/2016; Cass., sez. 6-5, n. 14927 del 2017).
Orbene, come sopra riportato, il giudice di rinvio aveva ricevuto, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., i principi cui uniformarsi così come dettati da questa Corte, con particolare riferimento al rigore con cui procedere all’esame delle prove, che dovevano essere appunto valutate al fine di decidere sulla domanda di risarcimento proposta dalla contribuente.
Al contrario la CTR si è sottratta a tali indicazioni, limitandosi ad una vana “condivisione” della decisione della Corte, senza rendere in nessuna guisa comprensibile come e se abbia valutato, tra l’altro con il rigore che era stato oggetto di precisa indicazione da parte della Corte, le prove offerte, della cui natura e fonte non v’è la minima traccia, laddove il puntuale riscontro andava – vieppiù in sede di rinvio – specificamente indicato nella motivazione della pronuncia.
Quanto al dedotto giudicato, la sentenza invocata dalla parte ricorrente non risulta munita del certificato di passaggio in giudicato.
L’accoglimento dell’appello, dunque, non è sorretto dalla benché minima motivazione, se non dall’uso di alcune locuzioni (sufficientemente provato) e da riferimenti alla sentenza di cassazione con rinvio ed a quella resa dalle Sezioni Unite, senza che ciò in minima misura consenta di rintracciare la ratio dell’accoglimento neppure attraverso ipotetiche congetture.
3. Il ricorso dev’essere dunque accolto, con rinvio alla Corte di giustizia di secondo grado che si uniformerà, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., alle statuizioni indicate dall’ordinanza n. 28332 del 2013, con particolare riguardo all’esame delle prove, con il rigore ivi indicato, che abbia portato la parte contribuente a sostegno della propria domanda ancora oggetto di giudizio, nonché degli eventuali elementi contrari recati dall’Erario.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese.
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