CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 23487 depositata il 2 agosto 2023

Tributi – Rimborso IRAP – Silenzio-rifiuto – Requisito autonoma organizzazione – Rigetto

Rilevato che

l’avv. B. chiese il rimborso dell’Irap versata in relazione all’anno di imposta 2007, sul presupposto della carenza del requisito dell’autonoma organizzazione di cui al d.lgs. n. 446 del 1997, art. 2 comma 1;

il silenzio-rifiuto dell’amministrazione venne impugnato dall’associazione dinanzi alla CTP di Frosinone, la quale accolse il ricorso;

la sentenza di primo grado fu confermata, in sede di impugnazione, dalla CTR del Lazio (sez. distaccata di Latina), sul presupposto che le collaborazioni intrattenute con altri professionisti avessero natura del tutto episodica o (per quel che riguarda l’avv. G.) “carattere consulenziale”, e che l’impiego di un secondo immobile come studio legale fosse “molto limitato”;

avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo; B.R. ha depositato controricorso, nonché memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Considerato che

con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 comma 1, e 3, comma 1, lett. c), nonché dell’art. 2697 c.c., per avere il giudice di merito escluso il requisito dell’autonoma organizzazione, nonostante in senso diametralmente opposto deponessero le circostanze della titolarità di un secondo studio legale (di per sé suscettibile di eccedere “quel minimum di dotazione strumentale inerente all’esercizio dell’attività professionale di per sé inidonea a integrare quella “organizzazione autonoma” che (..) impone di applicare il prelievo Irap”) e della possibilità di avvalersi della collaborazione di colleghi (“dovendo piuttosto presumersi, salvo prova contraria l’onere della cui produzione incombe sul contribuente, ex art. 2697 c.c., che la semplice compresenza e collaborazione nell’ambito di uno stesso studio, a prescindere dalle concrete forme organizzative adottate, valga a dar luogo a quelle maggiori utilità, almeno potenziali che giustificano l’applicazione dell’imposta oggetto della controversia” (rispettivamente, pagg. 10 e 12 del ricorso);

il motivo è infondato;

il requisito dell’autonoma organizzazione, previsto dal d.lgs. n. 446 del 1997, art. 2 – il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive (Cass., sez. un., 10/05/2016, n. 9451);

la Corte di Cassazione ha chiarito che, nel caso di attività professionale, l’Irap coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del professionista (determinata dalla sua cultura e preparazione professionale) e colpisce un reddito che contenga una parte aggiuntiva di profitto, derivante da una struttura organizzativa “esterna”, cioè da “un complesso di fattori che, per numero, importanza e valore economico, siano suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al know-how del professionista (dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto)”; cosicché è “il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il professionista (..) ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale, o quid pluris, realizzabile rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale (Cass. 12/12/2019, n. 32510; Cass. 26/09/2018, n. 22969; Cass., sez. un., 26/05/2009, n. 12109; Cass. 18/11/2010, n. 23370; Cass. 28/07/2011, n. 16628);

con specifico riguardo all’avvocato, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la locazione di uno studio, l’utilizzazione di software per il collegamento ad una banca dati, la formazione di un archivio, non costituiscono elementi idonei a configurare la sussistenza dei presupposti impositivi, poiché detti elementi, quali che siano il loro valore o le loro caratteristiche, rientrano nelle attrezzature usuali, o che dovrebbero essere usuali, per il suddetto professionista” (Cass. 12/12/2019, n. 32510; Cass. 26/09/2018, n. 22969; Cass. 28706/2017, n. 16072 del 2017; Cass. 28/12/2012, n. 24117; Cass. 13/06/2012, n. 9692; Cass. 24/07/2012, n. 13048);

sebbene l’uso di uno studio non sia di per sé indice dell’esistenza di autonoma organizzazione, costituisce però oggetto dell’accertamento di fatto del giudice di merito (che deve valutare anche il profilo delle dimensioni e delle caratteristiche dello studio, poste in relazione al normale svolgimento di quella specifica attività) la verifica della “eccedenza” del bene strumentale rispetto al “minimo indispensabile per l’esercizio di attività in assenza di organizzazione” (Cass. 28/06/2017, n. 16072, con riferimento a un ragioniere);

Cass. 27/04/2021, n. 11086, ha ritenuto (con riguardo a un avvocato) che “l’utilizzo di due studi, ed in particolare di uno studio con costi di locazione per la somma di circa Euro 300.000 l’anno, con Euro 50.000 versati solo per il mese novembre-dicembre del 2005, non può essere ritenuto, come affermato dal giudice del merito, una spesa rientrante nel “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività di avvocato“;

Cass. 27/09/2016, n. 19011, ha affermato (in relazione, invece, all’esercizio della professione medica) che “se l’utilizzazione, da parte di medico convenzionato, di uno studio e’, di norma, compatibile con l’insussistenza di un’autonoma organizzazione (v., ex plurimis, Cass. n. 10240/2010), non altrettanto può affermarsi nel caso di utilizzazione di più studi, come nel caso di specie, per l’assorbente circostanza che tale diverse strutture erano pacificamente utilizzate dal professionista non solo per lo svolgimento dell’attività convenzionata, ma anche per quella di consulenza professionale resa privatamente dal medesimo soggetto. Il che esclude in radice l’applicazione dei principi espressi da questa Corte, pure richiamati dalla difesa del contribuente in memoria, a proposto di una pluralità di studi professionali in capo al medico convenzionato, proprio per il fatto che l’esercizio della professione medica in una pluralità di studi denota lo svolgimento dell’attività attraverso un processo organizzativo che esula dalla sola esclusiva attività del contribuente – cfr. Cass. n. 25720/2014″; Cass. 22/12/2016, n. 26651, con riferimento a un architetto, ha ritenuto che “la circostanza che il professionista operi presso due o più strutture materiali non (sia) sufficiente a configurare un’autonoma organizzazione, se tali strutture siano semplicemente strumentali ad un migliore e più comodo esercizio dell’attività professionale”;

nel caso di specie, la CTR ha congruamente illustrato le ragioni che l’hanno indotta a ritenere non decisive, ai fini che in questa sede occupano, le circostanze, da un lato, della disponibilità di un secondo studio legale (stante un impiego “assai limitato” dello stesso), e dall’altro della collaborazione di un altro avvocato (in ragione dell’ammontare della relativa spesa, in rapporto ai complessivi ricavi dichiarati), sicché le censure della ricorrente si infrangono contro l’impossibilità di censura delle valutazioni di merito operate dal giudice di secondo grado;

il ricorso dev’essere, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese processuali (liquidate in dispositivo).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di legittimità, che si liquidano in Euro 600,00 per compensi professionali, il 15 per cento per spese generali ed Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.