Corte di Cassazione, ordinanza n. 31163 del 2 novembre 2021
licenziamento – comunicazione a mezzo raccomandata
RILEVATO
– che, con sentenza del 22 febbraio 2019, la Corte d’Appello di Milano, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Milano, accoglieva la domanda proposta da Stefano Sandro Galdo nei confronti di Poste Italiane S.p.A. avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli, condannando ai sensi dell’art. 18, comma 6, n. 300/1970, nel testo novellato dalla l. n. 92/2012, la Società al pagamento in favore del Galdo dell’indennità risarcitoria quantificata in dieci mensilità della retribuzione globale di fatto;
– che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto il licenziamento viziato nella forma, per essere stato emesso il provvedimento oltre il termine di trenta giorni dalla scadenza dei cinque giorni concessi al lavoratore per la presentazione delle giustificazioni, stante la computabilità del medesimo a decorrere dalla data dell’avviso di deposito della raccomandata recante la comunicazione del provvedimento e non già da quello di compimento del termine di giacenza del plico non ritirato presso l’ufficio postale e come tale suscettibile dell’applicazione della sanzione meramente indennitaria prevista a fronte di tali vizi dal nuovo testo dell’art. 18, comma 6, n. 300/1970, non rilevando in senso contrario il disposto dell’art. 55, comma 4, del CCNL, che, nel prevedere in caso di violazione del termine la sola conseguenza meramente procedurale dell’archiviazione della sanzione, non attribuisce alcuna valenza sostanziale al decorso del termine stesso;
– che per la cassazione di tale decisione ricorre il Galdo, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la Società, che a sua volta ha proposto ricorso incidentale, articolato su due motivi, cui resiste, con controricorso, il Galdo;
– che entrambe le parti hanno poi presentato memoria;
CONSIDERATO
– che, con il primo motivo, il ricorrente principale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 55, comma 4, del CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane del 14.4.2011, lamenta l’incongruità logica e giuridica, a fronte del disposto dell’invocata norma contrattuale, del presupposto su cui la Corte territoriale ha fondato il proprio pronunciamento dato dalla permanenza e dalla rilevanza in sè, al di là della prescritta archiviazione del procedimento, del fatto oggetto dell’addebito disciplinare contestato, dovendosi, viceversa, a suo dire, ritenere esaurita, in quanto definito con l’archiviazione del procedimento, l’esercizio del potere disciplinare in relazione al fatto contestato;
– che con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 6, I. n. 300/1970 in relazione all’art. 7 della medesima legge, lamenta l’incongruità logica e giuridica dell’argomentazione in base alla quale la Corte territoriale ha limitato a dieci, anziché riconoscerle nel numero massimo di 12, le mensilità dovute a titolo di indennità risarcitoria, argomentazione riferita ad un pregressa condotta disciplinarmente rilevante;
– che, nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione degli 91 e 92 c.p.c. è prospettata in relazione alla disposta compensazione tra le parti delle spese di lite estesa, sulla base di una motivazione che, a detta del ricorrente, non sorregge la decisione assunta, alla fase sommaria e di opposizione integranti il primo grado di giudizio;
– che, dal canto suo, la Società ricorrente incidentale, con il primo motivo, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 40, comma 3, P.R. n. 655/1982, 1335 e.e. e 24, comma 2, Cost., lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento espresso dalla Corte territoriale, per cui la conoscibilità del contenuto della raccomandata inviata all’indirizzo del destinatario, ma da questi non ricevuta a motivo della sua precaria assenza, debba ritenersi raggiunta alla data del rilascio dell’avviso di deposito della stessa presso l’ufficio postale e non al compimento del periodo di giacenza presso l’ufficio medesimo;
– che, con il secondo motivo, sollevato subordinatamente al rigetto del motivo che precede, la Società ricorrente incidentale, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 6, n. 300/1970, lamenta l’incongruità rispetto ai criteri dalla legge indicati quali parametri per il giudizio diretto alla determinazione dell’indennità risarcitoria nell’ambito dei prescritti limiti minimi e massimi dell’iter valutativo a quei fini seguito dalla Corte territoriale;
– che, prendendo le mosse dal primo motivo del ricorso incidentale, stante la sua pregiudizialità logico-giuridica, è a dirsi come lo stesso risulti infondato alla stregua dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 2847/1997, Cass. n. 6256/2016 e, da ultimo, Cass. 23589/2018), secondo cui, ai sensi dell’art. 1335 e., la presunzione di conoscenza, nel caso in cui la dichiarazione sia pervenuta all’indirizzo del destinatario mediante lettera raccomandata non consegnata per l’assenza del destinatario, va ritenuta sussistente in coincidenza con il momento in cui si ha il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale;
– che, procedendo secondo la sequenza logica delle censure avanzate, deve dirsi infondato anche il primo motivo del ricorso principale, non proponendo la censura sollevata dal ricorrente alcun argomento che valga ad inficiare l’interpretazione accolta dalla Corte territoriale per cui l’art. 55, comma 4, del CCNL di categoria non attribuisce alcuna valenza sostanziale alla regola posta intesa a ricollegare al decorso del termine previsto per la valida irrogazione della sanzione il solo effetto dell’archiviazione dell’avviato procedimento disciplinare, di modo che la predetta previsione non è qualificabile, come il ricorrente vorrebbe qui sostenere, in termini di rinuncia all’esercizio del potere disciplinare, derivandone l’inconfigurabilità di un fatto disciplinarmente rilevante da poter ritenere, ai fini del regime sanzionatorio applicabile, sussistente, tanto più che, come puntualmente rilevato dalla Corte territoriale, questa Corte (cfr. Cass. 18.5.2018, n. 12231) ha ripetutamente incluso fra le violazioni di natura procedurale quelle concernenti la violazione dei termini stabiliti dalla legge o dal contratto collettivo per il compimento degli atti tipici del procedimento disciplinare, mentre la pronunzia parimenti resa da questa Corte invocata dal ricorrente (cfr. Cass. n. 21569/2018) riguarda una norma contrattuale che delinea quale conseguenza del decorso dell’analogo termine l’effetto dell’accettazione delle giustificazioni, avente carattere eminentemente sostanziale, incidendo sul fatto contestato nel senso di qualificarlo giustificato e, come tale, insussistente quale mancanza disciplinare;
– che, di contro inammissibili devono ritenersi tanto il secondo motivo del ricorso principale quanto il secondo motivo del ricorso incidentale, entrambi volti a censurare la statuizione resa dalla Corte territoriale in ordine alla quantificazione dell’indennità risarcitoria, ovviamente in termini opposti, l’uno perché disposta in misura inferiore al massimo di legge, l’altra in quanto la misura non era coincidente con il minimo legale, non dando conto il ricorrente principale del perché il criterio legalmente previsto del comportamento delle parti non possa includere la considerazione di episodi pregressi (quali appunto i precedenti disciplinari) verificatisi nel corso del rapporto e limitandosi il ricorrente incidentale ad affermare il carattere estremamente lieve della colpa del datore ed a correlare a ciò l’incongruità della quantificazione dell’indennità risarcitoria da correlarsi, a suo dire e senza dar conto del riferimento testuale contenuto nella norma in questione al regime di cui al quinto comma dello stesso 18, comprensivo di ulteriori criteri di quantificazione, al solo criterio della gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro;
– che infondato risulta altresì il terzo motivo del ricorso principale legittimandosi la disposta compensazione delle spese di lite anche con riguardo al primo grado, per integrare il dissenso opposto dal ricorrente alla composizione della lite proposta dalla Corte territoriale il rifiuto verso il complessivo assetto della posizione delle parti emerso dal giudizio finale tale da riflettere la loro reciproca soccombenza;
– che entrambi i ricorsi vanno dunque rigettati con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità in ragione della reciproca soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principale e incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi principale e incidentale, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.