CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 25598 depositata il 1° settembre 2023
Lavoro – Iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata – Assenza versamenti di contribuzione obbligatoria alla Cassa – Mancata compilazione del quadro RR – Sospensione del termine prescrizionale – Esercizio abituale di una professione – Principio di non contestazione – Accoglimento
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello proposto dall’Inps e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato l’opposizione della odierna parte ricorrente, volta ad accertare l’illegittimità dell’iscrizione di ufficio alla Gestione Separata, con versamento della relativa contribuzione, per gli anni 2009 e 2010, in ragione di redditi da lavoro autonomo, prodotti in relazione all’attività professionale per la quale non risultava eseguito alcun versamento di contribuzione obbligatoria soggettiva alla Cassa previdenziale di riferimento;
2. per quanto di maggiore rilievo, la Corte di merito ha escluso la prescrizione del credito contributivo. Richiamata la pronuncia di questa Corte nr. 6677 del 2019, ha ritenuto che «la mancata compilazione del quadro (id est: del quadro RR) non p(otesse) che costituire causa di sospensione del termine prescrizionale, vieppiù considerato che l’appellante era ed è avvocato perfettamente consapevole degli obblighi nella compilazione della dichiarazione»;
3. quanto, poi, all’accertamento dello svolgimento, in forma non occasionale, dell’attività professionale, la Corte territoriale, oltre all’iscrizione all’Albo e alla titolarità della partita Iva, ha osservato come «l’abitualità della professione non (fosse) stata contestata dall’oppost(a)»;
4. avverso tale pronuncia, la professionista ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura, successivamente illustrati con memoria;
5. l’I.N.P.S. ha depositato procura in calce alla copia notificata del ricorso;
6. chiamata la causa all’adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui all’art. 380 bis 1, comma 2, cod.proc.civ.
Considerato che
7. con il primo motivo, è dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 2941, comma 8, e 2935 cod.civ., in relazione alla legge nr. 335 del 1995, art. 2, commi 26-31, al D.L. nr. 462 del 1997, art. 1, e al D.Lgs. nr. 241 del 1997, art. 10, comma 1, per avere la Corte d’appello ritenuto che l’omessa compilazione del «quadro RR» nella dichiarazione dei redditi configurasse doloso occultamento dell’esistenza di un debito previdenziale;
8. parte ricorrente deduce, in particolare, come la Corte di appello, a fondamento del decisum, abbia richiamato il precedente giurisprudenziale di Cass. nr. 6677 del 2019, senza tener conto dell’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte la quale, in numerose pronunce successive, ha evidenziato l’assenza di un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR e l’occultamento del debito contributivo;
9. il motivo è fondato;
10. come osservato dalla ricorrente, questa Corte ha, oramai, definitivamente chiarito che: «In tema di sospensione della prescrizione dei contributi dovuti dai professionisti a seguito d’iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, non è configurabile un automatismo tra la mancata compilazione del quadro RR nella dichiarazione dei redditi e l’occultamento doloso del debito contributivo». Il relativo accertamento costituisce, piuttosto, oggetto di giudizio di merito, censurabile in cassazione nei ristretti limiti di cui all’art. 360, comma 1, nr. 5 cod.proc.civ.» (Cass. n. 37529 del 2021; Cass. nr. 4898 del 2022; Cass. nr. 5578 del 2022; Cass. nr. 34583 del 2022 e numerose altre);
11. nella fattispecie concreta, difetta, a ben vedere, il doveroso accertamento in ordine allo stato soggettivo della professionista, inadempiente agli obblighi contributivi: la Corte territoriale, nella sostanza, ha ricavato il dolo del debitore -e per l’effetto ritenuto operante la causa di sospensione della prescrizione ex art. 2941 nr. 8 cod.civ.-dalla «mancata compilazione del quadro (id est: del quadro RR)». Al riguardo, ha, infatti, osservato come una tale condotta «non p(otesse) che costituire causa di sospensione del termine prescrizionale»;
12. tale affermazione, che costituisce il nucleo fondante della decisione, contravviene al principio di diritto sopra richiamato, il quale, come evidenziato, rimette al giudice del merito la valutazione delle circostanze di fatto che comprovano l’elemento soggettivo del dolo del debitore, ai fini dell’applicazione della causa sospensiva della prescrizione di cui all’art. 2941 nr. 8 cod.civ., (come peraltro affermato nella motivazione della stessa ordinanza nr. 6677 del 2019, richiamata nella sentenza impugnata) sicché non può essere sufficiente la mera verifica della mancata compilazione del quadro RR allegato alla dichiarazione dei redditi (v., di recente, per analogo percorso motivazionale, Cass. nr. 4170 del 2023);
13. con il secondo motivo, è dedotta la violazione e falsa applicazione della legge nr. 335 del 1995, artt. 26 e 31 (recte: art. 2, commi 26-31), dell’art. 18, commi 1 e 2, del DL nr. 98 del 2011, del D.P.R. nr. 917 del 1986, art. 53, della legge nr. 576 del 1980, artt. 10, 11 e 22, per avere la Corte di appello ritenuto che sussista l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata presso l’Inps a carico del professionista avvocato che abbia recepito redditi di importo inferiore a 5.000,00 euro; per aver, comunque, ricavato l’abitualità dalla non contestazione, che non può riguardare circostanze che implicano un’attività di giudizio, e per aver elevato a presunzioni iuris et de iure l’iscrizione all’Albo e l’apertura della partita IVA;
14. il secondo motivo è, invece, complessivamente da rigettare;
15. conformemente a Cass. nr. 4419 del 2021 (e numerosissime successive pronunce) va ribadito che, nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettura del combinato disposto dell’art. 2, comma 26, della legge nr. 335 del 1995, per come autenticamente interpretato dall’art. 18, comma 12, del D.L. 6 luglio 2011, nr. 98, conv. con modif. in L. 15 luglio 2011, n. 111, e dell’art. 44 del D.L. nr. 269 del 2003, conv. con modif. in L. nr. 326 del 2003, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione Separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento. La produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce, invece, il presupposto affinché anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità;
16. a chiarimento dell’espresso principio, Cass. nr. 29272 del 2022 ( in motivazione, punto 17) ha osservato che «la produzione di un reddito superiore alla soglia cit. (id est: euro 5.000,00) vale a privare di rilievo ogni questione circa la natura abituale o occasionale dell’attività libero-professionale da assoggettare a contribuzione, dal momento che il superamento della soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44 cit., determina comunque la sottoposizione all’obbligo di contribuzione in favore della Gestione separata»;
17. quanto, invece, all’accertamento, ove necessario, del carattere abituale dell’attività professionale, il Giudice di merito si deve avvalere delle presunzioni semplici ricavabili, ad esempio, dall’iscrizione all’albo, dall’accensione della partita IVA o dall’organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività, mentre la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a Euro 5.000,00 potrà semmai rilevare quale indizio – da ponderare adeguatamente con gli altri che siano stati acquisiti al processo – per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità ( in motivazione, Cass. nr. 4419 del 2021 cit. e plurime successive);
18. in relazione a tale ultimo profilo, la Corte territoriale non ha commesso errori di diritto perché ha proceduto all’accertamento, di fatto, imposto dalla fattispecie astratta. Il giudizio di «abitualità» è reso valorizzando, da un lato, gli indici presuntivi di cui si è detto e, dall’altro, in base al principio di «non contestazione» (id est: di non contestazione dei fatti da porsi a base del giudizio di abitualità);
19. le censure, come sviluppate, non incrinano, con la dovuta specificità, il fondamento giustificativo della decisione;
20. come in più occasioni ribadito dalla Corte, il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione di tutti gli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione (fra molte, Cass. nr. 20637 del 2016). Nella specie, i rilievi mossi alla sentenza impugnata si limitano, invece, a riportare, per mera sintesi, solo la memoria di costituzione in appello della professionista (v. pag. 9 del ricorso), insufficiente per apprezzare adeguatamente l’errore di diritto in cui, in ipotesi, sarebbe incorsa la Corte territoriale;
21. in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso e rigettato il secondo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Napoli che, in diversa composizione, procederà ad un nuovo accertamento in ordine al profilo sopra evidenziato;
22. al giudice del rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, alla quale demanda il regolamento anche delle spese del giudizio di legittimità.
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