Corte di Cassazione, ordinanza n. 20082 depositata il 13 luglio 2023
principio del chiesto e del pronunciato – violazione art. 112 c.p.c.
Rilevato che:
– il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento per iva, irpef e irap relativi all’anno d’imposta 2005 notificatigli dall’Amministrazione finanziaria a seguito di verifica della Guardia di finanza per l’attività di noleggio e vendita di apparecchi audiovisivi;
– il giudice di primo grado rigettava i ricorsi riuniti; appellava S.S.;
– con la pronuncia gravata la CTR del Lazio ha ritenuto fondata l’impugnazione del contribuente poiché l’avviso di accertamento notificato a seguito del processo verbale della Guardia di finanza erroneamente imputava al contribuente la mancata istituzione/tenuta delle scritture contabili che viceversa nel verbale di verifica era rilevato esser state tenute correttamente; inoltre, l’atto impugnato non spiegava l’iter logico giuridico seguito per prevenire l’applicazione di un ricarico pari al 172% che in quanto così elevato doveva essere oggetto di motivazione analitica; ancora, nell’atto impugnato non erano indicate le specifiche circostanze in forza delle quali erano determinate le percentuali di ricarico applicate dall’ufficio;
– ricorre a questa Corte l’Agenzia delle entrate con atto affidato a due motivi di ricorso; il contribuente è rimasto intimato;
Considerato che:
– il primo motivo di impugnazione dedotto dall’Agenzia delle entrate si incentra sulla nullità della sentenza del procedimento per violazione falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c. per avere il giudice del merito dapprima completamente equivocato la consistenza degli accertamenti impugnati, quindi il contenuto dell’impugnazione del contribuente sia in primo che in secondo grado, in ultimo le difese dell’Agenzia delle entrate pervenendo in tal modo a una decisione complessivamente resa in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
– il secondo motivo censura al medesimo vizio della pronuncia impugnata qualificandolo come omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, quale violazione ex 360 c. 1 n. 5 c.p.c., avendo la Commissione tributaria regionale del Lazio deciso su circostanze e presupposti (fattuali e giuridici) completamente diversi da quelli effettivamente oggetto della sentenza;
– i motivi in parola possono esaminarsi congiuntamente in quanto costituiscono la frammentazione di una medesima censura; gli stessi si rivelano fondati;
– invero, dalla trascrizione degli avvisi di accertamento oggetto del giudizio diligentemente operata alle pagine 7 e 8 del ricorso per cassazione si evince con chiarezza come tra le contestazioni formulate nei confronti del contribuente vi era quella relativa alla mancata istituzione/tenuta delle scritture contabili, oltre a quella relativa alla percezione di redditi assoggettati a ritenute d’acconto e alla ulteriore contestazione consistente nella mancata presentazione delle dichiarazioni dal 1999 al 2003 pur in presenza di redditi percepiti;
– a fronte della deduzione di tali circostanze di fatto, legittimanti senza dubbio l’utilizzo da parte dell’Ufficio all’accertamento induttivo ex 39 comma 2 del d.P.R. n. 600 del 1973, come ancora si evince dalla trascrizione dei ricorsi di fronte al giudice di primo grado operata alle pagine 9 sino a pag. 13 nel ricorso per Cassazione, il contribuente ha contestato in sostanza profili di illegittimità degli atti impugnati ben diversi dal vizio motivazionale; invece, proprio il vizio motivazionale la CTR ha rilevato sussistente, con ciò evidentemente esondando dal perimetro al quale la sua decisione doveva collocarsi con riferimento a quanto dedotto e provato dalle parti in causa;
– tale circostanza si evince chiaramente dalla parte centrale della motivazione della sentenza impugnata nella quale si fa riferimento al fatto che la sentenza di primo grado, secondo la pronuncia impugnata in modo erroneo, “richiama altresì una documentazione esposta dalla parte in sede di verifica senza specificarne minimamente il contenuto”; e ancora, analoga fuoriuscita dai binari del thema decidendum e del thema probandum manifesta la CTR nello scrivere che “quanto al merito l’impugnata sentenza ha ritenuto erroneamente motivato l’avviso di accertamento che aveva recepito non correttamente il processo verbale della Guardia di finanza laddove l’avviso stesso aveva imputato al contribuente mancata istituzione e tenuta delle scritture contabili ciò che, viceversa, risulta essere stato riportato nel verbale di verifica tenute correttamente. in buona sostanza, l’avviso di accertamento non spiega l’iter logico seguito per pervenire all’applicazione di un ricarico pari al 172% che, ovviamente, essendo così elevato avrebbe dovuto comportare una motivazione analitica”;
– come è noto, (Cass. 3, Ordinanza n. 906 del 17/01/2018) la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure (come avviene nella fattispecie che ci occupa) ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda;
– ancora, si è precisato come i motivi di opposizione al provvedimento impositivo si configurano come vere e proprie causae petendi della correlata domanda di annullamento, con la conseguenza che incorre nel vizio di extra o ultra-petizione il giudice adito che fondi la propria decisione su motivi non dedotti o – il che è lo stesso – dedotti sotto profili diversi da quelli che costituiscono la ratio decidendi (Cass. n. 8387 del 1996; si vedano altresì, ex multis, Cass. n. 9087 del 2006, n. 6891 del 2005, n. 3980 del 2004)”;
– alla luce di quanto sopra, è chiaro come la diversa ragione di illegittimità degli avvisi impugnati ritenuta sussistente dalla sentenza di appello (il difetto di motivazione) non fosse stata dedotta negli atti introduttivi del giudizio, pur essendo la circostanza, eventualmente configurabile come motivo di nullità dell’atto, evidentemente nota al contribuente;
– conseguentemente, in accoglimento del ricorso, la sentenza è cassata con rinvio al giudice dell’appello per nuovo esame del merito della controversia alla luce dei principi sopra illustrati;
p.q.m.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di Legittimità.
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