CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 19111 depositata il 6 luglio 2023

Lavoro – Trattenimento in servizio – Ferie – Collocamento in quiescenza – Equo risarcimento danno – Liquidazione danno patrimoniale e non – Trattamento pensionistico – Rigetto

Rilevato che

1. l’odierna ricorrente R. S., dirigente scolastico dall’1.9.2004, con istanza del 26.3.2012 chiedeva il trattenimento in servizio a decorrere dall’1.9.2012; l’Ufficio Scolastico regionale per la Lombardia, con nota prot. MIUR (…), comunicava che l’istanza era stata accolta “per il prossimo anno scolastico 2012-2013” e che sarebbe seguito “provvedimento formale di trattenimento in servizio”;

in attesa del provvedimento formale, la dirigente confidava nel fatto che avrebbe svolto la propria funzione dirigenziale anche per l’a.s. 2012/2013 e per l’effetto, non presentava domanda di pensione agli uffici competenti e non usufruiva di tutte le ferie di spettanza;

in data 12.10.2012 la prof.ssa S. riceveva decreto dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia n. 412/2012 che disponeva il rigetto della richiesta di trattenimento in servizio per l’a.s. 2012/2013, e il collocamento in quiescenza a decorrere dal 1° settembre 2012;

2. decidendo sul ricorso della S., il Tribunale di Monza con sentenza n. 826/2013, rigettava innanzitutto la domanda di pagamento delle ferie residue in quanto non monetizzabili;

riteneva legittimo il provvedimento n. 412/2012 per mancanza dei requisiti per il trattenimento in servizio;

considerato l’affidamento riposto dalla ricorrente in detto trattenimento in servizio stante la comunicazione del MIUR del 23.4.2012, accoglieva parzialmente il ricorso e condannava il Ministero versare alla ricorrente, a titolo di equo risarcimento del danno, una somma pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto corrisposta, oltre interessi legali dalla data del deposito del ricorso al saldo effettivo;

avverso tale sentenza il Ministero proponeva impugnazione;

3. la Corte d’Appello di Milano con sentenza n. 1194/2016 riformava parzialmente la decisione del Tribunale di Monza, respingendo (anche) la domanda di risarcimento del danno;

riteneva coperta da giudicato la richiesta della S. relativa alle ferie residue ed altresì coperta da giudicato l’accertata legittimità del provvedimento n. 412/2012;

quanto alla domanda di risarcimento del danno, pur dando atto che il comportamento del MIUR aveva ingenerato nella S. una legittima aspettativa di poter continuare a lavorare per un altro danno, tuttavia riteneva che non fosse stata né allegata né provata l’esistenza del danno;

4. per la cassazione della sentenza R. S. ha proposto ricorso con un motivo;

5. il MIUR ha resistito con controricorso;

6. la ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che

1. con l’unico motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità della sentenza impugnata per mancata applicazione da parte del giudice di appello dei criteri di valutazione equitativa ex art. 1226 cod. civ., ai fini del giusto risarcimento e della liquidazione del danno patrimoniale e non patrimoniale patito dalla ricorrente;

sostiene che il Giudice d’appello avrebbe dovuto riconoscere il risarcimento in via equitativa risultando che il comportamento dell’Amministrazione aveva comportato un ritardo nella corresponsione del suo trattamento pensionistico ed aveva altresì comportato la mancata fruizione di 22 giorni di ferie;

2. il motivo è infondato;

il potere di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dall’art. 1226 cod. civ., costituisce espressione del più generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ed il suo esercizio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, senza necessità della richiesta di parte, dando luogo ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, con l’unico limite di non potere surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (ex multis Cass. 29 aprile 2022, n. 13515; Cass. 22 febbraio 2018, n. 4310; Cass. 12 ottobre 2011, n. 20990);

dunque, l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta presuppone che sia stato già assolto l’onere della parte di dimostrare la sussistenza e l’entità materiale del danno;

nella specie la Corte territoriale, dopo aver dato atto che la sentenza di primo grado era coperta da giudicato in relazione alla domanda di monetizzazione delle ferie non godute ed in relazione all’accertata legittimità del provvedimento con cui era stata respinta la richiesta di trattenimento in servizio, ha ritenuto che tale onere non fosse stato adempiuto dalla S.;

non risulta chiaramente dal ricorso quali siano state le allegazioni in punto di danno patrimoniale e morale sottoposte al Giudice del merito;

anche quanto alle ferie non godute (da utilizzarsi eventualmente quale elemento presuntivo di danno e non, stante il giudicato formatosi sulla sentenza di promo grado, ai fini di una monetizzazione delle stesse) non è idoneamente censurato il passaggio motivazionale della Corte d’appello in cui è evidenziato che: “nulla invero consente di affermare che se la S. fosse rimasta al lavoro avrebbe usufruito di quelle giornate di congedo” che, evidentemente, ne svaluta ogni rilevanza anche solo indiziaria;

3. da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto;

4. la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

5. occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass., S.U., n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del MIUR, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 2.000,00 per compensi professionali oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.