Corte di Cassazione ordinanza n. 19886 del 20 giugno 2022
motivazione di stile – motivazione apparente – sentenza che non abbia dato alcuna risposta alle contestazioni – accertamento induttivo puro
Rilevato che:
Con ricorso alla CTP di Lodi, F.M. (d’ora in avanti anche “il contribuente” o “l’odierno ricorrente”), titolare dell’impresa individuale Pastificio Gastronomia 2000, impugnò l’avviso di accertamento induttivo relativo all’anno d’imposta 2005, chiedendo la rideterminazione del reddito relativo a detta annualità.
Il giudice di primo grado accolse solo in parte le doglianze del contribuente.
Quest’ultimo propose appello avverso la sentenza di primo grado, deducendo che la determinazione dei ricavi era avvenuta in violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2727 c.c.
L’Ufficio, secondo il contribuente, avrebbe ricostruito i ricavi conseguiti nell’anno 2005 non tramite il corretto utilizzo del ragionamento presuntivo, basato su fatti noti idonei a rappresentare, in via logica ed inferenziale, l’esistenza di un fatto ignoto, bensì avvalendosi di dati e fatti solo supposti o comunque assertivamente indicati e inverosimili. Costituitosi in giudizio l’Ufficio, la CTR confermò la sentenza di primo grado.
Contro la sentenza di appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione fondato su due complessi motivi.
L’Agenzia delle Entrate, benché ritualmente evocata in giudizio, è rimasta intimata.
Considerato che:
1. Con il primo motivo, rubricato “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39, d.P.R. n. 600/73 e 2727 ss. c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, 3 e 4 c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.”, il contribuente deduce, in sostanza, che il giudice di secondo grado, con la motivazione della sua sentenza, non si sarebbe confrontato con i motivi di appello con i quali era stata prospettata la apoditticità e la mera assertività dei coefficienti di “resa per kg.” applicati dall’Ufficio per determinare i ricavi che il contribuente avrebbe conseguito nel 2005.
L’Ufficio avrebbe dovuto spiegare nell’avviso di accertamento l’attendibilità del coefficiente di “resa per kg.” applicato nel caso di specie, come prescrive l’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600/73.
Dunque, l’Ufficio avrebbe posto a base dell’avviso di accertamento delle mere congetture, e il giudice di appello non si sarebbe dato cura di affrontare le doglianze del contribuente, che aveva confutato con elementi logici fondati su regole di esperienza la determinazione del reddito cui era pervenuto l’Ufficio.
Il giudice di appello non avrebbe spiegato le ragioni per le quali, a fronte di precise contestazioni del contribuente sia con riferimento ai ricavi determinati in relazione alla vendita di primi piatti, sia in relazione ai ricavi determinati in relazione alla vendita dei secondi piatti, ha prestato fede ai dati assunti dall’Ufficio a base dei suoi calcoli.
2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., con riferimento alla determinazione dei ricavi da vendita di beni ammortizzabili”, il contribuente si lamenta del fatto che, a fronte delle sue contestazioni avverso i criteri e gli esiti della determinazione, fatta dall’Ufficio, dei ricavi da lui conseguiti dalla vendita, nel 2005, dei beni ammortizzabili strumentali all’esercizio dell’impresa, la CTR non avrebbe speso alcuna argomentazione, pervenendo senza motivazione alla sostanziale conferma dell’avviso di accertamento, nei limiti del minore importo riconosciuto nella sentenza di primo grado.
3. I due motivi di ricorso si presentano strettamente connessi e, come tali, possono essere esaminati e decisi congiuntamente.
3.1 Essi sono fondati.
In sostanza, il contribuente si duole del fatto che la sentenza impugnata non abbia dato alcuna risposta alle contestazioni da lui mosse avverso la apoditticità e la incongruità degli elementi di fatto posti dall’Ufficio a fondamento della determinazione del reddito d’impresa contenuta nell’avviso di accertamento, trincerandosi dietro una motivazione meramente apparente (Cass., sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061 – 01).
In particolare, il contribuente ha dato atto di aver contrapposto, nel giudizio di merito, argomentazioni specifiche contro i presupposti di fatto dell’avviso di accertamento, senza che la CTR le abbia prese in considerazione.
La sentenza impugnata, infatti, parla di “discontinuità logico- concettuale” che affliggerebbe “parzialmente la difesa del contribuente”, che “non ha contestato chiaramente e puntualmente quanto ipotizzato dall’Ufficio operante…”.
Non è dato comprendere, tuttavia, in cosa consisterebbe la dichiarata discontinuità logico-concettuale della difesa, né il motivo per il quale i fatti addotti dall’Ufficio a sostegno dell’avviso di accertamento impugnato in prime cure sarebbero stati contestati in maniera non chiara e non puntuale.
Non si comprende, inoltre, perché la stessa difesa spiegata dal contribuente sarebbe stata considerata, seppur in parte, chiara e puntuale.
La sentenza d’appello è, all’evidenza, corredata di un apparato motivazionale di stile, che non lascia intendere il percorso logico seguito dal giudice di secondo grado per pervenire al rigetto del gravame.
Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Lombardia che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio di appello in esito al quale pronuncerà una sentenza con un apparato motivazionale rispettoso dello “standard” costituzionale (art. 111, comma 6 Cost.), provvedendo anche a regolare le spese del presente grado di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa l’impugnata sentenza e rinvia a diversa sezione della CTR della Lombardia che provvederà altresì a regolare le spese del presente giudizio.
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