Corte di Cassazione ordinanza n. 21920 depositata l’ 11 luglio 2022
giudicato esterno
Rilevato che:
1. L’Agenzia delle entrate di Messina notificava, in data 14/11/2002, a F.O., esercente l’attività di commercio di materiale elettrico, un avviso di accertamento per l’anno 1996, ai sensi dell’art. 41-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; esso traeva origine dalla verifica fiscale della Guardia di finanza per il periodo 01/01/1996-10/03/1999 di cui al processo verbale di contestazione notificato in data 19/05/1999; con l’avviso, l’Ufficio accertava ai fini delle imposte dirette per l’anno 1996 ricavi non dichiarati per £. 297.942.000. L’omessa registrazione di ricavi scaturiva dalla ricostruzione indiretta dei ricavi stessi applicando una percentuale di ricarico medio ponderato pari al 56,8% sul costo del venduto, previa individuazione degli articoli più rappresentativi destinati alla rivendita.
2. F.O. presentava ricorso alla C.t.p. di Messina contestando il difetto di motivazione dell’atto impositivo, una illegittima duplicazione dei ricavi accertati, l’erroneità della percentuale di ricarico applicata, la determinazione di una maggiore percentuale di ricarico solo con riferimento al 1997 applicata, poi, anche agli altri anni sottoposti a verifica giustificandolo col fatto che i prezzi di vendita ed i costi di acquisto non avevano subito oscillazioni.
In questo giudizio si costituiva l’Ufficio tributario.
3. La C.t.p. di Messina accoglieva il ricorso e annullava l’accertamento tributario.
4. Avverso detta sentenza proponeva appello l’Agenzia delle entrate ribadendo la piena legittimità dell’atto impugnato e si costituiva F.O. chiedendo il rigetto dell’appello.
5. La C.t.r. della Sicilia accoglieva parzialmente l’appello dell’Ufficio in punto di spese legali ma sostanzialmente confermava la sentenza del giudice di primo grado.
6. Avverso la sentenza del giudice di appello ha presentato ricorso la Agenzia delle entrate sulla scorta di un solo motivo mentre il contribuente si è costituito con controricorso.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo di ricorso così rubricato: «Violazione dell’art. 2909 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Agenzia delle entrate lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, si è ritenuto che il giudicato formatosi in ordine all’avviso di accertamento inerente l’IVA facesse stato anche nel giudizio de quo, relativo all’Irpef afferente l’anno
2. Il motivo è fondato.
Con reiterati arresti, questa Corte ha affermato che, ai fini dell’accertamento della preclusione derivante dall’esistenza di un giudicato esterno, fondamentale ed imprescindibile risulta, oltre all’identificazione della statuizione contenuta nella precedente decisione, il raffronto della stessa con l’oggetto specifico del processo nell’ambito del quale il giudicato dovrebbe fare stato, e quindi il riscontro dell’esistenza di una relazione giuridica tra i diritti dedotti nei due giudizi: la preclusione dev’essere pertanto esclusa qualora il giudizio abbia ad oggetto un rapporto giuridico diverso da quello deciso con la sentenza passata in giudicato, ed in particolare, nella materia tributaria, nel caso in cui la controversia riguardi imposte strutturalmente ed oggettivamente differenti da quella che ha costituito oggetto della predetta decisione, e tra le stesse non sia configurabile alcun vincolo giuridico (Cass. 14/03/2007, n. 5943, Cass. 05/02/2007, n. 2438, Cass. Sez. U. 20/06/2016, n. 13916).
Nel caso di specie, la C.t.r. ha ritenuto che l’accertamento contenuto in altra sentenza della medesima Commissione (n. 164/26/07 del 04/01/2007), passata in giudicato, valesse al di fuori del processo nell’ambito del quale era stato pronunciato, in quanto i due processi avevano lo stesso oggetto, le stesse parti e lo stesso petitum.
Senonché, quella sentenza aveva ad oggetto un contenzioso afferente all’IVA relativa all’anno 1996 mentre la causa in esame ha per oggetto l’IRPEF relativo all’anno 1996 sicché non ricorre l’efficacia estensiva del giudicato perché oggetto dei due giudizi sono tributi diversi, appunto l’IVA e l’IRPEF, a nulla rilevando se la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi presupposti di fatto.
3. In conclusione, va accolto il ricorso e cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.t.r. della Sicilia sezione staccata di Messina, in diversa composizione, che si atterrà ai principi enunciati da questa Corte.
Alla C.t.r. della Sicilia si demanda il compito di provvedere sulle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Messina, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere alle spese del presente giudizio di legittimità.
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