CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27332 depositata il 26 settembre 2023
Lavoro – Fusione per incorporazione – Trasferimento di ramo d’azienda – Contratto di solidarietà – Termine decadenziale di cui all’art. 32 Legge n. 183/2010 – Cessione del contratto di lavoro nell’ambito di un trasferimento ex art. 2112 cod. civ. – Rivendica nei confronti del cessionario – Accoglimento
Rilevato che
Con sentenza n. 713 del 2018, la Corte d’appello di Milano ha respinto il ricorso dei lavoratori P.M., G.L., R.V., V.F. e M.R.V., avverso la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda dai medesimi proposta nei confronti di J.C.I. s.r.l., S. S.p.A. e B.L.S. S.p.A., confermando integralmente la sentenza del Tribunale di Milano.
Si evince dalla pronunzia che i ricorrenti erano stati assunti dalla S.M.C. S.p.A. (di seguito SMC) per la quale avevano lavorato dal 1 luglio 2002 (ad eccezione della Sig.ra V., assunta da B.L.S.I. s.r.l. nel 2007) e che la SMC aveva successivamente assunto la denominazione di S.H. S.p.A. per essere poi fusa per incorporazione nella S. S.p.A.; medio tempore, la SMC aveva trasferito a B.L.S.I. S.p.A. il ramo di azienda “M.M.I.W.” dello stabilimento di Marcianise, impegnandosi al reimpiego dei lavoratori in caso di mancato rinnovo del contratto con BLG e che N. S., succeduta alla SMC, aveva trasferito, in data 24 ottobre 2007, a J.C. s.r.l., il ramo d’azienda relativo alle attività manifatturiere dello stabilimento di Marcianise.
Secondo le deduzioni di parte ricorrente, a far data dal gennaio 2015, tutti i lavoratori, compresi gli istanti, erano stati collocati temporaneamente in contratto di solidarietà fino al 18.1.2016 e trasferiti presso il magazzino esterno sito in Maddaloni (CE), ove era in corso un altro appalto affidato sempre da J. alla BLG.
I ricorrenti, in particolare, hanno dichiarato di aver sempre espletato la propria attività lavorativa nel sito produttivo di Marcianise utilizzando i medesimi beni ed attrezzature nonostante i mutamenti societari intervenuti nel tempo e che, alla fine del mese di settembre 2015, al rientro dalle ferie, erano venuti a conoscenza del fatto che la J.C., succeduta a J.C. nel corso del 2009, aveva internalizzato le attività originariamente appaltate alla BLG, ad eccezione dei ricorrenti, talchè l’attività inerente lo stoccaggio e la movimentazione delle materie prime e dei prodotti finiti dello stabilimento di Marcianise, già svolta dai ricorrenti, risultava essere espletata, senza soluzione di continuità, da addetti di J. che utilizzavano posti di lavoro, mezzi e attrezzature già in possesso di BLG e da sempre utilizzati dai lavoratori di quest’ultima.
I lavoratori indicati in epigrafe hanno, quindi, adito il Tribunale per ottenere che, in via preliminare, venisse accertato che si era verificato un trasferimento d’azienda o meglio, di ramo d’azienda per effetto della internazionalizzazione del ramo da BLG a J. e, per l’effetto, venissero riammessi in servizio nel posto di lavoro e con le mansioni precedentemente svolte al fine di consentire la prosecuzione del rapporto ex art. 2112 cod. civ. con la J. e con la condanna al pagamento delle retribuzioni spettanti in caso di inottemperanza.
In via subordinata, che venisse dichiarato inadempiuto da S. S.p.A. l’obbligo di reimpiego presso J. secondo quanto previsto dalla lettera 30 settembre 2005 con conseguente condanna della società al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni dal 15 gennaio 2015.
Respinta la domanda in primo grado, la Corte d’appello di Milano, rigettando le censure degli appellanti, in accordo con la pronuncia del Tribunale, ha ritenuto che i lavoratori avrebbero avuto conoscenza del trasferimento nel mese di gennaio e non di settembre, in forza dell’accordo sindacale del 16 gennaio 2015; ciò sarebbe, altresì, comprovato dalla collocazione dei lavoratori in contratto di solidarietà e da altri cambiamenti di carattere logistico, ad esempio le modalità di svolgimento dell’attività lavorativa: ha, quindi, concluso, per tali ragioni, dichiarando la decadenza ex art. 32 della legge 183 del 2010.
Inoltre, il giudice di merito ha escluso l’esistenza di un obbligo al reimpiego in capo alla S. S.p.A per effetto della lettera del 30 settembre 2015; infatti, si sarebbe trattato non di un vero e proprio “accordo”, ma di una “rassicurazione” resa alle organizzazioni sindacali quale passaggio delle relazioni con le stesse.
Per la cassazione della sentenza propongono ricorso i lavoratori P.M., G.L., R.V., V.F. e M.R.V., affidandolo a due motivi, illustrati da memoria.
Resistono, entrambe con controricorso assistito da memoria, le società J.C.I. s.r.l. e S. S.p.A.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966 come modificato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010, degli artt. 2112, 2697, 1175 e 1375 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 e nl 5 c.p.c.; il giudice di merito avrebbe errato nell’individuare nella data del 15 gennaio il momento da cui far decorrere il termine decadenziale di sessanta giorni dal trasferimento, non esistendo una cessione del contratto di lavoro in forma scritta.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss., 1324, 1372, 1218, 1223, 1411 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c., poiché il giudice di merito non avrebbe considerato il testo della lettera del 30 settembre 2005 in relazione all’accordo sindacale relativo alla cessione del ramo di azienda “M.M.I.W.”, così da non rilevare gli obblighi assunti nei confronti dei lavoratori.
La controricorrente S. S.p.A. nel rilevare l’inammissibilità del ricorso in considerazione della mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei eccepisce, altresì, la sussistenza di effetti riflessi del giudicato di cui alla sentenza n. 714 del 2 luglio 2018 divenuta cosa giudicata, essendo tale decisione fondata sulla medesima causa petendi e petitum della presente questione.
1. Va preliminarmente rilevato come debba essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso per effetto degli effetti riflessi del giudicato.
Come è noto l’art. 2909 c.c. prescrive che il giudicato faccia stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa presupponendo, quindi, che vi sia una identità delle parti mentre va sottolineato che, di recente, questa Corte ha sottoposto a profonda revisione critica tale principio, affermandone “l’inaccettabilità, nel nostro sistema”, anche per il potenziale conflitto con i “princìpi costituzionali che attengono ai diritti di azione, di difesa in giudizio e del ciò si porrebbe in contrasto con i diritti di azione, di difesa in giudizio e del contraddittorio tra le parti (art. 24 e 111 Cost.) (Cass. n. 28767 del 2022) finendo col legittimare, per via giudiziaria, l’imposizione, a carico di una parte, di effetti pregiudizievoli rivenienti da giudizi a cui detta parte non fu (o non sarà) in alcun modo posta in grado di partecipare” (v. diffusamente, Cass. n. 12969 del 2022; in precedenza v. Cass. n. 18325 del 2019; Cass. n. 12394 del 2020; Cass. n. 35037 del 2021).
In ogni caso, anche a voler ritenere operante il principio nella sua forma debole, nel senso che l’affermazione oggettiva di verità contenuta nella sentenza possa produrre conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione (v. Cass. n. 6788 del 2013; Cass. n. 17931 del 2019), trattasi di fenomeno estraneo al giudicato di cui all’art. 2909 c.c., che è la disposizione denunciata dal ricorrente, in quanto la sentenza assume piuttosto valore di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell’accertamento giudiziale (v. Cass. n. 19492 del 2007; Cass. n. 2370 del 2015; Cass. n. 18539 del 2015); sicché la sua valutazione probatoria attiene al potere di accertamento dei fatti che è demandato al giudice del merito e che si sottrae al sindacato di legittimità.
2. Il primo motivo è fondato nei termini che seguono.
Va preliminarmente rilevato come la questione della inapplicabilità alla specie del termine decadenziale di cui all’art. 32 L. n. 183 del 2010 sia stata sollevata da parte ricorrente, anche in secondo grado essenzialmente sotto il profilo del difetto di forma scritta del trasferimento e della mancata conoscenza (all’epoca individuata dalla Corte territoriale) del medesimo.
Nondimeno, occorre sottolineare che, seguendo l’insegnamento delle Sezioni Unite, (cfr., Cass., S.U., 27 ottobre 2016, n. 21691) secondo cui, in base al combinato disposto degli artt. 329, secondo comma, e 336, primo comma, cod. proc. civ., l’impugnazione di una parte della sentenza che sia avvinta all’altra da un legame inscindibile di pregiudizialità preclude il formarsi del giudicato, questa Corte ha chiarito che il giudicato cade pur sempre su un’unità minima di decisione, che a un fatto, qualificato da una norma, riconnette un determinato effetto (cfr., fra le altre, Cass. n. 7030 del 2023; Cass. n. 32683 del 2022; Cass. n. 28575 del 2022).
Il Collegio, conseguentemente, deve portare al proprio esame il contenuto e la portata della disposizione legislativa rilevante nella specie con particolare riguardo all’ambito di applicazione della medesima.
Giova evidenziare, al riguardo, che l’art. 32 co. 4 della legge n. 183 del 2010 prevede che: «Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche:
a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente legge; c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data di trasferimento; d) in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’art. 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto».
Orbene, la specie che qui ne occupa riguarda l’ipotesi in cui il lavoratore non impugna la cessione del contratto di lavoro nell’ambito di un trasferimento ex art. 2112 cod. civ. ma , all’inverso, la rivendica.
Come già evidenziato da questa Corte, (Cass. n. 3229 del 2017) è opportuno premettere che la ratio dell’art. 32 della legge citata è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione dell’art. 6 della legge n. 604 del 1966 (previamente modificato) sull’impugnativa stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento (Cass. n. 13648 del 2019). La finalità è quella, riconosciuta in sostanza anche dalla Corte territoriale, di contrastare pratiche di rallentamento dei tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per provocare una moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale sentenza favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in situazioni in cui si ha l’esigenza di conoscere, con precisione ed entro termini ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell’organico aziendale.
Tuttavia, trattandosi di una limitazione temporale per l’esercizio dell’azione giudiziaria di non poco conto, tanto da dovere ritenere che la norma oggetto di esame abbia carattere di eccezionalità, si impone una interpretazione particolarmente rigorosa, soprattutto con riguardo alla fattispecie di chiusura prevista dall’art. 32 co. 4 lett. d) legge citata (Cass. n. 13179 del 2017).
Tale rigorosità, proprio perché riferita ad una clausola “aperta” di natura eccezionale, deve confrontarsi necessariamente con i limiti previsti dalla nostra Costituzione (artt. 2, 111 e 117), dal diritto euro-unitario (art. 47 della Carta di Nizza, in considerazione della natura della controversia che riguarda il tema della successione in un ramo di azienda) e dal diritto convenzionale (artt. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo), nel senso che occorre pur sempre tenere conto dei possibili profili di illegittimità con riguardo ad un ambito applicativo di tipo estensivo o analogico della norma in questione, caratterizzata dalla previsione di un istituto eccezionale da integrare sistematicamente in una norma di chiusura. Sempre sotto il profilo esegetico della legge, va ribadito che l’interpretazione letterale è il primo criterio interpretativo e, solo quando questo non sia chiaro ed univoco, il significato e la connessa portata precettiva possono essere integrati con l’esame complessivo del testo e della “mens legis” (Cass. n. 5128 del 2001; Cass. n. 12081 del 2003; Cass. n. 24165 del 2018).
Orbene, proprio avendo riguardo ad una interpretazione letterale, deve porsi l’attenzione sull’aggettivo usato dal legislatore nella lettera d) del comma quarto dell’art. 32, vale a dire allorquando è stata specificata la locuzione “in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’art. 27 del decreto legislativo 20.9.2003 n. 276 ….”.
Questa Corte (Cass. n. 3229 del 2017 cit.) ha ritenuto al riguardo che con il termine “altro” si siano volute escludere le fattispecie riconducibili, in qualche modo, a quelle già regolate dalle diverse lettere della norma in questione. Se, pertanto, il fenomeno della cessione del contratto di lavoro, avvenuta ai sensi dell’art. 2112 cc, è stata già disciplinata dal legislatore (lett. c), nella misura in cui risulta essere stata precisata e limitata da questa Corte di legittimità, non può poi una fattispecie relativa allo stesso fenomeno, ma posta in termini differenti e già esclusa dalla ipotesi tipizzata, considerarsi disciplinata dalla norma di chiusura di natura eccezionale. Quando il legislatore, infatti, ha voluto specificare che una particolare situazione rientrasse nell’ambito applicativo della disposizione “aperta”, nonostante la stessa potesse ritenersi in qualche modo disciplinata nelle ipotesi di cui alle lettere precedenti o potesse avere punti di contratto con esse, lo ha specificato chiaramente, come per esempio con il richiamo espresso all’art. 27 del D.lgs. n. 276 del 2003. In caso contrario, si avvalorerebbe una interpretazione irragionevolmente estensiva ed avulsa dalla lettera della legge. Il secondo argomento considerato è invece costituito dall’esito di un esame complessivo della clausola di cui alla lett. d) citata, nel senso che essa, per come formulata, presuppone la sussistenza di una sorta di “contatto” lavorativo pregresso tra lavoratore e soggetto diverso dal titolare del contratto (cfr. Cass. n. 13179 del 2017 in tema di cambio appalto). Tale “contatto” certamente non è ravvisabile nella situazione di un lavoratore escluso che rivendichi la cessione del proprio contratto di lavoro nei confronti del cessionario, nell’ambito di un trasferimento ex art. 2112 cod. civ., perché non si è in presenza di alcuna azione diretta a contrastare fenomeni interpositori o comunque di contitolarità del rapporto di lavoro, ma unicamente del riconoscimento del diritto a rientrare nel gruppo dei lavoratori oggetto della cessione in favore della impresa terza cessionaria.
3. Alla luce delle suesposte argomentazioni, il primo motivo di ricorso deve essere accolto, restando assorbita la trattazione del secondo.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.
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