Corte di Cassazione sentenza n. 21555 depositata il 7 luglio 2022

TARSU – presupposti – esclusione – rifiuti speciali  – giudicato esterno ed efficacia espansiva

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 998, depositata il 29 settembre 2015, e notificata il 9 ottobre 2015, la Commissione tributaria regionale di Abruzzo ha rigettato l’appello proposto da T. S.r.l., così integralmente confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento e di un sollecito di pagamento della Tarsu dovuta dalla contribuente per gli anni dal 2007 al 2010 e per l’annualità 2012.

1.1 – Il giudice del gravame ha ritenuto che:

– destituita di fondamento rimaneva l’eccezione di giudicato esterno, – invocato dalla contribuente in relazione alla sentenza n. 286/2012 della Commissione tributaria provinciale di Pescara, – in quanto detta pronuncia aveva riguardo a periodo di imposta successivo a quelli in contestazione e, ad ogni modo, l’efficacia espansiva del giudicato andava esclusa a fronte di accertamenti fondati «su presupposti di  fatto  potenzialmente  mutevoli»,  piuttosto  che  su «elementi costitutivi della fattispecie che…. assumano carattere tendenzialmente permanente»;

– nella fattispecie, per come accertato dal primo giudice, veniva in rilievo un’ipotesi di riduzione dell’imposta, piuttosto che di esenzione,

–  posto che  non  era  stata  offerta  prova  dalla  contribuente  della esclusiva produzione di rifiuti speciali non assimilabili, – e che, a detti fini rilevava che la contribuente non aveva assolto agli obblighi di denuncia, e di informazione, in relazione alle superfici tassabili, ed ai rifiuti prodotti.

2. – T. r.l. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi; il Comune di Pescara resiste con controricorso, illustrato da memoria.

La Soget S.p.a. non ha svolto attività difensiva.

Fissato all’udienza pubblica del 15 febbraio 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in I. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, c. 1, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Col primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, n. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e dell’art. 324 cod. proc. civ., nonché, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ.

Si assume, in sintesi, che:

– la gravata sentenza non aveva tenuto conto del giudicato che si era formato (sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pescara, n. 286 del 21 maggio 2012) e che aveva accertato la produzione di rifiuti speciali, – costituiti da imballaggi di tipo secondario e terziario, – su specifiche aree aziendali, rifiuti autosmaltiti da essa esponente (dietro impiego di un compattatore) e, peraltro, prodotti secondo quantitativi che li rendevano insuscettibili di conferimento al servizio pubblico;

– malamente erano stati interpretativi dicta giurisprudenziali in tema  di  giudicato  la  cui  efficacia  espansiva,  diversamente,  deve ritenersi riferibile a tutti i giudizi successivi e, nella fattispecie, quantomeno al periodo di imposta 2012 (posto che la pronuncia passata in giudicato aveva riguardo al periodo di imposta 2011).

Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, c. 3, al d.lgs. n. 152 del 2006, art. 226, ed all’art. 2697 cod. civ., sugli assunti che il giudice del gravame:

– obliterando la circolare n. 95, del 22 giugno 1994, – quanto alle superfici esenti perché connotate dalla ordinaria produzione di rifiuti speciali, tossici o nocivi, – non aveva considerato che il relativo onere della prova, seppur non gravante su di essa esponente, e ciò non di meno, era stato assolto attraverso le produzioni documentali e, ancor più, attraverso la detta pronuncia passata in giudicato;

– i rifiuti prodotti non erano suscettibili di assimilazione né avrebbero potuto considerarsi assimilati, secondo disposizioni di regolamento, indipendentemente dalla individuazione di criteri quali­ quantitativi;

– lo stesso Ente impositore non aveva dato prova della produzione (concorrente) di rifiuti urbani sulle aree di produzione dei rifiuti speciali, né ciò poteva formare oggetto di presunzione alcuna.

2. – I due motivi di ricorso, – che pur prospettano profili di inammissibilità, – sono destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi. 

3. – In relazione al primo motivo rileva la Corte che il giudice del gravame ha correttamente distinto, in relazione all’eccepito giudicato, tra gli elementi di fattispecie tendenzialmente permanenti e quelli che, come nella fattispecie, risultano «potenzialmente mutevoli»; e, così, si è attenuto al principio di diritto secondo il quale «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.», così che detta efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, «non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.» (così Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916 cui acide, ex plurimis, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512; v. altresì, in tema di ICI, Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675).

Nella fattispecie è, poi, del tutto evidente che l’accertamento relativo allo smaltimento in proprio dei rifiuti speciali integra, – così come del resto la stessa produzione di detti rifiuti, – elemento di fattispecie  che non ha connotazione  di durevolezza  in quanto suscettibile di modifiche, e variazioni, dall’uno all’altro periodo di imposta (v. altresì, tra le stesse parti, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741 cui adde Cass., 1 ottobre 2020, n. 20969).

4. – Quanto, ora, al secondo motivo di ricorso va premesso che, secondo consolidati orientamenti interpretativi della Corte:

– ai sensi del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1, il presupposto impositivo della TARSU è costituito dalla disponibilità dell’area produttrice di rifiuti e, dunque, la tassa è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad eccezione di quelle pertinenziali o accessorie ad abitazione, così che detta disposizione pone una presunzione iuris tantum di produttività che può essere superata solo dalla prova contraria del detentore dell’area (Cass., 9 marzo 2020, 6551; Cass., 23 maggio 2019, 14037; Cass., 14 settembre 2016, n. 18054; Cass., 23 settembre 2004, n. 19173; Cass., 18 dicembre 2003, n. 19459);

– l’esenzione dalla TARSU (in relazione al d.lgs. n. 507 del 1993, art. 62, 3) per alcune aree occupate o detenute può essere riconosciuta solo alla duplice condizione che in tali aree si formino rifiuti speciali e che allo smaltimento di tali rifiuti provveda il produttore dei medesimi a proprie spese; l’onere della prova dell’esenzione della superficie tassabile ove si producono, di regola, rifiuti speciali grava sul contribuente che intende ottenere l’esenzione, in quanto, se è vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass., 16 aprile 2019, 10634; Cass., 5 settembre 2016, n. 17622; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 6 luglio 2012, n. 11351; Cass., 9 marzo 2012, n. 3756; Cass., 14 gennaio 2011, n. 775);

– per superficie «ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi» (art. 62, c. 3, cit.), va interpretata nel senso che l’esclusione dalla tassa riguarda la sola parte della superficie in cui, per struttura e destinazione, si formano solo rifiuti speciali (Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 4 aprile 2012, n. 5377);

tanto le deroghe alla tassazione quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione, con l’ulteriore precisazione che le riduzioni di cui al d.lgs. n. 507 del 1993, art. 66, hanno effetto soltanto dall’anno successivo, come prescritto dal comma quinto della norma medesima (Cass., 13 agosto 2004, n. 15867 cui adde Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235; nonché, tra le stesse parti, la citata Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741).

4.1 – La gravata sentenza, – che si è attenuta ai sopra esposti principi di diritto, – viene, allora, censurata, in buona sostanza, con allegazioni che ne involgono i relativi accertamenti in fatto, alla stregua di deduzioni che, così, devolvono alla Corte un non consentito riesame di detti accertamenti, e che tendono ad eludere gli stessi limiti di ammissibilità di censure (art. 360, c. 1, 5, cod. proc. civ.) sul vizio di motivazione della gravata sentenza secondo il règime della cd. doppia conforme (art. 348 ter, c. 4, cod. proc. civ.; v. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).

5. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono, tra le parti costituite, la soccombenza della ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).

P.Q.M.

La Corte

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Pescara, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in€ 7.300,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;

ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.