Corte di Cassazione, ordinanza n. 24305 depositata il 4 ottobre 2018
divieto di nuovi motivi – è possibile ulteriori argomentazione per i motivi del ricorso
RILEVATO CHE:
– la M. s.r.l. in liquidazione propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Liguria, depositata il 20 aprile 2011, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno 2005, era stato determinato il reddito della società e recuperate a tassazione le imposte non versate, oltre sanzioni e interessi;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che la Commissione provinciale aveva dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo in quanto proposto tardivamente;
– il giudice di appello ha confermato la decisione gravata evidenziando che, quanto alla rilevata tardività del ricorso introduttivo, non poteva essere presa in considerazione l’eccezione di nullità della notifica dell’atto impugnato in quanto sollevata solo con la memoria, non notificata alla controparte, depositata il 13 maggio 2009, nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 24, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546;
– il ricorso è affidato a due motivi;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate;
– il pubblico ministero conclude chiedendo il rigetto del ricorso;
CONSIDERATO CHE:
– con il primo motivo di ricorso la società contribuente denuncia la violazione degli artt. 24 e 32, d.lgs. n. 564 del 1992, per aver la sentenza impugnata ritenuto di non dover prendere in considerazione le doglianze relative alla nullità/inesistenza della notificazione qualificandole quale nuovi motivi di ricorso e non già quali eccezioni in replica all’eccezione di nullità del ricorso per tardività sollevata dall’Agenzia delle Entrate;
– il motivo è fondato;
– nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, per cui il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito di indagine può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24, d.lgs. n. 546 del 1992, esclusivamente in caso di «deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione» (cfr. Cass. 2 luglio 2014, n. 15051; Cass. 15 ottobre 2013, n. 23326);
– il divieto della proposizione di motivi aggiunti, se non a seguito dal ( e in replica al) deposito di documenti non conosciuti, comporta che non possono essere introdotte domande di nullità dell’atto impugnato fondate su fatti diversi da quelli che il contribuente ha fatto valere con il ricorso introduttivo, in quanto idonei a determinare un ampliamento dell’indagine giudiziale, in relazione all’introduzione di una causa petendi differente da quella dedotta nell’originario ricorso dal contribuente (cfr. Cass. 3 luglio 2015, n. 13742; Cass. 24 ottobre 2014, n. 22662);
– un siffatto divieto trova giustificazione nell’esigenza di evitare che l’istituto dei motivi aggiunti si trasformi in uno strumento elusivo della disciplina dei termini decadenziali previsti dalla legge entro cui bisogna agire;
– nel rispetto di tale limite il ricorrente – cosi come il resistente – può, ai sensi dell’art. 32, d.lgs. n. 546 del 1992 e nei modi e nei tempi ivi indicati, depositare documenti e memorie finalizzate a illustrare ed argomentare i motivi di ricorso, senza modificarne il thema decidendum (cfr. Cass. 19 ottobre 2012, n. 17950);
– da ciò consegue che la preclusione sancita dal menzionato art. 24 va circoscritta alla deduzione di ulteriori vizi di illegittimità che inficerebbero l’atto impugnato, restando sempre possibile per il ricorrente (e per tutte le altre parti), sia pure nel rispetto dei limiti formali e temporali di cui all’art. 32, prospettare ulteriori argomentazione a sostegno del ricorso proposto e dei singoli motivi in cui questo è articolato;
– nell’ambito di tale potere assertivo rientra anche la facoltà di contraddire in ordine a questioni rilevate o rilevabili d’ufficio dal giudice o introdotte dalla controparte, nella forma della eccezione, nel suo atto difensivo, nei limiti in cui ciò non determini un allargamento della causa petendi, individuata in relazione ai motivi di impugnazione dedotti con il ricorso introduttivo;
– l’applicazione dei riferiti principi al caso in esame conduce a ritenere ammissibile la illustrazione da parte del contribuente, con memoria depositata dopo la costituzione in giudizio dell’Amministrazione, ma prima dello spirare del termine di cui all’art. 32, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, delle ragioni a sostegno della tempestività del ricorso proposto, contestata dall’Amministrazione medesima per la tardività dello stesso;
– infatti, l’allegazione, effettuata con la memoria depositata dal contribuente, dell’inesistenza e/o nullità della notifica dell’atto impositivo – idonea a impedire il decorso del termine decadenziale previsto per l’impugnazione dell’atto e, dunque, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso – non determina un’alterazione della originaria causa petendi, risolvendosi nell’illustrazione di un’argomentazione a sostegno della sussistenza di uno dei requisiti di ammissibilità del ricorso;
– tale allegazione non appare neanche idonea a determinare un allargamento dei fatti oggetto della cognizione del giudice, in quanto la sua indagine si estende necessariamente – e in via pregiudiziale – alla verifica della sussistenza o meno dei requisiti di ammissibilità dell’impugnazione;
– può, dunque, formularsi il seguente principio di diritto: «Nel giudizio tributario di primo grado, è ammissibile la prospettazione da parte del contribuente ricorrente, con memoria depositata prima dello spirare del termine di cui all’art. 32, secondo comma, d.lgs. n. 546 del 1992, della questione relativa alla inesistenza o nullità della notifica dell’atto impositivo, in replica all’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione nel termine di decadenza previsto formulata dall’Amministrazione, non determinando un’alterazione della causa petendi»;
– all’accoglimento del primo motivo di ricorso segue l’assorbimento del secondo con cui si censura la sentenza di appello per violazione degli artt. 21, d.lgs. n. 546 del 1992, e 2697 c.c., in relazione alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo per tardiva proposizione dello stesso, in quanto il giudice avrebbe omesso di verificare la invalidità della notifica dell’avviso di accertamento e, conseguentemente, la mancata tempestiva conoscenza da parte del contribuente dell’atto impositivo;
– la sentenza va, dunque, cassata con riferimento al motivo accolto e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione;
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il restante; cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione.
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