CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 3573 depositata il 6 febbraio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – Utili extracontabili – Ricavi aziendali in nero della società con motivazione apparente – Inammissibilità – accertamenti bancari
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate ricorre, con sette motivi, nei confronti della S. s.r.l., società a ristretta partecipazione, già S. s.a.s., e dei soci V. S., L.P.B., F,P,, che resistono con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe che ha rigettato l’appello dalla medesima spiegato avverso la sentenza della C.t.p. di Treviso che aveva accolto il ricorso dei contribuenti averso l’avviso di accertamento con il quale per l’anno di imposta 2006 – nel corso del quale la società si era trasformata da società di persone in società di capitali – erano stati recuperati a tassazioni utili extracontabili.
2. In data 14 dicembre 2022 i controricorrenti hanno depositato memoria con la quale hanno dato atto che, nelle more, la società è stata dichiarata fallita.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.l.gs. 31 dicembre 1992, n. 546.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 2727, 2729, 2697 cod. civ.
3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.l.gs. 31 dicembre 1992, n. 546.
4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Con i quattro motivi l’Amministrazione censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso dalla ripresa a tassazione le movimentazioni – versamenti per euro 18.800,00 e prelevamenti per euro 19.000,00 – imputabili a V. S.. Assume che la C.t.r. ha escluso che le dette movimentazioni fossero espressive di ricavi in nero della società con motivazione apparente, pur in mancanza di prova, in mancanza di indicazione dei soggetti beneficiari dei prelevamenti e fondandosi su presunzioni prive dei requisiti di gravità precisione e concordanza.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.l.gs. 31 dicembre 1992, n. 546.
6. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 2727, 2729, 2697 cod. civ.
Con i due motivi l’Amministrazione censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso dal recupero a tassazione i prelevamenti per euro 8.100,00 imputabili a F,P., ritenendo che i medesimi non fossero espressivi di ricavi. Assume che la C.t.r. ha reso sul punto motivazione apodittica e che ha ritenuto provata la natura personale delle operazioni in mancanza di elementi gravi, precisi e concordanti.
7. Con il settimo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973.
8. Con l’ottavo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e degli artt. 2727, 2729, 2697 cod. civ.
Con i due motivi l’Amministrazione censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso dal recupero a tassazione i prelevamenti sul conto di L.P. ritenendo giustificati i medesimi, pur non essendo stati indicati i beneficiari delle somme prelevate e in mancanza di elementi gravi, precisi e concordanti.
9. Va premesso che il fallimento di una delle parti che si verifichi nel giudizio di Cassazione non determina l’interruzione del processo ex art. 299 e ss. cod. proc. civ., trattandosi di procedimento dominato dall’impulso di ufficio. Ne consegue che, una volta instauratosi il giudizio di Cassazione con la notifica ed il deposito del ricorso, sono irrilevanti i mutamenti della capacità di stare in giudizio di una delle parti (tra le più recenti Cass. 10/02/2021, n. 3630).
10. Il ricorso è inammissibile.
10.1. Con tutti gli otto motivi l’Ufficio censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha escluso dal recupero a tassazione alcuni movimenti sui conti correnti oggetto di indagine, ritenendoli giustificati, assumendo vizio di motivazione e violazione di legge.
10.2. Più precisamente, i primi quattro motivi hanno ad oggetto versamenti per euro 18.800,00 e prelevamenti per euro 19.000,00 ricondotti dalla C.t.r. alla smobilitazione da parte di V. S. di alcuni investimenti. Il quinto ed il sesto motivo hanno ad oggetto prelevamenti per euro 8.100,00 effettuati sul conto di F,P,.
Il settimo e l’ottavo motivo hanno ad oggetto prelevamenti sul conto di L.P..
Con riferimento a tutte dette movimentazioni, ritenute in sentenza adeguatamente giustificate, l’Ufficio assume che la C.t.r. avrebbe reso motivazione carente ed apodittica e, comunque, non idonea ad escluderne la riferibilità alla società. Nel dettaglio, assume che il comportamento tenuto da V. S. – che avrebbe ritirato in contanti quanto frutto del disinvestimento per poi riversarlo su altro conto – era anomalo; che non vi era coincidenza tra somme ritirate e versate; che, avendo la stessa C.t.r. ritenuto che i conti bancari di V. S. erano utilizzati anche dalla società, era ben possibile che le movimentazioni fossero riferibili a quest’ultima. Assume, ancora, che non vi era prova che il prelievo dal conto di F.P. fosse riconducibile al regalo di nozze della madre né dei beneficiari delle somme versate. Assume, infine, che non vi era prova che i prelevamenti sul conto di L.P. fossero effettivamente destinati alla ristrutturazione del giardino, stante, anche in questo caso, la mancanza di prova dei beneficiari e la incongruità della somma impiegata rispetto al valore complessivo della casa.
10.3. Il vizio motivazionale, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. (nonché dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e tale da integrare un’ipotesi di nullità della sentenza, affetta da error in procedendo, ricorre quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero, nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili», nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata; viceversa, resta esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053). Si è, altresì, chiarito che nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 che cita, in motivazione, Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679, Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9558).
10.4. La sentenza impugnata non incorre nel vizio denunciato, sotto nessuno dei profili sopra evidenziati, in quanto la motivazione, oltre che presente, dà esaurientemente conto delle ragioni sottese alla decisione. La C.t.r., infatti, ha ritenuto giustificate le movimentazioni oggetto del ricorso, fornendo specifica, esauriente e logica spiegazione delle ragioni che inducevano a ritenere vinta la presunzione che si trattasse di ricavi in nero.
In particolare, quanto alle operazioni sul conto di V. S., la C.t.r. ha ritenuto che le somme prelevate e poi versate derivassero dal documentato smobilizzo, avvenuto nel corso dell’anno, del proprio investimento del fondo Arca e che, a fronte di quest’ultimo, i versamenti a piccole rate non costituivano indizi di ricavi aziendali in nero non potendo essere sottoposta a critica la modalità di utilizzo delle somme disinvestite. Quanto alle operazioni sul conto di F,P, la C.t.r. ha ritenuto provato che le medesime derivavano da un regalo della madre per le nozze; che, infatti, vi era prova del versamento di un assegno di euro 7.000,00 emesso da V. S., versato il 23 maggio 2006 e ritirato il 26 maggio 2006, e che tali movimentazioni erano giustificate in vista del matrimonio del successivo 10 giugno.
Quanto alle operazioni sul conto di L.P., in particolare quanto al prelievo di euro 40.000,00, la C.t.r. ha ritenuto che si trattasse di spese per la sistemazione del giardino sostenute contestualmente all’acquisto della nuova casa di abitazione.
10.5. Ugualmente, è da escludere la denunciata violazione di legge.
È ius receptum che in tema di accertamenti bancari, poiché il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, dimostrando l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass. 03/05/2018, n. 10480).
Si è precisato, inoltre, che all’onere probatorio gravante sul contribuente di fornire una prova idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non sono riferibili ad operazioni imponibili, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, corrisponde l’obbligo del giudice di merito, da un lato, di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e, dall’altro, di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica (Cass. 30/06/2020, n. 13112).
La C.t.r. ha fatto corretta applicazione di detti principi in quanto ha preso in considerazione, in modo analitico, tutte le movimentazioni contestate dall’Ufficio ed ha verificato, con riferimento a ciascuna, le allegazioni dei contribuenti, volte a dimostrarne l’estraneità a fatti aziendali, dandone puntualmente conto. Per l’effetto, ha concluso, motivando sul punto, che alcune delle movimentazioni – tra le tante contestate dall’Ufficio e per quanto rileva quelle, tra dette ultime, oggetto del ricorso in cassazione – erano corroborate da adeguata prova in ordine alla loro estraneità a fatti aziendali.
10.6. L’Ufficio, in realtà, se pure lamenta vizio motivazionale e violazione di legge, con tutti i motivi di ricorso sollecita una rivalutazione del ragionamento decisorio che ha portato il giudice del merito ad escludere alcune della movimentazioni dal recupero a tassazione. Così facendo, mira alla rivalutazione dei fatti, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si si demanda a questa Corte non è l’analisi e l’applicazione delle norme, bensì l’apprezzamento delle prove, rimesso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/2019, n. 3340; Cass. 14/01/2019, n. 640; Cass. 13/10/2017, n. 24155; Cass. 04/04/2013, n. 8315).
11. Il ricorso va, pertanto, complessivamente dichiarato inammissibile.
12. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
13. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere alla parte controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 a titolo di compenso, oltre euro 200,00 per esborsi, 15 per cento per spese generali, iva e cap come per legge.