Corte di Cassazione, ordinanza n. 17248 depositata il 15 giugno 2023
processo tributario – motivazione apparente – principio di non contestazione opera sul piano della prova – La mancanza della motivazione si configura quando questa manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione – ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum – il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto
Rilevato che:
1. XXX s.r.l. ricorre, con tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza indicata in epigrafe. Con quest’ultima la C.t.r. ha accolto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Brescia che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso il diniego opposto dall’Amministrazione all’istanza di rimborso delle ritenute operate su somme corrisposte a propri dipendenti per gli anni di imposta 2008, 2009 e 2010.
2. La società contribuente, nel 2008, aveva stipulato con una società tedesca un contratto di appalto di lavori, da eseguirsi in Germania mediante l’impiego di propri dipendenti. Il protrarsi dei lavori, oltre la previsione iniziale dei dodici mesi, portava l’Amministrazione fiscale tedesca a ritenere esistente una stabile organizzazione; la contribuente, pertanto, a seguito di accordo con l’Amministrazione fiscale estera, versava a quest’ultima imposte sul reddito per complessivi euro 150.000,00. In ragione di ciò, con separate istanze, chiedeva all’Amministrazione fiscale italiana il rimborso dell’Irpef che assumeva erroneamente versata in Italia con riferimento ai dipendenti impiegati in Germania.
3. L’Agenzia delle Entrate negava il rimborso rilevando che la contribuente avrebbe dovuto attivare la procedura amichevole di cui all’art. 26 della Convenzione Italia-Germania del 18 ottobre 1989.
La società impugnava il diniego con separati ricorsi.
4. La C.t.p., riuniti i giudizi, accoglieva i ricorsi evidenziando che l’Ufficio non aveva esplicitato alcun ragionamento logico-deduttivo per ritenere che la procedura amichevole fosse l’unica via per evitare la doppia imposizione. Riteneva, per l’effetto, che il diniego fosse
5. La C.t.r. accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate.
In primo luogo, disattendeva l’assunto relativo al difetto di motivazione del diniego. Di seguito precisava che «l’ipotizzata “non collaborazione”» dell’Ufficio alla risoluzione delle questioni poste dalla contribuente non poneva quest’ultima «nella posizione di avere un “diritto al rimborso”». Evidenziava che, per dichiarazione espressa al Fisco italiano, e comunque in ragione del comportamento concludente costituito dal versamento, per tre anni, delle ritenute, doveva ritenersi che la contribuente avesse installato in Germania un «normale» cantiere e non una stabile organizzazione all’estero; che la successiva diversa valutazione dell’Amministrazione tedesca, cui la società aveva aderito, per una sorta di «resa transattiva» non era opponibile all’Autorità italiana se non «a prezzo di una robustissima dimostrazione probatoria», relativa, non solo al fatto che fossero state versate in Germania esattamente le ritenute versate in Italia, ma anche alla doverosità del versamento con riferimento ai primi tre anni di attività. Concludeva, per l’effetto, affermando che, se pure la società aveva deciso di riconoscere «fin dal primo giorno di apertura del cantiere in Germania» l’esistenza di una stabile organizzazione, tanto non poteva opporre al Fisco italiano, in mancanza di prova della «”correttezza” di tale impostazione».
6. La ricorrente, in data 30 marzo 2023, ha depositato memoria
Considerato che:
1. Con il primo motivo la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. , la violazione e/o falsa applicazione degli art. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver escluso l’esistenza di una stabile organizzazione in Germania. Rileva che la circostanza era stata allegata in punto di fatto nel primo grado del giudizio; che la stessa non era stata contestata dall’Agenzia, la quale aveva semplicemente eccepito la mancata attivazione della procedura amichevole; che, diversamente da quanto sostenuto dalla C.t.r. non aveva mai reso una dichiarazione espressa sul punto al Fisco italiano in quanto, al contrario, aveva sempre sostenuto l’esistenza di una stabile organizzazione in Germania; che, trattandosi di circostanza pacifica, la C.t.r. aveva errato nel richiedere sul punto una «robustissima dimostrazione probatoria» risultando violato il principio di non contestazione.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 5 e 15 della Convenzione Italia-Germania, dell’art. 3 t.u.i.r.
Censura la sentenza impugnata per aver posto a proprio carico l’onere di provare la potestà impositiva della Germania, sebbene, quest’ultima derivasse ex lege dalla normativa convenzionale.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in relazione all’art. 111 Cost. per motivazione
Assume che la C.t.r. ha reso motivazione apparente in quanto, pur rilevando che il Fisco tedesco aveva ritenuto sussistente una stabile organizzazione e che la contribuente si era adeguata, aveva ritenuto necessaria la prova della doverosità del versamento all’estero dell’imposta, negando, con ragionamento meramente assertivo, che detta prova fosse stata raggiunta e pervenendo a conclusioni disancorate dalle risultanze istruttorie.
4. Il terzo motivo, da esaminarsi in via preliminare, in quanto prospetta la nullità della sentenza per vizio di motivazione, non è fondato.
4.1 La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione – ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
Le Sezioni Unite della Corte hanno, altresì, precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Come ricordato da ultimo da Cass. 23/05/2022, n. 16653).
4.2 La sentenza in esame non incorre nel vizio denunciato.
La C.t.r. ha espressamente illustrato le ragioni del rigetto della domanda di rimborso precisando che «l’ipotizzata “non collaborazione”» dell’Ufficio alla risoluzione delle questioni poste dalla contribuente non poneva quest’ultima «nella posizione di avere un “diritto al rimborso”»; che in ragione sia delle dichiarazioni rese al Fisco che del comportamento tenuto nel versare per tre anni le ritenuta doveva ritenersi che, nel 2008, in Germania, la ricorrente avesse installato solo un cantiere; che la diversa valutazione del Fisco tedesco non era opponibile in mancanza di prova; che quest’ultima avrebbe dovuto avere ad oggetto non solo le ritenute specificamente corrisposte in Germania per ciascun lavoratore, ma anche la loro doverosità per il triennio.
Detta motivazione è certamente rispondente al c.d. minimo costituzionale ed è idonea a rendere noto il ragionamento sotteso al decisum.
5. Il primo motivo è infondato.
5.1 Per giurisprudenza costante della Corte, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione del rigetto di un’istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, l’Amministrazione finanziaria può esercitare la facoltà di controdeduzione di cui all’art. 23 del lgs. n. 546 del 1992 e, quindi, prospettare, senza che si determini vizio di ultrapetizione, argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la motivazione di rigetto della istanza in sede amministrativa, poiché, in tal caso, il contribuente assume la posizione sostanziale di attore, che deve fornire la prova della propria domanda, mentre l’Ufficio non ha esplicitato una «pretesa» (impugnata dal contribuente), quale l’avviso di accertamento o di liquidazione, o l’irrogazione di una sanzione. Ne consegue che non può attribuirsi alla motivazione del provvedimento di rigetto (equivalente, peraltro, al cd. silenzio-rifiuto, del pari impugnabile) il carattere dell’esaustività (Cass. 02/09/2022, n. 25999, Cass. 27/06/2019, n. 17239).
Si è, altresì precisato che la qualità di attore in senso sostanziale assunta dal contribuente nei giudizi avverso il diniego di rimborso ha una duplice conseguenza in quanto, per un verso, grava su di lui l’onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento impositivo rivendicato nella domanda e, per altro verso, le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita dal contribuente, costituiscono mere difese, come tali non soggette ad alcuna preclusione processuale, salva la formazione del giudicato interno (Cass. 02/07/2014, n. 15026).
Inoltre, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili. (cfr. Cass. 22/09/2017 n. 22105 che ha ritenuto ammissibile in grado di appello la contestazione delle deduzioni documentali del contribuente, effettuata dall’Agenzia delle Entrate per la prima volta in grado di appello).
Nello stesso senso si è precisato che il principio di non contestazione opera sul piano della prova, cosicché́ nel processo tributario non elide l’operatività̀ dell’altro principio – operante sul piano dell’allegazione e collegato alla specialità̀ del contenzioso tributario – secondo cui la mancata presa di posizione sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente in linea di subordine non equivale ad ammissione delle affermazioni che tali motivi sostanziano, né determina il restringimento del thema decidendum ai soli motivi contestati, posto che la richiesta di rigetto dell’intera domanda del contribuente consente all’Ufficio impositore, qualora le questioni da quello dedotte in via principale siano state rigettate, di scegliere, nel prosieguo del giudizio, le diverse argomentazioni difensive da opporre alle domande subordinate avversarie (Cass. 24/11/2022, n. 34707).
5.2 Ciò posto, la contribuente riporta nel ricorso per cassazione stralci del ricorso in appello dell’Agenzia (cfr. pag 17 nota 3 ricorso per cassazione) da cui risulta che quest’ultima aveva contestato espressamente la ricostruzione fattuale di parte avversa eccependo il difetto di un valido supporto probatorio.
5.3 La C.t.r., pertanto, si è attenuta a questi principi, avendo correttamente ritenuto che spettasse al contribuente fondare la propria pretesa su «una robustissima dimostrazione probatoria».
6. Il secondo motivo è inammissibile.
6.1 La ricorrente, ribadendo quanto affermato con il primo motivo, ovvero che l’esistenza di una stabile organizzazione in Germania non era contestata, assume che la potestà impositiva spettasse alla Germania ex lege, ravvisando la prospettata violazione di legge.
6.2 Il motivo non coglie la ratio decidendi della sentenza
La C.t.r. ha ritenuto che la società contribuente non avesse dato prova, come invece, era suo onere, del diritto al rimborso. Come già evidenziato nell’esame dei motivi precedenti, la C.t.r. ha valutato il comportamento della parte ritenendo che quest’ultimo deponesse per ritenere che in Germania fosse stato installato solo un cantiere e non una stabile organizzazione. Ha aggiunto che le diverse e successive valutazioni compiute sia dall’autorità fiscale estera che dalla stessa contribuente non erano opponibili al Fisco italiano in quanto non sorrette da una valida prova; ha concluso affermando che quest’ultima avrebbe dovuto avere ad oggetto, non solo le ritenute concretamente versate all’estero per ciascun dipendente, ma anche la loro doverosità con riferimento a quei primi tre anni di attività, così superando quanto «dichiarato alle autorità italiane, e concretizzato mediante il versamento delle ritenute».
La C.t.r., in conclusione, ha ritenuto non fondata la domanda per mancanza di prova sia in ordine all’an – tale, infatti, deve ritenersi il riferimento alla mancanza di prova della «doverosità» del versamento all’estero – sia in ordine al quantum.
In detta motivazione non è ravvisabile alcuna violazione della disciplina convenzionale in tema di doppia imposizione in quanto la domanda è stata rigettata in fatto, per mancanza di prova degli elementi costitutivi della pretesa.
6.3 La ricorrente, ribadendo che l’esistenza di una stabile organizzazione in Germania non era contestata ed affermando che la potestà impositiva della Germania era ex lege, deduce apparentemente, una violazione di norme di legge, ma mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, che, invece, ha escluso che di tanto fosse stata data prova, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). L’oggetto del giudizio che si demanda a questa Corte, non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
7. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione sentenza n. 20955 del 1° luglio 2022 - Ove la controversia abbia ad oggetto l'impugnazione del rigetto dell'istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in senso non solo formale ma anche sostanziale, con la duplice…
- CORTE di CASSAZIONE - Ordinanza n. 27687 depositata il 2 ottobre 2023 - Nel processo tributario, quando il contribuente impugni il silenzio-rifiuto formatosi su una istanza di rimborso, costui, rivestendo la qualità di attore non solo formale ma anche…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 11262 depositata il 28 aprile 2023 - In tema di contenzioso tributario, il difetto di specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa dell'attore - contribuente,…
- COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE SICILIA - Sentenza 18 dicembre 2020, n. 7498 - In tema di contenzioso tributario, ove la controversia abbia ad oggetto l'impugnazione dell'oggetto dell'istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 16 novembre 2022, n. 33823 - In tema di contenzioso tributario, il difetto di specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa dell'attore- contribuente che abbia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 novembre 2018, n. 31090 - Licenziamento per abbandono posto di lavoro e sottrazione beni - La differenza fra l'omessa pronuncia e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia si coglie nel senso che,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Il dolo per il reato di bancarotta documentale non
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 42856 depositata il 1…
- La prescrizione in materia tributariava eccepita d
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27933 depositata il 4 ottobre 20…
- Il giudice penale per i reati di cui al d.lgs. n.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 44170 depositata il 3…
- E’ legittimo il licenziamento per mancata es
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30427 depositata il 2 novembre 2…
- Processo tributario: ricorso in cassazione e rispe
Ai sensi dell’art. 366 c.p.c. , come modificato dalla riforma Cartabia (le…