Corte di Cassazione, ordinanza n. 16997 depositata il 13 agosto 2020

notifica a mezzo servizio postale – nuovi motivi – divieto di jus novorum

Ritenuto che:

-la C.T.R. di ROMA con sentenza 1533/17 accoglieva l’appello dell’A.M.A. avverso la sentenza della CTP di Roma n. 25327/15 sez. 65, che aveva accolto il ricorso del contribuente, Bolognesi Riccardo, avverso l’avviso di accertamento dell’AMA S.p.A., con riferimento al periodo 01.01.2007- 30.06.2012, per omessa dichiarazione della tariffa rifiuti (Ta.Ri.) e del tributo provinciale per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’ambiente rif. n. 122020162 del 16.11.2012.

In sede di gravame, l’AMA, non costituitasi in primo grado, aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso di primo grado, avendo l’appellato, spedito il ricorso medesimo il 21.02.2013, ovvero quattro giorni dopo la scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 21, comma 1, D.lgs. n. 546 del 1992 (come provato dall’avviso di ricevimento della raccomandata che recava, quale data di consegna dell’atto impugnato, il giorno 18.12.2012).

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso innanzi a questa Corte il Bolognesi sostenendo:

1. il divieto di jus novorum rispetto alla produzione da parte dell’A.M.A. della ricevuta di ritorno della raccomandata contenente l’atto impositivo impugnato da cui è derivata l’inammissibilità del ricorso in i_, primo grado, con violazione dell’art. 57 D.lgs. n. 546 del 1992 e art. 345, commi 1 e 30, c.p.c.;

2. l’irregolarità, nullità assoluta o inesistenza della notifica, per violazione degli artt. 148 e 149 c.p.c., nonché degli artt. 3 e 2, della I. n. 890 del 1982;

3. l’inesistenza dell’avviso di accertamento con violazione dell’art. 1, comma 162, I. n. 296 del 2006, in relazione all’art. 360, commi 1, 3 e 4, c.p.c..

L’intimata A.M.A. si è costituita con controricorso.

Considerato che:

-con riferimento al primo motivo si rileva che lo stesso è infondato.

Premesso che dalla documentazione acquisita in grado di appello (come rilevato dalla CTR), risulta che l’accertamento è stato notificato, con raccomandata A.R., il 18.12.2012 e che il ricorso il ricorso è stato proposto oltre il termine di 60 gg. dalla notifica dell’atto, il 21.2.2013, dall’esame degli atti, emerge con chiarezza che non sussiste la denunciata violazione dello jus novorum.

Infatti, nel processo tributario è consentito alla parte rimasta contumace in primo grado, proporre in grado d’appello mere difese, volte alla confutazione delle ragioni poste a fondamento del ricorso della controparte, in quanto il divieto di proporre eccezioni nuove, di cui all’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 riguarda unicamente le eccezioni in senso stretto (Cass., sez. 5, n. 14020 del 2007).

Sul punto, questa Corte ha avuto modo di osservare, con articolata motivazione, che nel contenzioso tributario, costituisce eccezione in senso stretto lo strumento processuale attraverso il quale si faccia valere un atto giuridico avente efficacia modificativa od estintiva della pretesa fiscale, non potendo essere considerata tale – e non comportando pertanto il divieto di sollevare eccezioni nuove in appello, posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57 – la nuova deduzione, in grado di appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice, della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, ovvero, specularmente, in quanto volte alla mera contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria delle censure mosse dal contribuente all’atto impugnato con il ricorso ed alle quali rimane circoscritta la indagine rimessa al giudice. (Cass. 24214/2016).

Se dunque la norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2, comporta esclusivamente la preclusione delle eccezioni nuove e cioè di quelle eccezioni che si risolvono in “mutamento, in secondo grado, degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa” con conseguente ampliamento del “thema decidendum”, ne segue che, avuto riguardo all’oggetto del contendere, le contrarie allegazioni dell’odierno resistente, volte ad affermare la inammissibilità del ricorso introduttivo per mancato rispetto dei termini, si limitano alla mera indicazione di un fatto già acquisito al giudizio in quanto non introducono alcun elemento nuovo di indagine rispetto a quelli già introdotti nel giudizio con il ricorso introduttivo. Pertanto, l’eccezione volta evidenziare l’inammissibilità del ricorso introdotto dal Bolognesi, risulta ritualmente proposta a norma dell’art. 57, comma 2, del decreto legislativo 546/1992, così come la produzione documentale sottesa all’eccezione stessa è stata legittimamente acquisita al processo a norma dell’art. 58, comma 2, dello stesso decreto

Pertanto, la formulata eccezione di inammissibilità rappresenta una mera difesa o un’eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile anche in appello, in quanto mera contestazione delle censure mosse al ricorso del contribuente, senza introduzione di alcun elemento nuovo d’indagine.

Il secondo motivo attinente alla pretesa l’irregolarità, nullità assoluta o inesistenza della notifica, non è fondato.

Premesso, in fatto, che l’accertamento è stato notificato a mezzo posta, con raccomandata A.R., va rilevato che, il ricorrente ha dedotto il vizi0, in mancanza di una notifica a mani proprie, ma di terzi conviventi non autorizzati, ed in assenza della seconda raccomandata come sancito dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione.

Va rilevato che in tema di notifica a mezzo posta, la giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi in più occasioni precisando che “gli uffici finanziari possono procedere alla notificazione a mezzo posta ed in modo diretto degli avvisi e degli atti che per legge vanno notificati al contribuente. Ne consegue che, quando il predetto ufficio si sia avvalso di tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n 890 del 1992 cfr. Cass. n. 17598/2010; Cass. n. 9111/2012; Cass. n. 14146/2014; Cass. n. 19771/2013; Cass. n. 16949/2014 con specifico riferimento a cartella notifica a mezzo portiere dal concessionario. Tale conclusione trova conforto nel chiaro tenore testuale della L. n. 890 del 1982, art. 14, come modificato dalla L. n. 146 del 1998, art. 20, dal quale risulta che la notifica degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari.” (Cass. 28872/18).

Inoltre, tale orientamento giurisprudenziale ha trovato recente autorevole avallo nella sentenza della Corte Costituzionale n. 175 del 23/07/2018 che ha dichiarato la conformità a Costituzione dell’art. 26, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973.

Ha precisato il Giudice delle leggi che, seppure non sia prevista la relata di notifica, nella notificazione “diretta” ai sensi del citato art. 26 «c’è il completamento dell’avviso di ricevimento da parte dell’operatore postale che, in forma sintetica, fornisce la prova dell’avvenuta consegna del plico al destinatario o al consegnatario legittimato a riceverlo».

Inoltre, la mancata previsione di un obbligo di comunicazione di avvenuta notifica (ma solo nel caso in cui il plico sia consegnato dall’operatore postale direttamente al destinatario o a persona di famiglia o addetto alla casa, all’ufficio o all’azienda o al portiere), <<non costituisce nella disciplina della notificazione», nonostante tale «obbligo vale indubbiamente a rafforzare il diritto di azione e di difesa (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) del destinatario dell’atto», «una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto>>.

Ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento, in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato nella impossibilità senza sua colpa di prenderne cognizione. (Cass. n.14501/2016).

Il terzo motivo è assorbito.

Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 2.500,00 oltre spese accessori di legge.

Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.