Corte di Cassazione ordinanza n. 24580 depositata il 9 agosto 2022
sopravvenienze passive – competenza economica
Rilevato che:
1. La C.O. s.a.s. ed i soci D.B., S.B., M.B., B.M., M.Z., ricorrono, con unico motivo, nei confronti della Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe con la quale la C.t.r. ha rigettato l’appello dei medesimi avverso la sentenza di primo grado che, a propria volta, aveva rigettato il ricorso avverso gli avvisi di accertamento, emessi sia nei confronti della società che dei soci, con i quali, per quanto ancora di rilievo, erano stati recuperati a tassazione, per l’anno 2007, maggiori redditi in ragione di sopravvenienza attive, non contabilizzate, per euro 258.192,43.
L’Ufficio accertava che la partita debitoria nel confronti del fornitore E. s.r.l. relativa ad un macchinario acquistato nel 1995, presentava un saldo finale pari a zero in quanto il debito per il corrispettivo residuo, per l’importo di euro 258.192,43, in data 27/12/2007, risultava annotato nel conto «anticipo a soci» attraverso la scrittura contabile «E. s.r.l. a Anticipi a soci € 258.192,43» e quindi ceduto ai soci. Riteneva, per l’effetto, che l’estinzione del debito, per il quale erano maturati i termini di prescrizione, avesse comportato una sopravvenienza attiva non contabilizzata e soggetta a tassazione; evidenziava, altresì, che la società aveva dedotto le quote di ammortamento del bene, fino alla completa copertura del costo di acquisto, in assenza della corrispondente movimentazione numeraria, avendo sospeso il pagamento del corrispettivo.
2. La C.t.p., previa riunione, respingeva i ricorsi presentati dai soci e dalla società. Evidenziava che il debito si era prescritto nel 2005 e che, correttamente, era stato valutato quale sopravvenienza attiva nell’anno di imposta 2007 in quanto era esistente nel 2007, quando era stato traslato ai soci mediante apposita scrittura contabile ed apposito conto.
La C.t.r. riteneva che la somma in questione andasse imputata a sopravvenienza relativa all’esercizio 2007 perché «di fatto» era esistente fino a tale anno, quando il debito era stato ceduto ai soci; che i contribuenti avevano impugnato la sentenza solo nella parte in cui la C.t.p. aveva ritenuto il debito prescritto nel 2005, non muovendo alcuna critica al «motivo autonomo», idoneo a sorreggere la parte motiva della sentenza di primo grado, relativo alla cessione, pacificamente avvenuta nel 2007. Rilevava, sul punto, che la somma, come correttamente ritenuto dalla C.t.p., andava considerata sopravvenienza attiva, relativa all’anno 2007, «a prescindere dalla qualificazione giuridica della cessione del debito» in quanto il medesimo, esistente nel 2007, con apposita scrittura contabile, in data 31/12/2007, ed un apposito conto, era stato «traslato ai soci».
3. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Considerato che:
1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1273, primo, secondo, terzo comma, cod. civ. e dell’art. 88, comma 1, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
In particolare, data per incontestata la cessione del debito da parte della società ai propri soci, censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che detta cessione rappresentasse il momento rilevante ai fini dell’individuazione dell’esercizio al quale imputare la sopravvenienza, senza tener conto che non vi era stata alcuna liberazione del debitore ai sensi dell’art. 1273 cod. civ. e, conseguentemente alcuna sopravvenienza ai sensi dell’art. 88, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986.
2. Il motivo è infondato.
2.1 L’art. 88, comma 1, P.R. n. 917 del 1976 stabilisce che: «Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonché la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi».
In ragione di tale disposto va qualificata come sopravvenienza attiva da iscrivere in bilancio anche la sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in precedenti esercizi, ovvero esistenti al momento della loro iscrizione e poi venute meno per fatti sopravvenuti. La sopravvenienza, pertanto, si realizza quando viene meno una passività effettivamente esistente (Cass. 30/12/2019, n. 34710, Cass. 02/08/2017, n. 19219).
La sopravvenuta insussistenza di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi, che costituisce sopravvenienza attiva, ai sensi della succitata norma si realizza in tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, una posizione debitoria, già annotata come tale, debba ritenersi cessata, ed assuma quindi in bilancio una connotazione attiva con il conseguente assoggettamento ad imposizione, in riferimento all’esercizio in cui tale posta attiva emerge in bilancio ed acquista certezza (Cass. 23/01/2020, n. 1508).
A ciò deve aggiungersi che la regola di imputazione temporale della sopravvenienza attiva va individuata nell’art. 109, comma 1, d.P.R. n. 917 del 1986, che sovraintende alla determinazione del reddito d’impresa, il quale stabilisce che i componenti positivi concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza.
2.2 La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi ritenendo che la somma di euro 192,43 era stata valutata quale sopravvenienza attiva realizzatasi nell’anno di imposta 2007 in quanto in quell’anno, il debito residuo mediante apposita scrittura contabile ed apposito conto, era stato «traslato ai soci» e tanto «a prescindere dalla qualifica giuridica della cessione del debito».
Il motivo – incentrato sulla fattispecie astratta della cessione del debito e sull’effetto della estinzione del debito secondo le norme civilistiche richiamate – non coglie il fulcro della decisione; questo va rinvenuto nel fatto che, dal punto di vista fiscale, l’elemento rilevante era che nell’anno 2007 la società aveva azzerato il conto relativo al debito nei confronti del fornitore e lo aveva traslato ai soci, mediante apposita scrittura contabile ed apposito conto.
Detta motivazione prescinde, come per l’appunto precisato in sentenza, dalla qualificazione giuridica del negozio intercorso tra la società ed i soci e dai suoi effetti e si fonda esclusivamente sul dato contabile relativo al debito residuo.
3. Il ricorso, pertanto, va rigettato.
4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a corrispondere all’Agenzia delle Entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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