Corte di Cassazione sentenza n. 20614 del 28 giugno 2022
giudicato esterno – estensione – ultrattività del giudicato tributario – indisponibilità dei fascicoli delle parti
FATTI DI CAUSA
1. – Con sentenza n. 7405/03/16, depositata in data 1 agosto 2016, la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato l’appello proposto da A. S.p.a. avverso la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di pagamento emesso in relazione alla TARI dovuta dalla contribuente per il periodo di imposta 2014.
A fondamento del decisum, il giudice del gravame ha rilevato che:
- «alla struttura Casa di Cura “A.V.P.”» risultava aggiunto «un ulteriore corpo di fabbrica “Palazzo di Vetro”» che, in esito ad un sopralluogo, aveva formato oggetto di accertamento di ufficio in quanto «mai denunciato» dalla contribuente;
- la Commissione tributaria provinciale aveva preso atto della decurtazione (del 30%) delle superfici tassabili, quale operata dall’amministrazione con (parziale) sgravio del titolo impositivo, in relazione alla produzione di rifiuti speciali che la contribuente aveva avviato «allo smaltimento tramite ditte specializzate»;
- il proposto gravame doveva ritenersi inammissibile nella parte in operava «un mero rinvio “alla pedissequa riproposizione dei motivi di opposizione di primo grado in quanto non giudicati dalla Commissione Provinciale”»;
- nel resto, poi, l’appello risultava destituito di fondamento quanto alla (pur) dedotta violazione della l. 212 del 2000, art. 7.
2. – A. S.p.a. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, illustrati con memorie.
Il Comune di Piedimonte Matese resiste con controricorso mentre Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a. non ha svolto attività difensiva.
Fissato all’udienza pubblica del 26 aprile 2022, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal d.l. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8-bis, conv. in l. n. 176 del 2020, e dal sopravvenuto d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, art. 16, c. 1, conv. in I. 25 febbraio 2022, n. 15, senza l’intervento in presenza del Procuratore Generale, che ha depositato conclusioni scritte, e dei difensori delle parti, che non hanno fatto richiesta di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, 1, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’erroneo assoggettamento al tributo di «aree non rientranti nell’imponibile», con conseguente violazione del d.lgs. n. 507 del 1993 e dello stesso regolamento adottato dal Comune di Piedimonte Matese.
Assume, in sintesi, la ricorrente che:
- il giudice di prime cure aveva risolto la lite contestata sulla base di una motivazione apparente e, ad ogni modo, perplessa, rilevando l’intervenuto sgravio parziale della pretesa impositiva e questa qualificando in termini di «atto dovuto»;
- difatti, e diversamente da quanto rilevato dalla Commissione tributaria provinciale, l’oggetto del giudizio di primo grado si identificava, – piuttosto che con una mera «integrazione (rettifica) delle superfici tassabili (mediante sottoposizione ad imposta di nuove superfici»), – con i proposti motivi di ricorso che involgevano la contestazione dei «criteri oggettivi e quantificativi della tassazione», dovendosi ritenere sottoposte a tributo le sole superfici «destinate agli uffici amministrativi»;
- il giudice del gravame, – esaminando, peraltro, un vizio di motivazione dell’atto impositivo impugnato, ex n. 212 del 2000, art. 7, che non era mai stato fatto valere, posto che il vizio di motivazione, oggetto di censura, attingeva (esattamente) la pronuncia impugnata, non aveva considerato che, – difettando, per l’appunto, una motivazione della pronuncia di rigetto impugnata, – essa esponente aveva inteso riproporre tutti «i motivi di censura dell’accertamento» impugnato, motivi alla cui stregua si era dedotto che la tassazione avrebbe dovuto riguardare le «sole superfici producenti rifiuti solidi urbani», – pari a mq. 605,23 (per l’unità immobiliare di cui al fol. 12, p.lla 334 sub 1; palazzo vecchio) e a mq. 253,00 (per l’unità immobiliare di cui al fol. 12, lla 1263 sub 25; palazzo di vetro), – con esclusione, pertanto, – secondo la disciplina di legge e quella posta in via regolamentare dall’Ente locale, – delle superfici destinate ad attività produttive, con produzione di rifiuti speciali, e di quelle che oggettivamente non potevano produrre rifiuti solidi urbani (in difetto di presenza umana).
Il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omesso esame di un motivo di gravame, e dell’art. 342 cod. proc. civ.
Assume la ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di esaminare i motivi di ricorso proposti avverso l’avviso di accertamento impugnato, – e riproposti in sede di impugnazione della pronuncia di prime cure, – e che, peraltro, detto omesso esame nemmeno avrebbe potuto discendere dalla rilevata inammissibilità dei motivi di appello, in contrasto con l’art. 342 cod. proc. civ., e col d.lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso che il proposto gravame non poteva essere rivolto avverso «un capo specifico di motivazione ma sulla assenza o lacuna del programma decisionale, in tutta la sua struttura», così che aveva formato oggetto di censura «ciò che il Giudice di primo grado non [aveva] affrontato e risolto.».
2. – In via pregiudiziale va disattesa l’eccezione di improcedibilità del ricorso in quanto, come statuito dalle Sezioni Unite della Corte, per i ricorsi avverso le sentenze delle commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti (i quali, ex 25, secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono restituiti solo al termine del processo) comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata, a pena di improcedibilità ed ex art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., della produzione del proprio fascicolo e per esso di copia autentica degli atti e documenti ivi contenuti, poiché detto fascicolo è già acquisito a quello d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla S.C. ex art. 369, terzo comma, cod. proc. civ., a meno che la predetta parte non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della commissione tributaria; neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte (Cass. Sez. U., 3 novembre 2011, n. 22726).
2.1 – Va, ancora, premesso che la ricorrente non dà conto del passaggio in cosa giudicata delle pronunce prodotte in allegato alla memoria difensiva depositata; e che, ad ogni modo, ed in via assorbente, rileva che dette pronunce involgono accertamenti che, – oltreché distinti periodi di imposta, anche successivi a quello in contestazione, – hanno avuto ad oggetto elementi di fattispecie, – afferenti alla produzione, in via continuativa e prevalente, di rifiuti speciali non assimilati, oggetto di trattamento in conformità alla normativa vigente (l. n. 147 del 2013, art. 1, c. 649), – suscettibili di variazione con riferimento ai diversi periodi di imposta, e che, pertanto, non possono ascriversi «a quei fatti che appaiano elementi costitutivi della fattispecie a carattere tendenzialmente permanente».
Con riferimento, difatti, all’efficacia ultrattiva del giudicato tributario, le Sezioni Unite della Corte hanno rilevato che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo.»; nonché che detta efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, «non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente.» (così Cass. Sez. U., 16 giugno 2006, n. 13916 cui adde, ex plurimis, Cass., 16 maggio 2019, n. 13152; Cass., 3 gennaio 2019, n. 37; Cass., 1 luglio 2015, n. 13498; Cass., 30 ottobre 2013, n. 24433; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675; Cass., 22 aprile 2009, n. 9512; altresì, in tema di ICI, Cass., 30 dicembre 2019, n. 34594; Cass., 19 gennaio 2018, n. 1300; Cass., 16 settembre 2011, n. 18923; Cass., 29 luglio 2011, n. 16675).
3. – I due motivi di ricorso, – che, al di là dell’erronea formulazione in iure del primo motivo, vanno congiuntamente trattati perché espongono una medesima questione processuale di fondo, – sono fondati e vanno accolti.
3.1 – Come anticipato, il giudice del gravame non ha esaminato i motivi posti a fondamento del ricorso introduttivo rilevando che il gravame doveva ritenersi inammissibile nella parte in cui operava «un mero rinvio “alla pedissequa riproposizione dei motivi di opposizione di primo grado in quanto non giudicati dalla Commissione Provinciale”».
Per come, però, assume la ricorrente con i due motivi di ricorso, la sentenza di prime cure, – così come emerge dai relativi contenuti, – esponeva una motivazione apparente ed apodittica che, dopo aver dato conto (e preso atto) dello sgravio operato dall’amministrazione, si risolveva nel ritenere «infondato nel resto il ricorso».
E, nel censurare detta motivazione di rigetto, la parte appellante ne aveva dedotto il carattere apparente esplicitandone il referente nei motivi di impugnazione dell’avviso di accertamento, quali esposti nel ricorso introduttivo.
3.2 – La Corte ha ripetutamente rimarcato che l’interpretazione del contenuto dell’atto processuale va correlata al suo tenore complessivo, ove, dunque, le ragioni di critica del decisum fatto oggetto di impugnazione debbono desumersi, anche per implicito, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (v., ex plurimis, Cass., 26 gennaio 2021, n. 1571; Cass., 21 novembre 2019, n. 30341; Cass., 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., 31 marzo 2011, n. 7393; Cass., 12 gennaio 2009, n. 346; Cass., 19 gennaio 2007, n. 1224).
3.3 – È, poi, ben vero che l’onere di specificazione dei motivi di impugnazione non è assolto con il semplice richiamo per relationem alle difese svolte in primo grado, perchè per dettato di legge i motivi di gravame devono essere contenuti nell’atto d’impugnazione e, peraltro, la generica relatio a tutto quanto prospettato in prime cure finisce per eludere il menzionato precetto normativo, demandando inoltre al giudice ad quem un’opera d’individuazione delle censure che la legge processuale non gli affida (v., tra le altre, Cass. 18 gennaio 2013, n. 1248; Cass., 23 maggio 2006, n. 12140).
Quando, però, col ricorso per cassazione venga denunciato il rilevato difetto di specificità dei motivi di appello, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, dovendo ritenere assolto l’onere di specificazione dei motivi di appello qualora il rinvio all’atto processuale di primo grado non costituisca, così come nella fattispecie, un mero richiamo per relationem, ma si coniughi con l’espressa censura delle argomentazioni sulle quali la sentenza impugnata si fonda (v. Cass., 19 agosto 2020, n. 17268; Cass., 28 novembre 2014, n. 25308).
4. – L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania che, in diversa composizione, e attenendosi ai principi di diritto sopra esposti, procederà al riesame della controversia con riferimento ai motivi di contestazione della pretesa impositiva quali espressamente riproposti nell’atto di appello.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione.