Corte di Cassazione ordinanza n. 22029 depositata il 12 luglio 2022
violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro solo per quelli nazionali – ermeneutica contrattuale – omessa pronuncia – principio della non contestazione – il diritto soggettivo al conferimento della posizione superiore è, dunque, subordinato alla realizzazione di una pluralità di condizioni
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Milano ha respinto l’appello proposto dal Comune di Milano avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto il ricorso di Jures Barrera e, riconosciuto il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nella posizione economica C2 a far tempo dal 1° aprile 1999 ed in quella C3 dal 1° luglio 1999, aveva condannato l’amministrazione al pagamento delle conseguenti differenze retributive;
2. la Corte territoriale, riassunti i fatti di causa ed i motivi di impugnazione, ha ritenuto che l’appellato possedesse i requisiti necessari per la partecipazione alle procedure di progressione orizzontale, perché le stesse erano state riservate al personale in servizio presso l’ente alla data di avvio delle procedure in questione, data che non poteva coincidere con quella della sottoscrizione del C.C.D.I. del 19 febbraio 2001, in quanto per gli appartenenti al Corpo di Polizia Municipale la progressione era stata disciplinata solo dal successivo accordo del 12 febbraio 2002;
3. il giudice d’appello ha aggiunto che quest’ultimo accordo indicava come data di decorrenza il 15 ottobre 2001, sicché il diritto del Barrera non poteva essere negato in quanto il dipendente, trasferito il 1° novembre 2000 al Comune di Vigevano, era stato riammesso nell’organico del Comune di Milano il 1° ottobre 2001, a seguito di passaggio diretto ex art. 30 del d.lgs. n. 165/2001;
4. la Corte territoriale ha rilevato che «l’ipotetico superamento» delle risorse disponibili ai fini della progressione era stato solo genericamente dedotto dal Comune che, tra l’altro, nella fase precedente l’instaurazione del giudizio aveva fatto leva solo sulla mancanza del requisito della presenza in servizio;
5. ha aggiunto che generiche erano anche le argomentazioni svolte in merito al carattere selettivo della procedura, tanto più che l’accordo del 12.2.2002 prevedeva criteri di valutazione semplificata e l’attribuzione di punteggi predeterminati ed il Comune non aveva specificamente dedotto che l’applicazione di quei criteri avrebbe precluso al Barrera l’invocata progressione;
6. infine la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile la censura inerente al mancato possesso del VI livello LED alla data del 31/12/1998, perché formulata solo in appello;
7. per la cassazione della sentenza il Comune di Milano ha proposto ricorso sulla base di quattro motivi, ai quali ha opposto difese con tempestivo controricorso Jures Barrera;
8. entrambe le parti hanno depositato memoria ex 380 bis 1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo di ricorso il Comune di Milano denuncia «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 13 C.C.D.I. 12.2.2002 “del personale dipendente del Comune di Milano non appartenente all’area separata della dirigenza-clausole specifiche per gli appartenenti al Corpo della Polizia Municipale” – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 del C.C.D.I. 19.01.2001 del personale dipendente del Comune di Milano non appartenente all’area separata della dirigenza» e sostiene, in sintesi, che ha errato la Corte territoriale nell’interpretare le clausole dei contratti integrativi richiamati in rubrica che stabiliscono i requisiti per la partecipazione alle procedure di progressione orizzontale;
1.1 il Comune ribadisce la tesi, disattesa dalla Corte territoriale, secondo cui il C.C.D.I. 12.2.2002 aveva indicato nel 15 ottobre 2001 la data di decorrenza degli effetti dell’accordo separato, ma non aveva modificato il C.C.D.I. 19.2.2001 nella parte in cui stabiliva che i requisiti di ammissione alle procedure dovessero essere posseduti al 19 febbraio 2001;
2. con la seconda censura il ricorrente si duole della «violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 8 del C.C.D.I. 19.2.2001 del personale dipendente del Comune di Milano non appartenente all’area separata della dirigenza – violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 C.C.D.I. 12.2.2001 “clausole specifiche per gli appartenenti al Corpo della Polizia Municipale” – violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 434 c.p.c. per difetto di motivazione delle sentenze di primo e secondo grado in relazione a specifiche contestazioni del Comune di Milano anche in relazione all’art. 2697 c.c. »;
2.1 deduce che per contrastare la domanda dell’originario ricorrente già nella memoria difensiva di primo grado si era fatto leva anche sulla limitatezza delle risorse disponibili e sulla natura selettiva e concorsuale della progressione orizzontale ed inoltre era stato dedotto che sarebbe stato onere del Barrera allegare e dimostrare che, ove ammesso alla procedura, l’avrebbe superata positivamente;
2.2 addebita alla Corte territoriale di avere violato l’art. 2697 civ. nel riconoscere il diritto alla progressione economica desumendolo dal solo possesso del requisito dell’anzianità di servizio;
3. il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 C.C.D.I. 12.2.2002 nonché «omesso esame dell’appartenenza alla qualifica funzionale VI LED» perché il contratto integrativo prevede per il passaggio dalla posizione economica C2 a quella C3 l’inquadramento nel livello sopra indicato alla data del 31 dicembre 1998;
3.1 il Comune ricorrente deduce che il Livello Economico Differenziato non era mai stato attribuito al Barrera il quale, pertanto, avrebbe potuto ottenere il passaggio in questione (da C2 a C3) solo per effetto di una successiva procedura;
3.2 censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile il motivo d’appello e rileva che nel ricorso di primo grado non era stata indicata la decorrenza delle richieste progressioni sicché il motivo, lungi dal dedurre una questione nuova, era stato formulato per dimostrare l’erroneità della pronuncia del Tribunale che aveva riconosciuto il diritto facendolo decorrere da una data in cui pacificamente il Barrera non era in possesso dei requisiti;
4. infine con il quarto motivo intitolato «sui conteggi del beneficio economico per le progressioni orizzontali» il Comune deduce che in caso di accoglimento parziale del ricorso dovranno essere rideterminate le differenze retributive già liquidate al Barrera;
5. il primo motivo è inammissibile;
la giurisprudenza di questa Corte da tempo è consolidata nell’affermare che, ai sensi dell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001 e dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.lgs. n. 40 del 2006, la denuncia della violazione e falsa applicazione dei contratti collettivi di lavoro è ammessa solo con riferimento a quelli di carattere nazionale, per i quali è previsto il particolare regime di pubblicità di cui all’art. 47, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, mentre i contratti integrativi, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, se pure parametrati al territorio nazionale in ragione dell’amministrazione interessata, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al giudice di merito, ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione, nei limiti fissati dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. fra le tante Cass. n. 16705/2018; Cass. n. 33312/2018; Cass. n. 20917/2019; Cass. n.7568/2020; Cass. n. 25626/2020);
5.1 una volta esclusa l’applicabilità ai contratti integrativi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., opera il principio, parimenti consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nella sola ipotesi di motivazione inadeguata ovvero di violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità.» (Cass. n. 17168/2012; n. 9054/2013; Cass. n. 10271/2016);
5.2 il motivo non fa cenno ai criteri di ermeneutica contrattuale dai quali la Corte territoriale si sarebbe discostata e si limita a prospettare una diversa esegesi della contrattazione integrativa, di fatto sollecitando un esame diretto delle clausole in rilievo, precluso alla Corte di legittimità;
6. le considerazioni esposte valgono anche a far ritenere parzialmente inammissibile il secondo motivo nella parte in cui torna a denunciare, con le stesse modalità, la violazione e falsa applicazione dei C.C.D.I. del 19.2.2001 e del 12.2.2002;
6.1 la seconda censura, poi, è infondata lì dove addebita alla Corte territoriale il vizio di omessa pronuncia e ritiene violato il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ.;
6.2 è noto che il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo allorquando risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto, sicché lo stesso non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (cfr. fra le tante Cass. n. 12652/2020 e Cass. n. 2151/2021);
6.3 il giudice del merito, infatti, non è tenuto ad esaminare espressamente e singolarmente ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, atteso che ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. è necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, con la conseguenza che si devono ritenere disattesi per implicito tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito;
6.4 la Corte territoriale ha pronunciato sui motivi di impugnazione con i quali il Comune aveva dedotto che la domanda, anche a voler prescindere dal requisito della necessaria presenza in servizio alla data del 19.2.2001, non poteva comunque essere accolta per non avere il Barreca dimostrato le ulteriori condizioni richieste dalla contrattazione collettiva ai fini dell’attribuzione della posizione economica superiore;
6.5 la doglianza è stata ritenuta non fondata per le ragioni riassunte nello storico di lite sicché si è in presenza di una pronuncia in ipotesi errata ma non omessa;
7. il motivo è, invece, fondato e va accolto nella parte in cui, anche attraverso il richiamo di ampi stralci dell’atto di appello, deduce, nel corpo della censura, la violazione degli artt. 5 e 14 del C.C.N.L. 31 marzo 1999 nonché dell’art. 2697 cod. civ. ed addebita alla Corte territoriale di avere valorizzato, per affermare il diritto dell’originario ricorrente all’inquadramento nella posizione economica superiore, il solo possesso del requisito dell’anzianità e della presenza in servizio ad una certa data e di avere addossato erroneamente al Comune l’onere di provare che non ricorressero gli ulteriori requisiti richiesti dalla contrattazione collettiva, nazionale ed integrativa, ai fini della progressione della carriera;
7.1 il C.C.N.L. 31 marzo 1999, all’art. 5, delinea un sistema di progressione all’interno della categoria che non ha carattere automatico, come in altri comparti, perché lo sviluppo professionale non è connesso alla sola anzianità di servizio bensì è subordinato all’esperimento di procedure selettive ed alla valutazione comparativa degli aspiranti alla posizione economica superiore, da effettuare nel rispetto dei criteri indicati dalla disposizione contrattuale;
7.2 in particolare per il passaggio alla seconda posizione economica dell’area C, che è quella che qui rileva, il comma 2 del richiamato art. 5, dopo avere precisato nelle premesse che le procedure devono essere bandite e attuate nel rispetto del limite delle risorse disponibili nel fondo di cui all’art. 14 del C.C.N.L. , alla lettera c) prevede che la progressione si realizza «per i passaggi alla seconda posizione economica, successiva ai trattamenti tabellari iniziali delle categorie B e C, previa selezione in base ai risultati ottenuti, alle prestazioni rese con più elevato arricchimento professionale, anche conseguenti ad interventi formativi e di aggiornamento collegati alle attività lavorative ed ai processi di riorganizzazione, all’impegno e alla qualità della prestazione individuale»;
7.3 il diritto soggettivo al conferimento della posizione superiore è, dunque, subordinato alla realizzazione di una pluralità di condizioni che, in quanto elementi costitutivi della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, devono essere provate da chi assume di essere titolare del diritto;
7.4 si deve poi aggiungere che da tempo questa Corte, pronunciando sulla tutela che può essere invocata dal lavoratore illegittimamente escluso da una procedura selettiva o da quello che assume di non essere stato correttamente valutato, ha affermato che il dipendente è titolare di un diritto soggettivo all’effettivo e corretto svolgimento delle operazioni valutative (Cass. n. 23424/2004) e può esercitare l’azione di esatto adempimento, al fine di ottenere la ripetizione della valutazione (cfr. Cass. n. 268/2019), nonché agire per il risarcimento del danno anche da perdita di chance, ma non può domandare al giudice di sostituirsi al datore di lavoro quanto alle valutazioni discrezionali, con la conseguenza che l’attribuzione del bene al quale il dipendente aspira sarà possibile solo qualora la graduatoria da formare all’esito della procedura selettiva sia la risultante di criteri fissi e predeterminati ai quali il datore di lavoro, pubblico e privato, per autonoma iniziativa o pattiziamente, abbia vincolato la propria discrezionalità rapportando il punteggio in maniera fissa al ricorrere di un titolo o, più in generale, di un determinato presupposto fattuale (Cass. n. 18198/2005);
7.5 dai richiamati principi la Corte territoriale si è discostata perché, nel condividere le conclusioni alle quali era già pervenuto il Tribunale, ha attribuito la posizione economica superiore, non perché il ricorrente aveva dimostrato, come era suo onere, di essere in possesso di tutti i requisiti che gli avrebbero consentito, se valutato, di collocarsi in posizione utile all’esito della selezione, bensì perché il Comune non aveva specificamente dedotto che quel risultato non sarebbe stato conseguito in applicazione dei criteri predeterminati né aveva provato l’asserita indisponibilità delle risorse;
7.6 così ragionando la Corte territoriale ha finito per decidere la controversia sulla base della regola residuale fissata dall’art. 2697 civ. ma nel far ciò ha addossato l’onere su una parte diversa da quella onerata, perché i requisiti richiesti ai fini della progressione professionale integrano elementi costitutivi del diritto fatto valere da chi alla progressione aspira, che vanno verificati anche d’ufficio dal giudice, con la conseguenza che la loro negazione da parte del convenuto non costituisce eccezione in senso proprio bensì mera difesa;
8. alle considerazioni che precedono si deve aggiungere che la Corte d’Appello, nel condividere il percorso argomentativo del Tribunale, ha anche errato nel ritenere sufficiente la non contestazione della circostanza, allegata dal ricorrente, secondo cui la progressione era stata riconosciuta a tutti coloro che alla procedura avevano partecipato;
8.1 va premesso che se, da un lato, è riservato al giudice del merito, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’accertamento dell’esistenza di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. n. 3680/2019 e negli stessi termini Cass. n. 27490/2019), dall’altro rientra nella funzione nomofilattica l’interpretazione dell’art. 115, comma 2, cod. proc. civ. e dell’art. 416 cod. proc. civ. e, quindi, l’indicazione dei limiti entro i quali il principio di non contestazione può operare e le condizioni che devono ricorrere affinché il giudice possa valorizzarla;
8.2 è stato, quindi, affermato, ed il principio deve essere qui ribadito, che la non contestazione riguarda esclusivamente i profili probatori del fatto, per cui la stessa non può essere invocata in relazione alla qualificazione giuridica ed a circostanze implicanti un’attività di giudizio (cfr. Cass. n. 5929/2015 e Cass. 17171/2012) ed inoltre non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati (fra le tante Cass. n. 22055/2017), con la conseguenza che la mancanza di deduzioni ad opera di entrambe le parti su un fatto principale non può valere a far ritenere quel fatto non contestato né tanto meno la non contestazione di un fatto secondario non decisivo (quale è la circostanza, valorizzata dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, dell’avvenuto riconoscimento della progressione a coloro che alla procedura selettiva avevano partecipato) può equivalere a non contestazione del fatto principale, rispetto al quale quello secondario è dedotto in funzione probatoria;
9. in via conclusiva deve essere accolto, nei limiti indicati, il secondo motivo di ricorso, con assorbimento delle ulteriori censure, e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte territoriale indicata in dispositivo che procederà ad un nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto enunciati nei punti da 7 a 2 e provvedendo anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità;
10. non sussistono le condizioni processuali richieste dall’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 ai fini del raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei sensi di cui in motivazione e dichiara inammissibile il primo motivo. Assorbe le ulteriori censure. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.
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