CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 17915 depositata il 22 giugno 2023
Tributi – Norma antielusiva – Aliquota imposta agevolata – Banca federativa – Funzioni di tesoreria – IRPEG – Diniego agevolazione fiscale – Accoglimento – in tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti“
Fatti di causa
1. Con separate istanza di interpello ex art. 37 bis, comma 8, del D.P.R. n. 600/73, rivolte al Direttore dell’Agenzia delle Entrate da varie banche dello stesso gruppo Bancario e precisamente: C.C.R.P. (poi incorporata dalla B.P.V. SPA – istanza presentata in data 27.7.2001); B.T. SPA (poi incorporata dalla B.M.P.S. SPA – istanza presentata in data 30.7.2001); M.B. S.P.A. (poi incorporata da M.C.S.B.I. SPA, M.B.I. SPA, già M.P.S.M. SPA, già M.T. SPA – istanza in data 26.7.2001), veniva richiesta la disapplicazione della norma antielusiva di cui all’art. 3, comma 3, lett. c) del D.Lgs. 466/1997, la quale, con riferimento ai gruppi societari, limita il beneficio dell’aliquota di imposta agevolata (c.d. (…) – DIT) previsto dal suddetto d.lgs. 466/1997.
Le banche istanti premettevano che la struttura del Gruppo risponde al modello della banca c.d. federativa (un gruppo bancario articolato in diverse banche e società specializzate nei diversi comparti del credito, ma anche in settori diversificati) per cui le funzioni di tesoreria sono accentrate nella società capogruppo, che ha il compito di soddisfare le necessità di liquidità delle altre banche e società del gruppo (in quanto in grado di assicurarsi condizioni più vantaggiose), e che ciò aveva comportato una moltiplicazione dei rapporti finanziari tra la capogruppo e le società partecipate attraverso finanziamenti a breve, medio e lungo termine.
Evidenziavano che in particolare, al 31.12.2000 si era verificato in capo alla capogruppo un incremento dei finanziamenti infragruppo, che – ai sensi della norma antielusiva dettata nel richiamato art. 3 comma 3 lett. c) del citato D.lgs. 466/1997 – non avrebbero potuto beneficiare del trattamento agevolato, salvo positiva risposta dell’Agenzia all’interpello disapplicativo.
1.1. In questo contesto le istanti richiedevano di disapplicare la suddetta norma antielusiva, in base alla considerazione che i predetti finanziamenti non avevano ampliato le basi patrimoniali delle medesime società, fruendo dunque una seconda volta del beneficio, ma erano stati impiegati nell’attività industriale ordinaria delle società beneficiarie.
L’erogazione dei finanziamenti alle beneficiarie, secondo le società istanti, non avrebbe prodotto alcuna moltiplicazione della c.d. base DIT: la mancanza degli effetti elusivi nasceva dalla natura dei finanziamenti, in quanto utilizzati dalle società del gruppo alla stregua di provvista nelle normali operazioni di erogazione del credito.
1.2. Il Direttore Regionale emanava provvedimenti di diniego motivati con la considerazione che i finanziamenti in esame erano finanziamenti a medio e lungo termine, e che la società controllante, beneficiaria, a sua volta aveva effettuato finanziamenti e conferimenti in altre società del gruppo, sicché si era realizzato proprio quell’effetto moltiplicativo dell’agevolazione, che il legislatore aveva inteso evitare mediante la norma antielusiva contenuta nell’art. 3 comma 3 lett. c) D.Lgs. n. 466/1997.
2. Pur essendosi uniformate al provvedimento, successivamente le società istanti, ciascuna con riferimento alla propria istanza e al provvedimento di diniego ricevuto, proponevano impugnazione avanti alla Commissione Tributaria provinciale di Firenze, chiedendo l’annullamento dell’atto, nonché – previo accertamento del diritto a disapplicare la norma de qua – il rimborso della maggiore IRPEG versata.
2.1. La Direzione Regionale, costituitasi in giudizio, eccepiva la improponibilità e inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, sostenendo che la posizione tutelata non era di diritto soggettivo e comunque contestando che il provvedimento non fosse annoverabile tra gli atti impugnabili, tassativamente previsti dall’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992.
3. La CTP di Firenze riuniti i ricorsi delle società del gruppo, li dichiarava inammissibili e, su appello delle società, la Commissione Tributaria Regionale confermava la sentenza di primo grado.
4. Avverso la predetta sentenza tutte le banche presentavano ricorso in Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 19 del d.lgs. n. 546/1992 e 112 c.p.c. nonché l’insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza. Inoltre, per l’ipotesi in cui la Corte avesse ritenuto la possibilità di decidere nel merito, esponevano i motivi di illegittimità del diniego impugnato e di fondatezza delle istanze presentate. Data pubblicazione 22/06/2023
5. Questa Corte di Cassazione, con sentenza n. 8663, depositata in data 15.04.2011, riuniti i ricorsi, accoglieva il primo motivo di ciascun ricorso e cassava la sentenza impugnata ih relazione al motivo accolto, rinviando anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Toscana.
5.1. In particolare, veniva affermato il seguente principio di diritto; “Le determinazioni del Direttore Regionale delle Entrate sulla istanza del contribuente volta ad ottenere il potere di disapplicazione di una norma antielusiva ai sensi del d.p.r. n. 600 del 1973, art. 37bis, comma 8, costituiscono presupposto necessario ed imprescindibile per l’esercizio di tale potere. Le determinazioni in senso negativo costituiscono atto di diniego di agevolazione fiscale e sono soggette ad autonoma impugnazione ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 19 comma 1, lett. h. Tale atto rientra tra quelli tipici previsti come impugnabili da detta disposizione normativa, e pertanto la mancanza di impugnazione nei termini di legge decorrenti dalla comunicazione delle determinazioni al contribuente ai sensi del d.m. 19 giugno 1998, n. 159, art. 1 comma 4, rende definitiva la carenza del potere di disapplicazione della norma antielusiva in capo all’istante. Il giudizio innanzi al giudice tributario a seguito della impugnazione si estende al merito delle determinazioni impugnate'”.
6. In data 29.05.2012 le banche proponevano autonomi ricorsi in riassunzione ex art. 63 del d.lgs. n. 546 del 1992, riproponevano il motivo di illegittimità del provvedimento di diniego così come formulato in sede di ricorso e di appello, basato sulla fondatezza dell’istanza presentata e sul conseguente diritto al rimborso di quanto corrisposto per effetto del provvedimento medesimo.
7. La CTR della Toscana, ritenendo di dover “valutare se gli appellanti abbiano fornito una piena e tranquillante prova dell’impossibilità di verifica di effetti elusivi”, richiedeva alla Guardia di Finanza, Comando Regionale della Toscana, di redigere una relazione, ai sensi dell’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992. In particolare, veniva richiesta “una dettagliata relazione circa i flussi economici per cui è causa, relazione volta ad appurare se ed in quale misura i flussi economici di credito all’interno del gruppo abbiano dato luogo ad un incremento della base per l’applicazione DIT a benefìcio di imprese del gruppo”.
La Guardia di Finanza acquisiva gli atti processuali ritenuti utili per l’espletamento del mandato, nonché n. 79 documenti – fomiti dall’appellante – afferenti una relazione peritale redatta in data 09.11.2006 dal Dott. C.N., nell’ambito della causa pendente presso la CTP di Siena, a seguito di ricorso presentato da B.M.P.S. in relazione al diniego su istanza di rimborso IRPEG emesso dall’Ufficio di Siena.
7.1. Depositata la relazione, la CTR, pronunciando nei ricorsi riuniti con sentenza n. 328 in data 27.02.2019, dichiarava la legittimità dell’atto di diniego, compensando le spese del giudizio.
8. Avverso la predetta sentenza le banche hanno proposto separati ricorsi, da trattarsi congiuntamente ex art. 335 c.p.c., sorretti da due comuni motivi.
Si è costituita l’Agenzia delle Entrate con controricorso.
Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto dei ricorsi e le banche ricorrenti hanno depositato memorie ex art. 380.1 c.p.c..
Ragioni della decisione
1. Con il primo – comune – motivo le banche ricorrenti hanno denunciato la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 1 comma 2, e 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., dell’art. 118 disp. att., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.
2. Con un secondo – parimenti sovrapponibile – motivo hanno lamentato, in subordine, l’illegittimità della sentenza per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo alla conferma della legittimità dei provvedimenti di diniego impugnati.
2.1. La Banca Monte Paschi di Siena ha inoltre, in via preliminare, eccepito l’inammissibilità del controricorso proposto dall’Agenzia, rilevando che, malgrado la relata di notifica sia stata correttamente compilata indicando Banca Monte dei Paschi, l’atto notificato e depositato in giudizio risulta redatto nei confronti di “M.C.S.B.I. SPA (già M.B.I. SPA, già M.P.S.M. SPA, già M.T. SPA) (incorporante M.B. S.P.A.)”.
L’eccezione è infondata, non essendovi comunque dubbi sulla corretta identificazione della controparte (peraltro avente causa del soggetto imprecisamente indicato), alla quale il ricorso è stato ritualmente notificato.
3. Il primo motivo di ricorso è fondato.
3.1. La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 c.p.c. (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass. sez. un., 7/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 1/03/2022, n. 6626).
In particolare si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella “perplessa e incomprensibile”; in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass., sez. un., 3/11/2016, n. 22232 e le sentenze in essa citate).
Va a tale proposito ancora rammentato che questa Corte ha affermato che “in tema di valutazione delle prove ed in particolare di quelle documentali, il giudice di merito è tenuto a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti” (Cass. 30 maggio 2019, n. 14762).
3.2. Nel caso di specie la Commissione regionale non si è attenuta ai principi ora richiamati.
A fronte delle allegazioni e produzioni documentali delle banche ricorrenti, poste a fondamento dei molteplici motivi di appello intesi a offrire la dimostrazione analitica dell’assenza di effetti moltiplicativi della base DIT, operazione per operazione, tramite una analisi della destinazione, dell’ammontare e della natura dei flussi finanziari tra le società del gruppo, il giudice della riassunzione, dopo un’ampia introduzione descrittiva dei fatti di causa e della normativa ritenuta applicabile, e dopo aver richiamato la relazione richiesta alla Guardia di Finanza, si è limitato ad affermare che “la parte contribuente” non ha fornito “adeguata giustificazione delle complesse operazioni economiche di finanziamento poste in essere e di cui appare difficile rintracciare una funzione diversa dal godimento dell’agevolazione fiscale”, soggiungendo che “Ne’ tale prova è stata rintracciata attraverso l’acquisizione di elementi integrativi ex art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992 compiuta in secondo grado (ed anche dalla CTP di Siena in causa di primo grado) con operazioni forse sbilanciate a favore della parte contribuente che veniva così in qualche modo sollevato dall’onere della prova, dovendo invece in linea di principio il dubbio giocare a suo danno”. La CTR non ha esplicitato il ragionamento logico giuridico che la ha indotta a rigettare l’appello.
4. Ne consegue, risultando conseguentemente assorbito il secondo motivo di ricorso, anch’esso comune ai ricorsi, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i ricorsi riuniti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
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