Corte di Cassazione ordinanza n. 20560 del 27 giugno 2022
spese di sponsorizzazione ad associazioni sportive dilettantistiche – presunzione legale assoluta
FATTI DI CAUSA
Rilevato che:
la parte contribuente proponeva ricorso avverso avvisi di accertamento relativi ad IRPEF ed IVA per l’anno d’imposta 2013;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente in quanto l’Ufficio aveva disconosciuto i costi relativi a spese di pubblicità, evidenziando nel recupero la mancanza di un nesso logico tra l’attività svolta dalla società e l’oggetto della promozione pubblicitaria;
la Commissione Tributaria Regionale respingeva l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate e incidentale del contribuente affermando che: è stata riscontrata la qualità di compagine dilettantistica del soggetto sponsorizzato, il rispetto del limite quantitativo di spesa, l’esistenza della promozione dell’immagine dei prodotti dello sponsor, l’effettività dell’attività promozionale; in particolz1re, dalla documentazione prodotta in primo grado dalla società si evidenzia la sussistenza dei requisiti di cui alla legge n. 289 del 2002, sia in ordine alla effettività della pubblicità espletata dall’associazione sponsorizzata, sia dal marchio sulle divise di gara, sia in riferimento al prodotto specifico aziendale, notoriamente apprezzato nella zona in cui veniva svolta la prestazione sportiva; va rilevato che i concetti dii inerenza e di congruità, indicati dall’Agenzia delle Entrate, non risultano richiesti per legittimare l’applicazione della norma agevolativa in ordine alle spese effettuate, per cui l’incidenza in negativo di tali ulteriori presupposti andavano dall’Ufficio provati, cosa non accaduta.
Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un motivo mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 90 della legge del 2002 n. 289 per avere la sentenza impugnata erroneamente escluso la rilevanza delle contestazioni mosse dall’Ufficio in merito all’incertezza, non inerenza e non con1;iruità del costo in esame, con conseguente violazione dei presupposti di deducibilità nonché detraibilità previsti daJ,rarticol.0 108 e 109 clel T.U.I.R. (d.P.R. n. 917 del 1986) in quanto è inverosimile che la società contribuente, che si occupa di prodotti dell’industric1 conciaria, possa aver concluso un contratto di sponsorizzazione con un’associazione sportiva con la speranza di ottenere un ritorno commerciale.
Il motivo di impugnazione è infondato.
Secondo l’art. 90, comma 8, della legge n. 289 deil 2002: «Il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni scolastiche che svolgono attività nei settori riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da sportive giovanili enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917».
Inoltre, secondo questa Corte, in tema di detrazioni fiscali, le spese di sponsorizzazione di cui all’art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, sono assistite da una “presunzione legale assoluta” circa la loro natura pubblicitaria, e non di rappresentanza, a condizione che: a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale (Cass. 5203 del 2022; 31080 del 2021; Cass. n. 14232 del 2017).
La sentenza impugnata si è conformata al suddetto principio laddove – affermando che è stata riscontrata la qualità di compagine dilettantistica del soggetto sponsorizzato, il rispetto del limite quantitativo di spesa, l’esistenza della promozione dell’immagine dei prodotti dello sponsor, l’effettività dell’attività promozionale; in particolare, dalla documentazione prodotta in primo grado dalla società si evidenzia la sussistenza dei requisiti di cui alla legge n. 289 del 2002, sia in ordine alla effettività della pubblicità espletata dall’associazione sponsorizzata, sia dal marchio sulle divise di gara, sia in riferimento al prodotto specifico aziendale, notoriamente apprezzato nella zona in cui veniva svolta la prestazione sportiva; va rilevato che i concetti di inerenza e di congruità, indicati dall’Agenzia delle Entrate, non risultano richiesti per legittimare l’applicazione della norma agevolativa in ordine alle spese effettuate, per cui l’incidenza in negativo di tali ulteriori presupposti andavano dall’Ufficio provati, cosa non accaduta – ha correttamente ritenuto che le spese sostenute dalla parte contribuente dovessero essere considerate spese di pubblicità in quanto esiste una presunzione legale assoluta in tal senso tutte le volte in cui siano rispettati i requisiti indicati nel sopra menzionato principio di diritto che la sentenza impugnata ha riconosciuto sussistere nel caso di specie. Di nessun pregio è poi l’osservazione del ricorrente secondo cui sarebbe inverosimile che la società contribuente, che si occupa di prodotti dell’industria conciaria, possa aver concluso un contratto di sponsorizzazione con un’associazione sportiva con la speranza di ottenere un ritorno commerciale. Infatti per un verso il suddetto principio di diritto non stabilisce che sia necessario, perché possa usufruirsi della suddetta presunzione, che vi sia una corrispondenza o omogeneità merceologica tra soggetto sponsorizzante e soggetto sponsorizzato e per un altro verso è un dato di comune esperienza che la sponsorizzazione (ma analogo discorso può essere svolto per il contratto di merchandinsing ove un marchio famoso viene sfruttato per potenziare l’immagine di un prodotto appartenente ad un settore merceoloqico anche molto distante rispetto a quello ove il marchio si è affermato avvenga proprio tra soggetti che vendono beni o servizi significativamente diversi, non solo e non tanto perché in questo modo il soggetto sponsorizzante non debba temere dalla sponsorizzazione in termini concorrenziali ma anche e soprattutto perché la funzione causale di tale contratto sta nel pubblicizzare il nome del soggetto sponsorizzato attraverso una sua diffusione ad opera dello sponsorizzante – che inoltre, qualora sia anche famoso, porta anche il consumatore ad associare l’attrattività della sua immagine a quella del soqgetto sponsorizzato – a prescindere dal genere merceologico dei prodotti di quest’ultimo.
Pertanto, infondato l’unico motivo di impugnazione, il ricorso va conseguentemente rigettato; le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio, che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre rimborso spese forfottarie nella misura del 15%, esborsi, liquidati in euro 200,00 ed accessori di legge.
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