CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 16583 depositata il 12 giugno 2023
Lavoro – Licenziamento del dirigente – Giusta causa – Ingiuriosità – Giustificatezza – Lettera addebito tardiva – Indennità supplementare – Tempestività contestazione – Indennità sostitutiva preavviso
Svolgimento del processo
1. M.M. aveva lavorato alle dipendenze della B.C. come direttore generale dal 14/06/2010 al 03/05/2016, data in cui era stato licenziato per ragioni disciplinari. In data 04/04/2016 e poi in data 20/04/2016 aveva ricevuto contestazioni disciplinari, la seconda delle quali avente ad oggetto fatti avvenuti un anno prima.
2. Impugnato il licenziamento, anche perché ritenuto ingiurioso, il M. aveva chiesto al Tribunale di Lodi l’accertamento dell’insussistenza della giusta causa di recesso, la condanna della banca al pagamento dell’indennità supplementare nella misura massima prevista dal ccnl, ossia di 22 mensilità, sulla base di una retribuzione-parametro mensile di euro 35.077,00, nonché al pagamento di differenze di indennità sostitutiva del preavviso derivanti dalla diversa retribuzione-parametro, al pagamento di premio incentivante e premio annuale, ed infine al risarcimento di tutti i danni professionali, patrimoniali e non patrimoniali, causati dall’ingiuriosità del licenziamento.
3. Il Tribunale riteneva insussistente la giusta causa, ma sussistente la giustificatezza del licenziamento; quindi rigettava tutte le domande, ad eccezione di quella relativa all’indennità sostitutiva del preavviso, nonché al premio incentivante e al premio annuale.
4. La Corte d’Appello milanese, in parziale accoglimento del gravame del M. ed in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava la Banca a pagare al M. la somma di euro 22.192,71 a titolo di differenze di indennità sostitutiva del preavviso, dichiarava il licenziamento privo di giustificatezza e condannava altresì la banca a pagare l’indennità supplementare liquidata in misura pari a 15 mensilità, ossia ad euro 515.960,00 oltre accessori e metà delle spese dei due gradi di giudizio.
Per quanto ancora rileva in questo grado, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
a) il Tribunale ha già dichiarato che i fatti addebitati al M. non integrano una giusta causa di licenziamento e sul punto non vi è stato gravame;
b) la nozione di giustificatezza del licenziamento di dirigente non coincide con quella di giustificato motivo e si traduce nell’assenza di arbitrarietà e di pretestuosità, o, per converso, nella ragionevolezza del provvedimento datoriale, secondo una valutazione globale che ne escluda appunto l’arbitrarietà;
c) di conseguenza è ingiustificato il recesso non sorretto da alcun motivo e quindi meramente arbitrario, oppure da un motivo che si riveli pretestuoso e quindi non corrispondente alla realtà, così che la sua ragione debba essere rinvenuta unicamente nell’intento di liberarsi della persona del dirigente;
d) nel caso in esame la pretestuosità del licenziamento emerge da una valutazione globale della complessiva vicenda;
e) in primo luogo la lettera di addebito aggiuntiva del 20/04/2016 è certamente tardiva, in quanto i fatti ivi addebitati risalgono a febbraio/marzo 2015 e all’autunno dello stesso anno, né la banca ha allegato di averli conosciuti solo dopo la prima lettera di contestazione disciplinare del 04/04/2016; del tutto irrilevanti sono gli ulteriori fatti eccepiti in sede di costituzione in giudizio;
f) in secondo luogo è pacifico – ed emerge anche dalla lettera del 04/04/2016 – che la decisione di porre fine al rapporto di lavoro fu adottata al termine della riunione del CdA del 22/03/2016, quindi ben prima della stesura della lettera, come dimostrato dalla circostanza – pacifica – della consegna dei beni aziendali e della disattivazione della SIM del telefono aziendale, come pure della notizia pervenuta alla stampa locale circa la decisione della banca di risolvere il rapporto di lavoro;
g) inoltre, dei due comportamenti oggetto della lettera di addebito del 04/04/2016, il primo – ossia l’organizzazione della cerimonia di inaugurazione della sede di Lodi con modalità che non rispettavano il desiderio del Presidente del CdA di ospitare il Presidente del Consiglio in carica (On.le M.R.) – in assenza di qualunque prova di simile eventualità, che infatti non si è realizzata, è di tale limitata rilevanza disciplinare da risultare, appunto, pretestuoso;
h) il secondo comportamento è quello che sarebbe stato tenuto dal M. quando aveva appreso dal consigliere L. che la banca aveva deciso di allontanarlo ed è, quindi, del pari irrilevante perché tenuto quando ormai il rapporto di lavoro si era ormai esaurito;
i) pertanto al M. spetta l’indennità supplementare;
j) parzialmente fondata è pure la doglianza relativa all’errata determinazione della retribuzione base di calcolo per la quantificazione dell’indennità sostitutiva del preavviso; la Corte territoriale, in mancanza di specifica indicazione dei criteri di calcolo offerti da entrambe le parti circa la determinazione della retribuzione-parametro, da ciascuna indicata in somme diverse, ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio di tipo contabile, all’esito della quale è risultata una retribuzione mensile (comprensiva del controvalore dell’uso dell’autovettura aziendale, unico benefit di cui vi è prova) di euro 34.397,34, ivi compreso il rateo di 13^ mensilità e considerando la media delle retribuzioni variabili pacificamente percepite negli ultimi tre anni;
k) la domanda risarcitoria va rigettata, poiché il fatto che il presidente della banca abbia comunicato al M. la risoluzione del rapporto di lavoro in un momento antecedente alla contestazione disciplinare non vale a rendere ingiurioso il licenziamento, né fatto idoneo a provocare un danno sul piano della ricollocazione professionale, in assenza di ulteriori specifiche allegazioni;
l) ogni altra questione è assorbita.
6. Propone ricorso per cassazione la Banca, affidato a sette motivi.
7. Resiste con controricorso il M., che propone a sua volta ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
8. Al ricorso incidentale resiste a sua volta la Banca con controricorso.
9. Il P.G. ha rassegnato conclusioni scritte mediante memoria.
10. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. Va premesso che il Tribunale ha valutato come “unico” fatto disciplinarmente rilevante quello relativo all’inaugurazione della nuova sede. Il Tribunale ha dunque concentrato la sua valutazione su quell’unico addebito, evidenziando che gli altri fatti erano stati tardivamente contestati oppure non erano stati posti a fondamento del licenziamento, perché la banca aveva accolto le giustificazioni del dirigente.
Tanto viene ricordato dalla stessa banca a pag. 6 del suo ricorso per cassazione.
Su questo capo l’istituto di credito non propose appello, sicché sul punto si è formato il giudicato interno: l’unico fatto disciplinarmente valutabile in giudizio resta quello relativo all’inaugurazione della nuova sede.
Dunque sono inammissibili tutte le deduzioni svolte dalla ricorrente principale in relazione a quei fatti oggetto della successiva contestazione “integrativa” del 20/04/2016.
Nondimeno, ai fini della “giustificatezza” del licenziamento il Tribunale aveva ritenuto che ben potessero rilevare anche i fatti oggetto della contestazione del 20/04/2016, che, a prescindere dalla sua illegittimità perché tardiva, comunque dimostravano la sussistenza di una situazione di contrasto tra il M. ed il CdA della banca, tale da escludere la pretestuosità del licenziamento. Da ciò infatti il Tribunale inferì che il licenziamento fosse assistito da “giustificatezza”, con conseguente esclusione del diritto del M. all’indennità supplementare. Tale capo non venne appellato dalla banca per l’ovvia ragione che il risultato era stato ad essa favorevole (esclusione del diritto del dirigente all’indennità supplementare).
In senso contrario, la Corte d’appello ha valutato la tardività della contestazione di quei fatti come uno degli indizi della pretestuosità del licenziamento. Sotto questo profilo allora le deduzioni della ricorrente – in quanto volte a censurare quella valutazione – sono ammissibili.
2. Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. la ricorrente lamenta la nullità del procedimento per mancanza parziale di motivazione ex art. 132, co. 2, n. 4 c.p.c.
Si duole inoltre di quella parte della motivazione, in cui la Corte territoriale assume come premessa del ragionamento il fatto che, per dimostrare l’addebito, la banca avrebbe dovuto provare di essere davvero in grado di assicurarsi la presenza del Presidente del Consiglio all’inaugurazione della nuova sede.
Si duole, ancora, del fatto che le direttive del CdA al riguardo sono state dalla Corte territoriale considerate come meri “desideri” piuttosto che indicazioni vincolanti per il direttore generale.
Lamenta, infine, uno stravolgimento del criterio della “valutazione globale”, a suo dire indicata in varie pronunzie di legittimità come da effettuare per escludere l’arbitrarietà e non – come invece compiuto dalla Corte territoriale – per affermarla.
Il motivo è infondato.
Secondo questa Corte, il vizio di “motivazione insussistente” oppure di “motivazione apparente”, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendo essere lasciato all’interprete il compito di integrarla con le più varie ed ipotetiche congetture (Cass. ord. n. 6758/2022; Cass. n. 13977/2019). Dunque il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. ord. n. 3819/2020).
Chiari indizi di motivazione apparente sono anche l’irriducibile contraddittorietà interna o intrinseca (Cass. sez. un. n. 42090/2021) o la mancanza di qualunque logica inferenziale (Cass. ord. n. 23136/2020), rivelatrice di una manifesta incoerenza fra premesse poste e conclusioni raggiunte (Cass. ord. n. 15068/2021).
Nessuna di tali fattispecie ricorre nella sentenza impugnata.
Nella motivazione la Corte territoriale dà precipuo significato ad una pluralità di elementi, ritenuti univocamente indiziari della pretestuosità del recesso della banca, ravvisata all’esito di una valutazione di merito non implausibile.
Trattasi di un convincimento dei Giudici di merito che, in quanto di fatto, si sottrae al sindacato di questa Corte di legittimità se, come nella specie, adeguatamente motivato.
Con riguardo, infine, al criterio della “valutazione globale”, contrariamente all’assunto della ricorrente esso vale in senso omnicomprensivo, ossia è un metodo che deve guidare il giudice di merito nella valutazione dei fatti a lui sottoposti, al fine di accertare se il licenziamento di un dirigente sia o no assistito da giustificatezza. Ne consegue, sul piano logico prima che giuridico, che tale metodo può portare sia ad escludere sia ad affermare la pretestuosità o l’arbitrarietà del licenziamento del dirigente (Cass. n. 17689/2022; Cass. n. 15749/2002).
3. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, nel mettere in dubbio la serietà della promessa fatta dal Presidente del Consiglio al presidente della banca di presenziare all’inaugurazione della nuova sede, ha omesso di considerare che il M., nelle sue giustificazioni, aveva invece dedotto ed ammesso che le inaugurazioni sarebbero state due, la prima organizzata da lui con il concerto di V. e la seconda organizzata dal CdA in presenza del Presidente del Consiglio.
Il motivo è inammissibile perché non “decisivo” ai fini della diversa valutazione di pretestuosità operata dalla Corte territoriale sulla base di altri molteplici elementi sopra riportati.
4. Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, che è stato oggetto di discussione fra le parti, ossia che il M. aveva apertamente ammesso nel ricorso di primo grado (pp. 2, 24, 25) e nel ricorso d’appello (p. 16) l’esistenza di contrasti con l’organo amministrativo della banca.
Anche questo motivo è inammissibile perché il fatto non è “decisivo”, in quanto la Corte territoriale ha fondato il proprio convincimento sulla base di altri molteplici elementi, sopra riportati, ritenuti indiziari della pretestuosità del recesso datoriale.
5. Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2104, co. 2, c.c., 53 e 54 ccnl, 1, 3 e 10 L. n. 604/1966.
In particolare si duole della valutazione della tardività dei fatti addebitati con lettera del 20/04/2016 come prova della pretestuosità. Assume, invece, che quei fatti erano stati accertati dalla Banca d’Italia nel corso dell’ispezione, che si era conclusa con la relazione del 26/02/2016, ed erano stati considerati esattamente rilevanti dal Tribunale ai fini della giustificatezza del licenziamento.
Il motivo è inammissibile.
Nel rapporto di lavoro subordinato, uno dei principi generali del procedimento disciplinare è quello della tempestività della contestazione.
Come accertato dal Tribunale – e non censurato in appello né contestato in questo grado dalla banca, che anzi ha riportato passi della motivazione della decisione di primo grado in senso adesivo (v. ricorso per cassazione, pag. 16) – quei fatti contestati con lettera del 20/04/2016 erano certamente noti alla banca almeno al termine dell’ispezione conclusa a dicembre 2015. E ciononostante la banca decise di non risolvere il rapporto di lavoro con il M..
Questo comportamento – così come accertato in fatto nei precedenti gradi di merito – esclude la rilevanza disciplinare di quei fatti, in quanto solo questo è l’univoco significato da attribuire a quel comportamento, evidentemente espressivo di determinate valutazioni che la banca operò nei confronti del proprio direttore generale.
A ciò si aggiunga che la ricorrente non collega le sue censure alle plurime violazioni di norme di diritto con cui ha formulato il motivo: non spiega, cioè, perché mai questa valutazione della Corte territoriale avrebbe violato le norme sopra invocate. Ne consegue l’inammissibilità del motivo.
6. Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c., per mancanza parziale di motivazione con riferimento al numero di mensilità riconosciute a titolo di indennità supplementare.
Il motivo è da accogliere, perché nella sentenza impugnata manca effettivamente l’esplicitazione delle ragioni che hanno condotto la Corte territoriale a liquidare l’indennità supplementare in 15 mensilità.
7. Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. la ricorrente principale lamenta la violazione dell’art. 60 ccnl dirigenti delle banche di credito cooperativo e degli artt. 432 e 437 c.p.c. per non aver dato congrua motivazione del percorso logico seguito per pervenire alla quantificazione della retribuzione-parametro da utilizzare ai fini della quantificazione dell’indennità sostitutiva del preavviso.
Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
In primo luogo, come ammette la stessa ricorrente principale, l’art. 60 ccnl tace circa il metodo di calcolo da seguire per determinare la retribuzione mensile da porre a fondamento del calcolo dell’indennità sostitutiva del preavviso (v. ricorso per cassazione, p. 27). Dunque la clausola contrattual-collettiva non contiene alcuna prescrizione suscettibile di essere “violata”. Sotto questo profilo, dunque, il motivo è inammissibile per la sua inconfigurabilità logico-giuridica.
Il motivo è poi infondato, laddove la Corte territoriale – contrariamente all’assunto della ricorrente – ha spiegato le ragioni della disposta consulenza tecnica d’ufficio, di cui ha condiviso metodo e risultato dell’accertamento contabile. Quindi il denunciato vizio di motivazione “incongrua” è inesistente.
8. Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione” degli artt. 112 c.p.c., 1362 c.c., 60 ccnl cit., per avere la Corte territoriale avallato le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nonostante l’inadeguatezza dell’elaborato peritale per non aver l’ausiliario risposto ai rilievi critici mossi dal consulente di parte.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità: non è spiegata l’asserita violazione né del primo dei canoni di ermeneutica negoziale (art. 1362 c.c.), né della clausola contrattual-collettiva, che – come sopra visto – in realtà non contiene alcuna prescrizione sulla retribuzione-parametro utile ai fini del calcolo dell’indennità sostitutiva del preavviso e, quindi, per definizione non si presta ad essere “violata”.
Il motivo è altresì inammissibile perché il ricorrente avrebbe dovuto eccepire la nullità della consulenza tecnica d’ufficio nella prima difesa utile, restando altrimenti integrata la c.d. sanatoria, trattandosi di una nullità c.d. relativa ex art. 157 c.p.c. (Cass. ord. n. 17916/2022; Cass. sez. un. n. 3086/2022).
Altrimenti, nel motivo il ricorrente avrebbe dovuto specificare in quale atto processuale aveva eccepito la mancata risposta del consulente tecnico d’ufficio ai rilievi del c.t.p. Invece tale onere non è stato adempiuto. Ne consegue altresì l’inammissibilità del motivo per difetto di specificità anche sotto questo ulteriore profilo.
9. Passando all’esame del ricorso incidentale, con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. in via condizionata all’eventuale accoglimento del quinto motivo del ricorso principale (condizione che si è verificata), il ricorrente incidentale lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti.
In particolare egli si duole che la Corte territoriale, ai fini della quantificazione dell’indennità supplementare, non abbia tenuto conto del profilo dell’anzianità di servizio ed inoltre del contesto e delle modalità con cui era stato intimato il licenziamento, infine, del suo carattere ingiurioso.
Il motivo è in parte da accogliere – correlativamente all’accoglimento del quinto motivo di ricorso principale – ma limitatamente ai profili dell’anzianità di servizio e del contesto in cui è maturato il licenziamento, esclusa invece ogni rilevanza delle modalità con cui è stato intimato il licenziamento e del suo asserito carattere ingiurioso, escluso dalla Corte territoriale con statuizione non efficacemente censurata con il ricorso incidentale (v. infra).
10. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. il ricorrente incidentale lamenta l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti. In particolare egli addebita alla Corte territoriale l’omesso esame di tutti quegli elementi – ulteriori rispetto alla comunicazione della risoluzione del rapporto di lavoro da parte del presidente della banca in un momento antecedente rispetto alla contestazione disciplinare – da lui allegati come produttivi di danno, quali l’improvviso esautoramento da qualifica, mansioni e responsabilità e poteri di direttore generale, nonché la gogna mediatica cui la banca lo aveva esposto con la pubblicazione della notizia del suo allontanamento sui quotidiani locali.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia escluso il carattere ingiurioso del licenziamento a causa dell’omessa considerazione di tutti quei fatti addotti nel ricorso introduttivo e in quello d’appello.
I due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, non possono trovare accoglimento.
In primo luogo il M. non ha allegato quali sarebbero state le chances che avrebbe goduto durante il periodo di preavviso e che invece avrebbe irrimediabilmente perduto, e quindi i fatti dei quali la Corte territoriale avrebbe omesso l’esame e la valutazione, né ha specificato quali sarebbero stati i danni alla sua professionalità, nonché i danni patrimoniali e non patrimoniali patiti e solo genericamente rivendicati.
Alla luce di tali rilievi, il fatto dedotto dal M. (ossia l’improvviso esautoramento di funzioni, ruolo e poteri), se pure fosse stato oggetto di valutazione da parte della Corte territoriale, non avrebbe comportato un esito decisorio diverso. Dunque si tratta di un fatto privo del requisito di “decisività”, invece richiesto dall’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c.
Quanto poi alla dedotta “gogna mediatica”, dall’accertamento in fatto compiuto dai Giudici di merito risulta che il ricorrente ha documentato solo stralci di articoli giornalistici, nei quali si dà notizia dell’esonero dell’incarico del direttore generale della banca. Si tratta di periodici locali, per i quali, dunque, quella notizia aveva tutti i requisiti per essere oggetto di cronaca lecita, rilevante non solo per il pubblico indifferenziato dei lettori, ma altresì per i clienti (correntisti, risparmiatori etc.) della banca. D’altronde i fatti narrati (“incompatibilità ambientale”, “diversità di vedute”) rappresentano ciò che tipicamente accade quanto cessa il rapporto di lavoro fra una banca e il suo direttore generale.
Anche a questo riguardo, quindi, sarebbe stato onere del M. allegare (e dimostrare: Cass. n. 5730/2014) da un lato un quid pluris, ossia specifici fatti ulteriori dotati di idoneità diffamatoria o comunque lesivi della dignità del dirigente (ex multis Cass. n. 23686/2015) e, dall’altro, eventi dannosi per la sua immagine professionale e/o per la sua reputazione causalmente ricollegabili a tali fatti ulteriori. La mancata specificazione di questi due aspetti rende il motivo altresì privo di specificità e, quindi, inammissibile.
P.Q.M.
Accoglie il quinto motivo del ricorso principale e, per quanto di ragione, il primo di quello incidentale; rigetta nel resto il ricorso principale e quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
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