Corte di Cassazione sentenza n. 24300 depositata il 4 agosto 2022

efficacia ultrattiva del giudicato – ammissibile il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti – omesso esame di un fatto decisivo 

FATTI DI CAUSA

1. – Con le sentenze oggetto di ricorso, – n. 2782/25/16, e n. 2785/25/16, entrambe depositate il 20 luglio 2016, – la Commissione tributaria regionale della Sicilia ha accolto gli appelli del Comune di Carini, così pronunciando in integrale riforma delle decisioni di prime cure che avevano diversamente accolto, per quanto di ragione, le impugnazioni di due avvisi di accertamento emessi in relazione all’ICI dovuta dal contribuente per i periodi di imposta 2003 e 2004.

1.1 – In entrambe le pronunce, connotate da identità di contenuti decisori, il giudice del gravame, per quel che qui rileva, ha considerato che:

– l’accertamento di (maggior) valore delle aree edificabili, oggetto di imposizione, – rispetto a quello determinato, in via preventiva, dall’Amministrazione, – si giustificava in relazione all’omesso versamento dell’imposta, da parte della contribuente, «sulla base di un valore non inferiore a quanto stabilito dall’Amministrazione»;

– detto accertamento, poi, trovava fondamento in due perizie di stima allegate agli avvisi di accertamento e precludeva l’applicazione dei criteri (unilateralmente) predeterminati dall’amministrazione, in tema di valore delle aree edificabili, con riferimento al (pur) previsto abbattimento (del 50%) del valore delle aree non interessate da «piani di urbanizzazione e lottizzazione».

2. – I. G. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi.

Il Comune di Carini non ha svolto attività difensiva.

Fissato all’udienza pubblica dell’undici maggio 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. n. 228 del 2021, art. 16, c. 1, conv. in l. n. 15 del 2022, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e del difensore della parte ricorrente, che non ha fatto richiesta di discussione orale.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 2909 cod. civ. con riferimento al giudicato formatosi (in data 6 dicembre 2012) sulla sentenza della Commissione tributaria regionale (n. 138/01/11, del 21 ottobre 2011) che, pronunciando con riferimento all’ICI dovuta dal contribuente, per il periodo di imposta 2002, ed in relazione alle medesime aree (tutt’ora) oggetto di imposizione, – nel confermare il decisum di prime cure ha, per l’appunto, rilevato che la base imponibile del tributo doveva essere correlata al valore delle aree quale predeterminato dall’Ente locale (giusta deliberazione n. 36 del 2003), e dietro applicazione di un abbattimento (del 50%) conseguente alla mancata inclusione di dette aree in un piano di lottizzazione (approvato solo nel novembre 2006).

Col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59, c. 1, lett. n), deducendo, in sintesi, che,

– risultando, in effetti, legittimo l’esercizio del potere di rettifica da parte dell’Ente locale in relazione alla determinazione del valore di aree edificabili, oggetto di imposizione, laddove, così come nella fattispecie, il contribuente non aveva assolto all’obbligo di versamento del tributo,

– ciò non di meno la rilevata insussistenza di una qualche preclusione all’accertamento di maggior valore, – quale conseguente all’adozione di una delibera di fissazione per zone omogenee dei valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, – non consentiva di prescindere dalla valutazione (già) «operata dallo stesso soggetto attivo del rapporto obbligatorio», così che il giudice del gravame

«avrebbe dovuto prendere in considerazione la valutazione stabilita dal Comune di Carini con la … delibera di Giunta n. 36 del 4.3.2003 ai fini della valutazione dei fatti dedotti e delle prove prodotte in giudizio dalle parti …».

Col terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.l. n. 203 del 2005, art. 11-quaterdecies, c. 16, conv. in l. n. 248 del 2005, assumendo, in sintesi, che il giudice del gravame, – nel rilevare che ricorreva una preclusione alla determinazione del valore delle aree secondo i criteri predeterminati dalla stessa amministrazione, ed in ragione del contenuto dispositivo dell’art. 11- quaterdecies, c. 16, cit., – aveva tenuto in non cale detti criteri che, – adottati con deliberazione n. 36, del 4 marzo 2003, – contemplavano (anche) una riduzione (del 50%) del valore delle aree non incluse in piani attuativi dello strumento urbanistico generale, ai fini del relativo accertamento di valore non potendosi, pertanto, ritenere indifferente, nello stesso contesto regolatorio dell’art. 11-quaterdecies, c. 16, cit., l’inclusione o meno di aree edificabili in strumenti attuativi.

Il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ., espone la denuncia di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, deducendo il ricorrente che il giudice del gravame, – genericamente evocando il contenuto delle perizie di stima allegate agli avvisi di accertamento, – aveva tenuto in non cale le allegazioni in fatto svolte da essa esponente nelle controdeduzioni depositate nei giudizi di appello; allegazioni, queste, che avevano riguardo alla dedotta inconsistenza dei «fumosi elementi» posti a fondamento delle perizie di stima, – tali, dunque, da non giustificare il superamento dei criteri di valutazione predeterminati con la deliberazione n. 36 del 4 marzo 2003, – e posto che venivano, per l’appunto, in rilievo «dati ed atti generici, non conosciuti/conoscibili dal contribuente e comunque non altrimenti dimostrabili», quali gli atti di compravendita (non indicati né allegati) utilizzati a comparazione, la «asserita,  e  non  dimostrata,  conoscenza  personale»,  le  stesse «informazioni [assunte] presso non specificati «operatori del settore»».

Il quinto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. sull’assunto che il giudice del gravame aveva definito le liti contestate, confermando l’accertamento di valore dell’Ente locale, «come se tale ente impositore non fosse onerato della prova dei fatti» posti a fondamento della pretesa impositiva, con riferimento (anche) ai fatti «dedotti nelle relazioni tecniche allegate agli stessi avvisi di accertamento»; così che le pronunce erano state rese senza prendere atto del mancato assolvimento dell’onere della prova gravante sull’amministrazione, sulla base di una sorta di automatismo valutativo fondato sulle ridette relazioni tecniche di stima, e sulla rilevata insussistenza di una preclusione all’esercizio del potere accertativo.

2. – In via pregiudiziale va rilevato che in materia tributaria è ammissibile il ricorso cumulativo avverso più sentenze emesse tra le stesse parti, sulla base della medesima ratio, in procedimenti formalmente distinti ma attinenti al medesimo rapporto giuridico d’imposta, pur se riferiti a diverse annualità, ove i medesimi dipendano per intero dalla soluzione di una identica questione di diritto comune a tutte le cause, in ipotesi suscettibile di dar vita ad un giudicato rilevabile d’ufficio in tutte le cause relative al medesimo rapporto d’imposta (così Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3692 cui adde Cass., 10 febbraio 2021, n. 3225; Cass., 22 febbraio 2017, n. 4595; Cass., 3 aprile 2013, n. 8075; Cass., 30 giugno 2010, n. 15582; Cass., 7 maggio 2010, n. 11186).

3. – Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento e va senz’altro disatteso.

3.1 – Con riferimento all’efficacia ultrattiva del giudicato, le Sezioni Unite della Corte hanno statuito che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.»; nonché che detta efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, «non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.» (così Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916 cui adde, ex plurimis, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512; v. altresì, in tema di ICI, Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675).

3.2 – Va allora rimarcato, in via assorbente, che non può ascriversi «a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente» né la qualità edificabile di un terreno, – che, assente in un periodo di imposta, ben può diversamente emergere in diversa annualità, – né, come questa Corte ha già avuto modo di rilevare, il valore venale in comune commercio delle aree edificabili (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, c. 5), quale elemento variabile con riferimento ai diversi periodi di imposta (v. Cass., 12 luglio 2021, n. 19811; Cass., 30 dicembre 2019, n. 34594; Cass., 19 gennaio 2018, n.  1300;  Cass., 16  settembre  2011,  n.  18923;  v.,  altresì,  in motivazione, Cass. Sez. U., 28 settembre 2006, n. 25506).

4. – Nemmeno il secondo ed il terzo motivo di ricorso, – che vanno congiuntamente trattati in quanto incentrati su di una medesima quaestio iuris di fondo, – possono trovare accoglimento.

4.1 – Lo stesso ricorrente, innanzitutto, non mette in discussione il consolidato orientamento interpretativo della Corte, – che viene implicitamente assunto a presupposto, – alla cui stregua le delibere adottate ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 59, con le quali il Comune determina periodicamente per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, svolgono una funzione analoga a quella dei cosiddetti studi di settore, costituenti una diretta derivazione dei “redditometri” o “coefficienti di reddito e di ricavi” previsti dal d.l. n. 69 del 1989, convertito in L. n. 154 del 1989, ed atteggiantisi come mera fonte di presunzioni hominis, vale a dire supporti razionali offerti dall’amministrazione al giudice, paragonabili ai bollettini di quotazioni di mercato o ai notiziari Istat, nei quali è possibile reperire dati medi presuntivamente esatti (Cass., 3 maggio 2019, 11643; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27572; Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068; Cass., 24 gennaio 2013, n. 1661; Cass., 30 giugno 2010, n. 15555; Cass., 27 luglio 2007, 16702; Cass., 3 maggio 2005, n. 9137).

Delibere, queste, che, – in ragione della loro natura (non imperativa) e funzione (probatoria), – possono essere utilizzate anche con riferimento ad annualità anteriori a quella della loro adozione (Cass., 12 giugno 2018, n. 15312; Cass., 13 marzo 2015, n. 5068; Cass., 7 maggio 2010, n. 11171; Cass., 3 maggio 2005, n. 9135) e che non precludono la rideterminazione della base imponibile dell’imposta «ove l’amministrazione venga in possesso di informazioni specifiche idonee a contraddire quelle desunte dai valori delle aree circostanti aventi analoghe caratteristiche» (Cass., 3 maggio 2019, n. 11643).

4.2 – Nella fattispecie, pertanto, il giudice del gravame si è attenuto ai principi di diritto posti dalla Corte ben rilevando che, – una volta esclusa (nei fatti) la funzione delimitativa del potere di accertamento, siccome l’imposta non era stata versata sulla base di un valore non inferiore a quello (così) predeterminato dall’amministrazione (con la deliberazione n. 36 del 4 marzo 2003), – gli avvisi di accertamento rinvenivano il loro fondamento nelle perizie di stima che, per l’appunto, recavano l’accertamento di maggior valore delle aree edificabili.

Né sussistono, dunque, le denunciate violazioni di legge in quanto,

– così come emerge dall’inequivoco contenuto delle gravate pronunce,

– l’accertamento di valore delle aree edificabili, conseguente alle predeterminazioni (anche in riduzione) adottate dall’Ente locale (con la ridetta deliberazione 36 del 2003), è stato considerato superato dai riscontri probatori al giudizio offerti (attraverso la produzione di perizie di stima), al di fuori, dunque, del dedotto automatismo valutativo correlato alla insussistenza di una preclusione (al maggior accertamento di valore operato).

5. – Anche il quarto ed il quinto motivo di ricorso non possono trovare accoglimento.

5.1 – Nel contesto della nuova formulazione dell’art. 360 proc. civ., comma 1, n. 5, (secondo il cui disposto rileva, ora, l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»), quale conseguente alla novella di cui al d.l. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in l. 7 agosto 2012, n. 134, la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 dicembre 2019, n. 32550; Cass.,29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881).

5.2 – Il fatto, o i fatti, decisivi che vengono, poi, in considerazione, a fronte di un presupposto impositivo correlato al possesso di aree edificabili, – si identificano negli elementi di fattispecie integrativi dei criteri legali di determinazione della base imponibile del tributo (d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, c. 5, alla cui stregua «Per le aree fabbricabili, il valore è costituito da quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice  di  edificabilità,  alla  destinazione  d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche»); criteri, questi, la cui tassatività è stata in più occasioni rimarcata dalla Corte, essendosi rilevato che la misura del valore venale in comune commercio deve essere ricavata dai parametri vincolanti previsti dall’art. 5, comma 5, cit. (v., Cass., 12 luglio 2021, n. 19811; Cass., 30 maggio 2017, n. 13567; Cass., 15 giugno 2010, n. 14385).

5.3 – Il quarto motivo di ricorso, pertanto, risulta inammissibile nella misura in cui, – senza identificare lo specifico fatto storico, o materiale, riconducibile ai citati elementi costitutivi di fattispecie, ed il cui esame sia stato omesso dal giudice del gravame, – si risolve nella generica (ed indistinta) deduzione di argomenti probatori tesi (in via esclusiva) ad inficiare la concludenza dimostrativa delle fonti di prova addotte dall’Ente impositore (perizie di stima) e, così, nella devoluzione alla Corte di un non consentito riesame del merito della lite contestata, dei contenuti probatori utilizzati e dei corrispondenti criteri di

5.4 – I rilievi sin qui svolti danno, poi, conto dell’infondatezza del quinto motivo di ricorso in quanto il giudice del gravame ha articolato il suo riscontro probatorio senza violare il riparto degli oneri probatori rilevanti nella fattispecie (art. 2697 civ.) e ponendo a fondamento della decisione (proprio) le prove offerte dalla parte (l’amministrazione) che di un siffatto onere della prova era gravata (v., ex plurimis, Cass., 25 marzo 2022, n. 9695; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione).

6. – In difetto di attività difensiva di parte intimata, non va assunta alcuna statuizione in punto di disciplina delle spese del giudizio di legittimità mentre nei confronti del ricorrente sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.