Corte di Cassazione ordinanza n. 21109 del 4 luglio 2022
imposta di registro – sentenza – decreto ingiuntivo – transazione
RITENUTO CHE
- la GLDA (d’ora in poi la contribuente) impugnava la sentenza 1923 del 2015 emessa dalla CTR del Veneto che, confermando la pronuncia di primo grado, respingeva l’impugnazione avverso un avviso di liquidazione relativo ad un’imposta di registro dell’importo di€ 650.025,45;
- con il citato avviso di liquidazione l’Agenzia delle Entrate tassava il decreto ingiuntivo n. 970/2011, munito di formula esecutiva, emesso dal Tribunale di Treviso con cui la contribuente, odierna ricorrente, aveva ingiunto alla U. s.p.a. il pagamento di € 16.250.000,00 per un negozio che aveva ad oggetto una diversa regolamentazione di un debito pregresso;
- nel corso del giudizio di opposizione, le parti conciliavano la lite;
- la CTP di Milano, adita dalla contribuente, aveva accolto parzialmente il ricorso dichiarando non dovuta l’imposta di registro relativa al decreto ingiuntivo, confermando per il resto quanto dovuto per l’imposta relativa all’atto enunciato;
- la C.T.R. della Lombardia respingeva l’appello proposto dalla contribuente sulla base delle seguenti ragioni: a) l’atto con cui le parti hanno definito la lite nel corso del giudizio ha natura negoziale, essendo in esso previste reciproche concessioni vertenti su una differente regolamentazione delle scadenze di debiti pregressi; tale negozio costituisce una transazione del tutto autonoma e indipendente dal decreto ingiuntivo i cui effetti sono venuti meno;
- corretta è la tassazione dell’atto cd enunciato, in quanto, la conciliazione raggiunta tra le parti rientra nel novero degli atti soggetti a tassazione;
- la contribuente ha proposto un unico motivo di impugnazione e deposita memoria, l’Agenzia delle Entrate si è costituita con
CONSIDERATO CHE
1. Con l’unico motivo di ricorso la contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, 3 c.p.c., la violazione degli artt. 37 e 22 del d.p.r. n. 131 del 1986; in proposito, evidenzia che: la conciliazione avvenuta in data precedente alla notifica dell’avviso di liquidazione ha determinato la completa estinzione degli effetti giuridici del decreto ingiuntivo, atto enunciante, travolgendo quanto in esso enunciato; è inapplicabile, pertanto, l’art. 22 per assenza del suo presupposto impositivo.
2. Il motivo è fondato. In tema di imposta di registro su atti giudiziari, il contenuto minimo dell’avviso di liquidazione consiste nell’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del decreto ingiuntivo o, comunque, del titolo dell’atto per il quale viene richiesta l’imposta.
Nel caso di specie, il testo dell’avviso di liquidazione non è stato riportato dalla contribuente nel ricorso, ma è incontestato tra le parti e risulta così anche nella sentenza impugnata che esso è fondato sul decreto ingiuntivo sopra richiamato (pag. 1 della motivazione). L’avviso è stato notificato il 14 gennaio 2013.
Risulta, tuttavia, accertato in sede di merito che le parti hanno conciliato la lite nel corso del giudizio di opposizione, all’udienza del 28 giugno 2012.
L’avviso di liquidazione non risulta, dunque, fondato sulla conciliazione, avvenuta in data antecedente alla sua notifica; infatti, il titolo per il quale è stata liquidata l’imposta, contenuto nell’atto impugnato, è superato dalla conciliazione giudiziale, pacificamente intercorsa tra le parti molto prima della notifica del citato avviso di liquidazione.
2.1 Con specifico riferimento alla natura e al contenuto dell’atto di conciliazione, la CTR ha affermato che si tratta di un negozio, avente ad oggetto reciproche concessioni “vertenti su un differente ‘scadenzario’ dei debiti pregressi che erano oggetto di una nuova regolamentazione contrattuale”; lo ha, dunque, qualificato “come una vera e propria transazione che appare del tutto indipendente ed autonoma dal decreto ingiuntivo i cui effetti poi sono venuti meno”.
Presupposto indispensabile, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, è che venga esattamente indicato l’atto oggetto di imposizione. L’imposta di registro è, infatti, volta a colpire, non il trasferimento sostanziale di ricchezza, ma l’atto in funzione degli effetti giuridici ed economici che è destinato a produrre (Cass. n. 14649 del 2005). Per tale motivo normalmente si sostiene che si tratti di imposta d’atto. Nel caso in esame l’avviso è fondato sul decreto ingiuntivo e difetta l’indicazione della transazione giudiziale intercorsa tra le parti che ha caducato l’efficacia del decreto di ingiunzione. Nel difetto dell’esistenza del presupposto impositivo, consistente nell’esatta indicazione dell’atto negoziale intercorso tra le parti, l’atto impugnato deve essere annullato.
2.2 La sentenza impugnata, riconoscendo l’avvenuta conciliazione e affermando che essa rientra nel novero di quelli tassabili ha, operato, di fatto una sostituzione del titolo posto a base dell’avviso di liquidazione.
3. Non si ritiene che possa trovare applicazione nel caso di specie l’art. 22 del p.r. n. 131 del 1986, secondo cui: “Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate“. Ritiene, infatti, il collegio che l’imposta sull’atto enunciato si applichi solo se l’atto non registrato è posto a fondamento dell’atto enunciante.
3.1 Giova a questo proposito ricordare quanto osservato dalla Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi sull’illegittimità della disposizione in commento per pretesa violazione dei principi contenuti nella legge delega, lesione del diritto di difesa e pretesa incidenza sul principio della capacità contributiva (sent. n. 7 del 1999). Il Giudice delle Leggi, nel chiarire che la ratio della legge di delegazione è stata proprio quella di eliminare il divieto di allegare o enunciare in giudizio atti non registrati e non già di esentare dall’imposta di registro, né gli atti giudiziari, né quelli in essi enunciati, ha affermato che la tassazione si riferisce non a qualunque generica enunciazione di un atto, in un provvedimento giudiziario, ma alla enunciazione degli atti posti dal giudice alla base della propria decisione. Nel caso di specie, il negozio che ha regolamentato gli accordi tra le parti è la conciliazione giudiziale che ha caducato, non solo, il decreto ingiuntivo, ma anche l’atto in esso enunciato.
E’, inoltre, da escludere che la conciliazione giudiziale abbia recepito integralmente l’atto enunciato. La CTR ha, infatti, chiarito che le parti con la conciliazione hanno concordato reciproche concessioni, hanno diversamente regolamentato la scadenza di pregressi debiti dando vita ad un diverso negozio, indipendente e autonomo rispetto al decreto ingiuntivo caducato. Non è, pertanto, possibile ritenere che l’atto enunciato sia identico alla transazione successivamente intercorsa tra le parti.
4. Da quanto esposto deriva l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio, dovendosi annullare l’atto impugnato.
5. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M
- accoglie il ricorso;
- cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’atto impugnato;
- condanna l’Agenzia delle Entrate a pagare a GLDA le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di € 500,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge.
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