Corte di Cassazione, ordinanza n. 2935 depositata il 31 gennaio 2023
art. 109 c5 TUIR – inerenza – requisiti – sanzioni – cumulo giuridico – applicabilità
Rilevato che:
- la società I.G. s.r.l. ricorreva avverso tre autonomi avvisi di accertamento per Ires, Iva e Irap con i quali l’agenzia delle entrate contestava alla contribuente G.E. s.r.l. e alla consolidante I.G. s.r.l., in quanto solidalmente responsabile, maggiore Ires, Robin hood tax ed iva a fronte del difetto di inerenza di costi per spese di pubblicità relativi a due contratti di sponsorizzazioni stipulati con le società Q.D. di C.E., impresa agricola di allevamento cavalli, ed E.R. di G.F., ditta quest’ultima che esercita il commercio elettronico di beni mobili usati ed attività secondaria di organizzazione e promozione di manifestazioni sportive di go‒kart;
- pare opportuno precisare, preliminarmente, che la presente controversia ha per oggetto l’avviso di accertamento relativo al recupero ai fini Ires nei confronti della I.G. r.l.;
- il giudice di primo grado rigettava il ricorso;
- appellava la società; la CTR rigettava l’appello, ritenendo in particolare, per quanto qui di interesse, che non era evidenziato il necessario nesso causale tra le sponsorizzazioni e la produzione del reddito della società ricorrente; i contratti erano generici e privi dei dettagli tecnici delle prestazioni da fornire; l’attività esercitata dalla E.R. era finalizzata a consentire la partecipazione a gare giovanili di go‒kart da parte di M.L., figlio della titolare G.F. e di M.P., legale rappresentante della ricorrente e in passato amministratore della stessa IGE;
- in sintesi, nessuna prova concreta era stata prodotta, pertanto la contribuente non aveva assolto al compito di dimostrare le motivazioni di carattere economico poste a fondamento delle scelte operate;
- ricorre a questa Corte la società contribuente con atto affidato a tre motivi illustrati da memoria; resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria;
Considerato che:
- il primo motivo di ricorso censura la pronuncia impugnata per violazione del principio di inerenza, nonché dell’art. 41 Cost., dell’art. 109 5 TUIR e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., per avere il giudice dell’appello erroneamente posto a carico delle ricorrenti l’onere di dimostrare la correlazione tra l’attività di sponsorizzazione e la produzione dei redditi e non – come avrebbe invece dovuto – l’attività di impresa;
- il motivo, alla luce delle osservazioni svolte in memoria, diversamente da quanto esposto nella proposta del Consigliere Relatore (Cass. SS. UU. n. 8999 del 2009), è fondato;
- la CTR non ha fatto in concreto puntuale applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1465 del 21/01/2009) secondo la quale in tema di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, l’inerenza all’attività di impresa delle singole spese e dei costi affrontati ex art. 109 c. 5 TUIR, va interpretata come una relazione tra due concetti – la spesa (o il costo) e l’impresa – che implica un accostamento per l’appunto concettuale fra due circostanze, con la conseguenza che il costo (o la spesa) assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile, non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili (conformi sul punto Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4041 del 27/02/2015; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20049 del 11/08/2017; in argomento vedasi, tra molte, Cass. n. 3518 del 2006, n. 16730 del 2007; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 20049 del 11/08/2017; tra le più recenti Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2224 del 02/02/2021; in tema anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24880 del 18/08/2022);
- in dettaglio, la CTR ha ritenuto che “i contratti di sponsorizzazione … non evidenziano il necessario nesso causale tra le sponsorizzazioni e la produzione del reddito della società ricorrente …”, e che la stessa “non ha assolto al compito di dimostrare le motivazioni di carattere economico poste a fondamento delle scelte operate”; secondo la CTR difetta quindi il collegamento tra i costi e i ricavi (“la produzione del reddito”), con ciò erroneamente richiedendo, ai fini dell’inerenza, una relazione costi-ricavi, alla quale invece l’attuale sistema dell’imposizione del reddito di impresa ha da tempo sostituito la relazione costi-attività d’impresa, questa diretta a produrre il reddito in forza delle quotidiane scelte economiche;
- non solo: la CTR ha ritenuto difettosa l’inerenza, segnalando come tale requisito sarebbe stato dimostrato con la presenza di un “business plan, con uno studio di fattibilità sui costi e sui tempi di rientro dell’investimento”, con ciò imponendo, ai fini della prova dell’inerenza che grava sul contribuente, una serie di oneri formali e sostanziali che la disciplina di cui all’art. 109 c. 5 TUIR non prevede affatto;
- questa Corte costantemente e ancora di recente ha affermato, sul punto, che (in termini si veda Sez. 5, Sentenza n. 11324 del 07/04/2022) in tema di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, l’inerenza dei costi di sponsorizzazione rispetto all’attività di impresa va intesa in senso qualitativo, come potenziale e indiretto beneficio per l’attività imprenditoriale, e non in senso meramente quantitativo, come utilità, concreto vantaggio o futuro incremento della stessa;
- pertanto, nel ritenere da un lato necessario un beneficio solo diretto rispetto all’attività di impresa e dall’altro vincolando la prova dell’inerenza al rispetto di requisiti non previsti da alcuna disposizione di legge, la CTR si è in effetti disallineata rispetto ai principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte;
- in accoglimento del motivo in parola, la sentenza è quindi cassata;
- con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione dell’art. 132 2 n. 4 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. ne c.p.c., 36 c. 2 del d. Lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 111 c. 6 Cost. e dell’art. 116 c.p.c., tutti in relazione all’art. 360 c. 1 n. 4 c.p.c., per avere la CTR reso motivazione apparente non esternando le ragioni per le quali la documentazione prodotta dalla società non fosse idonea a comprovare la sussistenza dei requisiti per la deducibilità dei costi;
- il motivo è infondato;
- la motivazione della pronuncia gravata non è apparente, collocandosi essa al di sopra del c.d. “minimo costituzionale” (Cass. SS. UU. Sent. N. 8053/2014) dal momento che le ragioni poste a base del decidere sono chiaramente esposte e illustrate con riferimento ai fatti di causa, alle allegazioni delle parti e alle disposizioni rilevanti che debbono applicarsi al fatto dedotto;
- il terzo motivo si incentra sulla violazione dell’art. 12 c. 1 e c. 3 del Lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360 c.1 n. 3 c.p.c., per avere la CTR mancato di rideterminare le sanzioni ai sensi delle disposizioni sopra richiamate in quanto le stesse andavano rimodulate, dal momento che le singole violazioni contestate al contribuente rilevanti ai fini di più tributi erano collegati tra loro poiché con una sola azione od omissione o con più azioni od omissioni era stata violata la stessa disposizione;
- nel concreto, le sanzioni erano erogate (oltre che nell’atto qui impugnato) nei due ulteriori avvisi riferiti l’uno al recupero della maggiore iva e Robin Hood tax e l’altro al recupero della maggior IRAP dovuta per il periodo d’imposta 2012;
- va premesso che secondo giurisprudenza costante (tra molte, si veda Sez. 5, Sentenza n. 17134 del 28/06/2018) in tema di sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie, l’applicazione del regime del cumulo giuridico delle sanzioni, previsto dall’art. 12 del d. Lgs. n. 472 del 1997, può essere richiesta soltanto nell’ambito di un “iter” processuale corretto, che, per quanto attiene al giudizio di legittimità, presuppone la formulazione della richiesta nel giudizio di merito, affinché essa possa essere riproposta, se rigettata o non valutata, nel giudizio di cassazione;
- nel presente caso, il profilo risulta correttamente dedotto di fronte ai giudici del merito, come si evince dalla lettura della pronuncia impugnata (pag. 3 terzultimo periodo);
- venendo al contenuto della censura, il motivo si rivela evidentemente fondato, come correttamente anche meglio precisato in memoria;
- infatti, si evince dalla trascrizione degli avvisi di accertamento – sia quello qui impugnato sia quelli relativi all’IVA e alla Robin Hood Tax – che la violazione più grave era effettivamente quella relativa all’Ires, tributo oggetto del presente Da ciò deriva che la sanzione andava determinata partendo per l’appunto dalla violazione in tema di IRES qui contestata, aumentandosi il carico sanzionatorio come previsto dagli artt. 12 c. 1 e 12 c. 3 del d. Lgs. n. 472 del 1997 e non nella misura di cui all’art. 1 c. 2 del ridetto D.Lgs., come invece ha proceduto l’Ufficio nell’avviso oggetto di impugnazione in questa sede (in argomento, Cass. n. 11432/22, punto 13; in termini anche Cass. n. Sez. 5, Sentenza n. 7299 del 2021, punto n. 15.3, citata in memoria, che per vero affronta un diverso profilo, in quel caso, con riguardo al vizio dedotto di fronte a questa Corte);
- pertanto, in accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, la sentenza è sul punto cassata con rinvio al giudice dell’appello che dovrà rivalutare il merito della controversia e comunque – se dovute – rideterminare le sanzioni da irrogarsi in forza dei principi sopra indicati; il secondo motivo è rigettato;
p.q.m.
accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso; rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione che statuirà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.
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