CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 novembre 2021, n. 30976
Tributi – Imposte di registro e ipocatastali – Sentenza dichiarativa di acquisto per usucapione – Sentenza indicata nei suoi soli estremi di emanazione, ma non allegata all’atto – Tassazione – Avviso di liquidazione – Legittimità
Rilevato che
§ 1. L’Agenzia delle entrate propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 8658 del 7.10.2016 con la quale la commissione tributaria regionale della Campania, in riforma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di liquidazione notificato il 23.4.2013 alla E.S. Immobiliare srl in recupero di imposta proporzionale di registro ed ipocatastale sulla sentenza del Tribunale di Salerno, Sezione Distaccata di Amalfi, n. 29/2012; sentenza con la quale il Tribunale aveva dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione, in capo al dante causa della società, della proprietà di un immobile in Praiano.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che, come già affermato dalla Corte di legittimità (Cass. n. 18532/10) l’atto impositivo che facesse riferimento alla tassazione di una sentenza indicata nei suoi soli estremi di emanazione, ma non allegata all’atto stesso, fosse illegittimo per carenza di motivazione ex art. 7 l. 212/00; e ciò indipendentemente dal fatto che il contribuente inciso fosse stato parte del relativo giudizio.
Resiste con controricorso la E.S. Immobiliare srl e deposita memoria;
Con ordinanza 8.4.2021 il Collegio disponeva la trattazione della causa in pubblica udienza, ravvisando la rilevanza nomofilattica delle questioni giuridiche come di seguito poste.
Così fissato all’udienza pubblica del 17 giugno 2021, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8-bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.
Il Procuratore Generale ha chiesto accogliersi il ricorso.
§ 2.1 Con l’unico motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art.360, 1° co. n. 3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 54 d.P.R.131/86, 7 l.212/00 e 41 d.P.R. 600/73.
Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che l’atto impositivo in oggetto:
– non aveva contenuto di vero e proprio accertamento, quanto soltanto di liquidazione dell’imposta proporzionale di registro ed ipo-catastale su una sentenza puntualmente indicata nei suoi estremi (“sentenza civile n. 29/2012 del 10 aprile 2012 emessa dal Tribunale di Amalfi”) e ben nota alla società contribuente, la quale era intervenuta nel giudizio in qualità di conferitaria dell’immobile dedotto prò quota in usucapione;
– si fondava su elementi costitutivi della pretesa noti alla società contribuente (atteso che la base imponibile era stata assunta nell’ importo della perizia di conferimento dell’immobile in società) ed in applicazione di aliquote anch’esse agevolmente conoscibili perché previste per legge.
§ 2.2 II motivo è fondato.
In base alla previsione generale di cui all’articolo 7 legge 212/00, l’atto dell’amministrazione finanziaria deve essere motivato alla stregua dei provvedimenti amministrativi, ex articolo 3 legge 241/90, indicando “I presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama“.
Con specifico riferimento all’imposta di registro, viene stabilito (con riguardo alla tassazione di atti traslativi di beni immobili o aziende, ma in ragione di una regola di più ampia portata) che l’atto deve “indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato”, aggiungendosi che “se la motivazione fa riferimento ad un altro atto non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale” (art. 52 co. 2 bis d.P.R. 131/86, come introdotto dall’art.4 d.lgs.32/01).
Nell’adattare queste prescrizioni alla liquidazione dell’imposta di registro sugli atti giudiziari ex art.37 d.P.R.131/86, questa corte di legittimità ha recentemente stabilito – con ciò raggiungendo un condivisibile punto di equilibrio, in chiave di effettività della tutela del contribuente, tra precedenti orientamenti interpretativi non del tutto univoci – che: “in tema di imposta di registro, l’avviso di liquidazione emesso ex art. 54, comma 5, del d.P.R. n. 131 del 1986 in relazione ad un atto giudiziario deve contenere l’indicazione dell’imponibile, l’aliquota applicata e l’imposta liquidata, ma non deve necessariamente recare, in allegato, la sentenza o il suo contenuto essenziale, rispondendo l’obbligo di motivazione di cui all’art. 7 St. contr. all’esigenza di garantire il pieno ed immediato esercizio delle facoltà difensive del contribuente, senza costringerlo ad attività di ricerca, e non riguardando perciò atti o documenti da lui conosciuti o conoscibili, sempre che il contenuto delle informazioni fornite garantisca la conoscenza dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa fiscale e si tratti di informazioni facilmente intellegibili” (Cass. n. 239/21).
Nello stesso senso si è espressa Cass. n. 15895/21 la quale, nel ripercorrere anch’essa le diverse opzioni interpretative, ha individuato nell’autosufficienza (indipendentemente dalla materiale allegazione dell’atto giudiziario) il criterio discretivo fondamentale della adeguatezza motivazionale dell’avviso di liquidazione.
Tra la tesi della necessaria ed “esimente” allegazione all’avviso dell’atto giudiziario tassato (v. Cass. nn. 18532/10; 12468/15; 29402/17) e quella, opposta, della non necessità in ragione del fatto che il contribuente, in quanto parte del processo, sempre conosce o è comunque in grado di conoscerne l’esito e gli effetti anche fiscali (Cass. nn. 24098/14; 21713/20; 9344/21), si è addivenuti ad una soluzione intermedia che respinge l’assolutezza di entrambe, ed i cui passaggi argomentativi fondamentali possono così individuarsi:
– la natura di “imposta d’atto” attribuibile al registro (ancora da ultimo ribadita anche dal giudice delle leggi; v. C. Cost. nn. 158/20 e 39/21) rileva pure nell’ipotesi di liquidazione dell’imposta dovuta sugli atti giudiziari e, in particolare, sulle sentenze, nel qual caso per stabilire i presupposti e i criteri della tassazione (tanto ai fini della base imponibile ex art.43, 4^ co., d.P.R.131/86, quanto ai fini dell’aliquota applicabile ex art.8 Tariffa, Prima Parte, all. al d.P.R. cit.) occorre fare riferimento al contenuto ed agli effetti che emergono dalla sentenza stessa, senza possibilità di utilizzare elementi ad essa estranei né di ricercare contenuti diversi da quelli su cui si sia formato (se si è formato) il giudicato (Cass. nn. 12013/20; 19247/2012; 23243/06);
– è indifferente, ai fini qui considerati, che gli elementi da porre a base della liquidazione dell’imposta di registro siano desumibili direttamente dalla motivazione dell’atto impositivo, ovvero indirettamente dal contenuto di un diverso atto da questo richiamato (seppure ad esso non allegato) allorché si tratti di un atto conosciuto o comunque agevolmente conoscibile dal contribuente; ciò perché l’obbligo di motivazione non può essere inteso in senso formalistico e va anch’esso reso coerente con il principio di collaborazione e buona fede nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente (art. 10, co. 1^, l. 212/00), in modo tale che “l’obbligo per l’amministrazione finanziaria di comunicare, in allegato all’avviso di liquidazione, un atto già noto al contribuente integrerebbe un adempimento superfluo ed ultroneo, che, da un lato, determinerebbe un eccessivo aggravamento degli oneri connessi all’esercizio della potestà impositiva e, dall’altro, non varrebbe a fornire elementi utili e significativi per la tutela del diritto di difesa nei confronti della pretesa tributaria” (Cass. n. 21713/2020 cit.);
– non è neppur detto, per contro, che l’obbligo motivazionale sia sempre e comunque soddisfatto con la sola allegazione all’avviso di liquidazione dell’atto giudiziario tassato, dovendosi anche in tal caso, ed in attuazione dello scopo pratico ed effettivo della motivazione, verificare caso per caso se il contribuente sia stato con ciò solo posto in condizione di prontamente (al fine di evitare attività di ricerca ed indagine erosive dei tempi liberi di impugnazione) ed esattamente (al fine di ben delimitare petitum e causa petendi dell’eventuale impugnazione) cogliere tutti gli elementi (fattuali, giuridici e matematici) del prelievo, tanto che: “la mera allegazione della sentenza civile può essere talora insufficiente ad integrare il contenuto dell’avviso di liquidazione, come nel caso in cui l’elevato grado di complessità delle statuizioni giudiziali non assicuri un’agevole comprensione in ordine alle modalità di individuazione della base imponibile ed ai criteri di calcolo dell’imposta.” (Cass.n. n. 21713/20 cit.);
– ne segue che, allorquando il contribuente deduca il mancato assolvimento dell’obbligo motivazionale gravante sull’amministrazione finanziaria stante la affermata esistenza di ben specificati elementi di dubbio e di non comprensibilità della pretesa, la valutazione di fondatezza di questa deduzione non si esaurisce nel mero riscontro della formale allegazione all’avviso della sentenza assoggettata all’imposta di registro (trattandosi di atto che, per un verso, si presume conosciuto o comunque conoscibile dal contribuente e che, per altro verso, può essere caratterizzato, sotto il profilo del contenuto informativo che qui interessa, dai più vari ed anche complessi enunciati), richiedendo piuttosto una globale valutazione di sufficienza circa l’indicazione degli elementi essenziali (sia normativi sia applicativi, quali la base imponibile e l’aliquota applicata: Cass. n. 13402/20) sui quali la liquidazione dell’imposta si fonda; e ciò tanto nel caso in cui questi elementi siano immediatamente riportati nell’avviso impugnato, tanto in quello in cui essi siano desumibili dal provvedimento giudiziario richiamato nell’atto impositivo (anche se a quest’ultimo non materialmente annesso), purché in entrambi i casi si tratti di un corredo di informazioni che integri, anche per relationem, una motivazione dell’atto impositivo adeguata secondo i suddetti parametri di sostanza ed effettività (Cass.n. 9344/21);
– nel caso di sentenze o lodi, in particolare, questa valutazione di congruità motivazionale non può prescindere dalla maggiore o minore complessità e varietà tipologica e di effetti delle statuizioni giudiziali tassate in ragione, a titolo meramente esemplificativo, del numero delle parti interessate dal giudizio; del numero, complessità, interdipendenza e connessione dei capi decisori e della loro specifica riferibilità ed inerenza (in caso di pluralità di parti) alla sfera giuridica del contribuente inciso quale parte in senso sostanziale del rapporto racchiuso nel giudizio e dei suoi effetti decisori; della eventuale sussistenza di fenomeni successori nel processo che possano aver determinato la scissione soggettiva tra parte del medesimo e parte del rapporto tributario da esso poi derivato; della più o meno immediata individuabilità in esse degli elementi economici rilevanti per l’imposizione; della presenza di dubbi interpretativi sulla reale portata della statuizione, così come desumibile dall’integrazione di motivazione e dispositivo; della pluralità delle voci tariffarie astrattamente applicabili agli effetti giuridici del decisum ecc…
Deriva quindi da questa impostazione, volta ad ampliare e non a restringere la tutela del contribuente, che il criterio discretivo non passa attraverso la formalità della “allegazione – non allegazione”, vista una varia e sfuggente fenomenologia che può presentare tanto avvisi adeguatamente motivati pur in assenza di allegazione dell’atto giudiziale in esso specificamente indicato, quanto avvisi non adeguatamente motivati pur in presenza di allegazione – bensì attraverso un controllo sostanziale ed effettivo (spettante al giudice di merito perché di natura prettamente fattuale) della concreta congruità motivazionale dell’avviso nella valutazione complessiva ed interdipendente del contenuto suo proprio (livello di specificazione ed identificazione del provvedimento giudiziale tassato, oltre che degli elementi essenziali e dei parametri di liquidazione dell’imposta applicati), degli elementi già noti al contribuente (in quanto parte del processo definitosi con quel provvedimento), del livello di maggiore o minore complessità ed inteilegibilità di tale provvedimento in rapporto alla imposizione.
Riassumendo, in materia di imposta di registro su atti giudiziari definitori di procedimenti nei quali il contribuente sia stato parte, l’avviso di liquidazione può ritenersi adeguatamente motivato anche quando, riportando esso gli estremi identificativi essenziali sia dell’atto giudiziario medesimo (natura del provvedimento, ufficio emanante, estremi di ruolo e pubblicazione) sia dei criteri normativi e matematici di determinazione del dovuto (base imponibile, aliquota tariffaria applicata ed imposta), non alleghi l’atto in sé. Tuttavia, nel caso in cui il contribuente contesti in maniera specifica e circostanziata la sufficienza motivazionale dell’avviso e la comprensibilità della pretesa impositiva rinveniente da quelle sole indicazioni, il giudice di merito deve procedere al vaglio complessivo del livello motivazionale dell’avviso stesso, indipendentemente dalla allegazione o non allegazione ad esso dell’atto giudiziario tassato, anche in relazione agli eventuali elementi di complessità ed equivocità che possano in concreto emergere da quest’ultimo.
§ 2.3 Nel caso di specie, come già ritenuto dalla CTP:
– l’avviso di liquidazione recava l’indicazione degli estremi della sentenza tassata;
– quest’ultima non presentava particolari difficoltà di interpretazione o ricostruzione, risolvendosi nella dichiarazione di usucapione del bene immobile conferito nella società
– l’avviso assumeva quale base imponibile lo stesso valore dell’immobile usucapito così come indicato nel verbale di assemblea straordinaria di
– aumento del capitale sociale della conferitaria E.S. Immobiliare srl, risultando pertanto a quest’ultima ben noto;
– le aliquote applicate, previste per legge, costituivano il rapporto tra la base imponibile e l’imposta liquidata, elementi entrambi noti alla società.
Il ricorso va dunque accolto. Non essendo necessari accertamenti in fatto, sussistono i presupposti ex art.384 cod.proc.civ.per la decisione nel merito, mediante rigetto del ricorso originario.
Il sopravvenuto assetto giurisprudenziale in materia depone per la integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso;
– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della società contribuente;
– spese tutte compensate.
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