Corte di Cassazione ordinanza n. 2943 depositata il 7 febbraio 2018
AGRICOLTURA – AGEVOLAZIONI FISCALI – PICCOLA PROPRIETA’ CONTADINA
Svolgimento del Fatto
1. R.D.M. stipulava, in data 21.12.2001, atto di compravendita per l’acquisto di un appezzamento di terreno agricolo, facendo espressa richiesta di voler usufruire delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 4 della I. 1954/604 e produceva all’uopo certificato provvisorio rilasciato dall’allora ispettorato regionale per l’Agricoltura di Vicenza.
In seguito, l’ufficio accertava la carenza delle condizioni di legge per usufruire delle agevolazioni, poiché il contribuente non aveva prodotto nel termine triennale di cui alla norma citata il certificato definitivo.
In data 4.07.2007, l’Agenzia revocava le agevolazioni concesse e con avviso di liquidazione liquidava le maggiori imposte.
In data 3.08.2007, il contribuente presentava istanza di autotutela depositando l’originale del certificato definitivo di idoneità rilasciato in data 8.04.2003.
L’istanza di autotutela veniva negata ed il contribuente in data 16.10.2007 provvedeva a corrispondere le maggiori imposte, riconoscendo di non aver presentato nei termini di legge – per causa a lui imputabile – il certificato attestante i requisiti per l’agevolazione richiesta.
Il 27.08.2009, il contribuente richiedeva il rimborso delle maggiori imposte citando la Circolare dell’agenzia delle entrate del 23.05.2007, ma l’Ufficio respingeva l’istanza.
Il contribuente proponeva ricorso alla CTP di Vicenza che rigettava il ricorso.
La sentenza di rigetto veniva impugnata dal sign D.M. e la CTR del Veneto accoglieva l’appello compensando le spese, sul presupposto che gli atti erano comunque in possesso della P.A..
Avverso la sentenza n. 101/25/2012, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione affidandosi ad un motivo.
Resiste con controricorso il contribuente.
Ragioni di diritto
2.1. La ricorrente, con unico motivo, censura, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 3, 4, e 5 L 1954/604, nella parte in cui pur avendo il contribuente provveduto al deposito del certificato definitivo oltre il triennio di cui al secondo comma dell’art. 4 cit., ha ritenuto che il possesso della certificazione da parte dell’Amministrazione pubblica, anche se di altra articolazione, sopperiva alla omessa consegna.
Sostiene, invece, l’Agenzia che l’agevolazione è subordinata alla consegna all’ufficio nel termine indicato del certificato definitivo, termine ritenuto di natura decadenziale dalla giurisprudenza di legittimità e che l’omessa consegna osta alla decadenza del diritto solo nelle ipotesi in cui il contribuente dimostri di aver operato con adeguata diligenza allo scopo di conseguire la certificazione in tempo utile.
Aggiunge, altresì, che nel caso di specie, il medesimo contribuente ha riconosciuto la negligenza del suo comportamento nell’aver richiesto tardivamente il certificato definitivo.
Il motivo è fondato, giacché il contribuente che non adempia l’obbligo di produrre il certificato definitivo nel termine decadenziale di tre anni conserva il beneficio solo se prova di aver diligentemente agito per ottenere il certificato in tempo utile, senza riuscirvi per colpa degli uffici competenti (Cass. 12 luglio 2005, n. 14671; Cass. 16 aprile 2010, n. 9159; Cass. 12 maggio 2011, n. 10406; Cass. n. 16425/2015; Cass. 15489 del 2016; Cass. n. 9842 del 2017); la diligenza del contribuente deve essere adeguata alle circostanze concrete e non si arresta alla richiesta iniziale (Cass. 16 aprile 2010, n. 9159, in motivazione).
Il giudice d’appello si è discostato da tali principi, affermando che “null’altro possa esigersi dal contribuente se non la presentazione della richiesta di certificato, essendo l’Amministrazione in possesso della documentazione”; viceversa, la richiesta deve essere diligentemente seguita, fornendo la documentazione mancante che l’ufficio pubblico competente eventualmente richieda (nella tesi erariale proprio questa integrazione è stata negligentemente tardiva).
Il diritto al rimborso che, secondo, il resistente sarebbe garantito, in ogni caso, ai sensi del successivo art. 5 I. 604/1954 riguarda una ipotesi affatto difforme da quella disciplinata dall’art. 4 ed in ogni caso il suo esercizio è consentito entro un termine – anch’esso decadenziale – per ottenere il rimborso delle imposte versate all’atto della registrazione dell’atto traslativo della proprietà e subordinatamente alla dimostrazione della presenza dei requisiti di cui alla normativa in esame.
Il diritto al rimborso di cui all’art. 5 cit. non può dunque essere applicato analogicamente, trattandosi di norme tassative, ad ipotesi diverse da quelle previste ed in particolare alla istanza di rimborso presentata dopo il pagamento dell’avviso di liquidazione, istanza che avrebbe potuto essere riconosciuta solo previo annullamento dell’atto amministrativo divenuto invece definitivo, in assenza di impugnazione tempestiva.
Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre possono essere compensate fra le parti le spese per i gradi di merito in considerazione dell’andamento dei giudizi di merito.
P.Q.M.
– Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge il ricorso originario del contribuente;
Dichiara compensate le spese di lite dei giudizi di merito;
Condanna il contribuente alla refusione delle spese di lite sostenute dall’Agenzia che liquida in euro 5.000,00 oltre rimborso forfettario, iva e cpa come per legge oltre le spese prenotate a debito.
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