Corte di Cassazione ordinanza n. 23425 depositata il 27 luglio 2022
sponsorizzazioni di ASD – presunzione legale
Rilevato che:
1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette e dell’IVA emessa dall’Agenzia delle entrate nei confronti di Paolo CIANGOLA, titolare della Ditta Edil, a seguito del disconoscimento dei costi per sponsorizzazioni dal predetto contribuente sostenuti nell’anno di imposta 2011, con la sentenza impugnata la CTR, dopo aver dato atto della definitività del recupero dell’importo di 3.000,00 euro “relativo alla voce di costo fatture da ricevere”, in quanto statuizione non impugnata, quanto alle spese di sponsorizzazione, pure oggetto di recupero, rigettava l’appello erariale in applicazione del disposto di cui all’art. 90, comma 8, della legge n. legge n. 289 del 2002 ed osservando che l’amministrazione finanziaria aveva contestato soltanto la non congruità del costo di sponsorizzazione, che era elemento insufficiente a negare la deducibilità di quel costo.
2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimato con controricorso.
3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis proc., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.
Considerato che:
1. Il primo motivo di ricorso, con cui la difesa erariale deduce un vizio logico di motivazione ex 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., è incentrato sull’omesso esame di una serie di elementi di fatto dimostrativi non solo dell’antieconomicità dei costi di sponsorizzazione sostenuti dal contribuente ma anche dell’insussistenza dei requisiti di effettività ed inerenza, stante la genericità del contratto, che non consentiva di verificare «la congruità del costo» (ricorso, pagg. 9 e 11), l’effettuazione dei pagamenti per lo più in contanti, la difficoltà di collocare temporalmente lo svolgimento delle sponsorizzazioni.
2. Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 90, comma 8, della legge n. 289 del 2002, 2697 cod. civ. e 109 TUIR, sostenendo che aveva errato la CTR a ritenere irrilevanti gli altri requisiti prescritti dall’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 in materia di deducibilità dei costi d’impresa (inerenza, competenza, certezza e proporzionalità).
3. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono inammissibili per violazione del disposto di cui all’art. 360-bis, primo comma, n. 1, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. U., n. 7155 del 2017; conf. Cass. n. 29629 del 2020). Invero, se si considera che l’amministrazione finanziaria non aveva contestato l’effettività né della prestazione di sponsorizzazione ( che non può essere messa in dubbio deducendo, come ha fatto l’Agenzia delle entrate, la mancanza di prova circa la collocazione temporale dello svolgimento dell’attività di sponsorizzazione), né della spesa (che l’Agenzia sostiene soltanto essere stata effettuata «per lo più in contanti»), la tesi sostenuta nei motivi in esame si pone in insanabile contrasto con il consolidato orientamento espresso da questa Corte in materia di spese di sponsorizzazione, secondo cui «in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale» (Cass. n. 14232 del 2017), «senza che rilevino, pertanto, requisiti ulteriori» (Cass. n. 8981 del 2017; , altresì, Cass. n. 7202 del 2017 e nn. 1420 e 13508 del 2018; da ultimo, Cass. n. 35941 del 2021, non massimata).
4. A ciò aggiungasi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che lo stesso si risolve in una non consentita richiesta alla Corte di rivalutazione del materiale probatorio comunque esaminato dal giudice di merito (cfr., ex multis, , Sez. U, n. 24148 del 2013; Cass. n. 91 del 2014) che ha correttamente rilevato che la contestazione dell’amministrazione finanziaria fosse «incentrata esclusivamente sulla supposta non congruità del costo di sponsorizzazione» (che è circostanza comunque contestata dall’amministrazione ricorrente), così facendo anche corretta applicazione del principio giurisprudenziale sopra richiamato, secondo cui le valutazioni circa l’inerenza e la congruità di quei costi restano del tutto irrilevanti, palesandosi, per tale via, anche l’infondatezza dei motivi di ricorso in esame.
5. In estrema sintesi il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
6. Va rigettata la richiesta avanzata dal controricorrente di condanna della ricorrente al risarcimento del danno per lite temeraria in quanto, valutate le argomentazioni svolte dal ricorrente in relazione alle affermazioni contenute nella sentenza impugnata, che comunque prestavano il fianco a critica, deve escludersi, da un lato, la sussistenza sub specie dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, di cui al primo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., e, dall’altro, che la condotta della parte ricorrente sia oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo”, quale l’avere agito o resistito pretestuosamente (Cass. n. 3830 del 2021).
7. Il rigetto di quest’ultima domanda, meramente accessoria, non configura, a fronte della declaratoria di inammissibilità del ricorso, un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza ( Cass. n. 9532/2017), sicché le spese di questo giudizio, liquidate in dispositivo, vanno a carico del ricorrente (Cass., Sez. U, n. 25041 del 2021)
8. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (cfr., ex multis, Cass. n. 1778 del 2016).
P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 4.100,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
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