CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25992 del 6 settembre 2023
Lavoro – Credito contributivo – Omessa compilazione del quadro RR – Gestione separata – Dichiarazione dei redditi – Inammissibilità
Rilevato che
Con sentenza del giorno 16.2.2021 n. 127, la Corte d’appello di Salerno rigettava il gravame proposto dall’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore che aveva accolto il ricorso proposto da F.D., avverso l’avviso di addebito emesso dall’Inps e notificato il 12.2.2019, per € 2.411,80 a titolo di contributi e sanzioni, per l’anno 2011, dovuto alla gestione separata, di cui all’art. 2, comma 26 della legge 335/95.
Il tribunale dichiarava il credito contributivo prescritto, in quanto la data “prorogata” di scadenza del versamento era il 9.7.12, mentre l’Inps aveva inviato l’avviso bonario soltanto in data 28.8.17, quando era già decorso il termine quinquennale di prescrizione del credito.
La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, rilevando come il dies a quo del termine di prescrizione dei contributi era la scadenza prorogata del versamento e non già la successiva scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi 2011; d’altra parte, il mancato tempestivo accertamento, da parte dell’Ispettorato Inps, dell’omissione contributiva, costituiva, ad avviso della Corte territoriale un impedimento di fatto, non rilevante ex art. 2935 c.c. per l’esercizio del diritto, non essendo l’ignoranza soggettiva del creditore sul fatto generatore del suo diritto una causa impeditiva dell’esercizio dello stesso. Infine, l’omessa compilazione da parte del contribuente del quadro RR della dichiarazione dei redditi, non poteva configurarsi come un occultamento doloso del reddito, ex art. 2941 comma 1 n. 8 c.c., in quanto il professionista aveva dichiarato nel quadro CM i propri redditi così che aveva comunicato all’Ente la base imponibile, per il calcolo dei contributi previdenziali dovuti.
Avverso tale sentenza, l’Inps ricorre per cassazione, sulla base di un motivo, mentre F.D. resiste con controricorso.
Il Collegio riserva ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il motivo di ricorso, l’Inps deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2935 e 2941 comma 1 n. 8 c.c., in combinato disposto con l’art. 2 commi 26-31 della legge n. 335/95, con l’art. 18 comma 12 del DL n. 98/11 convertito con modificazioni dalla legge n. 111/11, con l’art. 1 del d.lgs. n. 462/97 e con l’art. 10 comma 1 del d.lgs. n. 462/97, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto prescritti i crediti contributivi, essendo decorso il termine quinquennale alla data di notifica dell’atto interruttivo, rispetto alla data di scadenza per il versamento dei contributi, inteso quale dies a quo (e non ritenendo che il termine prescrizionale dovesse decorrere dalla successiva data di presentazione della dichiarazione dei redditi), laddove, invece, l’omessa compilazione del quadro RR, necessario per la determinazione dei contributi, configurava un’elusione del relativo controllo automatico e/o formale da parte degli uffici finanziari, integrando la fattispecie del doloso occultamento del debito, ai sensi delle norme di cui alla rubrica, con l’effetto della sospensione del termine di prescrizione, perché la compilazione del quadro RR era l’unico modo per l’Inps di venire a conoscenza della fattispecie impositiva.
Il motivo è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa Corte ”In tema di sospensione della prescrizione dei contributi dovuti dai professionisti a seguito di iscrizione alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della l. n. 335 del 1995, non è configurabile un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo, in quanto il relativo accertamento costituisce oggetto di una valutazione rimessa al giudice di merito, censurabile in cassazione nei ristretti limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.” (Cass. n. 37529/21).
Nella specie, la Corte d’appello ha ritenuto che il dolo, relativo all’occultamento del debito, ex art. 2941 comma 1 n. 8 c.c., richiedesse una intenzionalità del comportamento che non poteva essere correlato alla mera mancata compilazione di una parte della dichiarazione dei redditi, mentre l’istituto previdenziale non ha censurato il predetto accertamento in fatto ma ha articolato una censura di violazione di legge, prospettando solo genericamente una difficoltà di fatto nella necessità di svolgere sollecitamente un controllo nei confronti di tutti i soggetti obbligati. Fermo, pertanto, l’accertamento in fatto non censurato, il ricorso va dichiarato inammissibile, essendo pertinente a detto accertamento la regola di diritto enunciata nella sentenza impugnata.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’Istituto ricorrente dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna l’Inps a pagare a F.D. le spese di lite che liquida nell’importo di € 1.500,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.
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