Corte di Cassazione ordinanza n. 10131 depositata il 28 maggio 2020

È valida la notifica dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate eseguito direttamente a mezzo del servizio postale  (legge n. 146/1998), anche se al momento della consegna del plico il destinatario non venga temporaneamente rinvenuto. In tale ipotesi, infatti, la notifica si ha per avvenuta decorsi dieci giorni dal deposito dell’avviso nella cassetta postale

RILEVATO CHE:

1. la Sig.ra M. N. ricorre con sei motivi per la cassazione della sentenza n.211/17/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia (di seguito C.T.R.), depositata il 7 luglio 2011 e non notificata, che ha accolto l’appello dell’Ufficio e riformato la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Catania, in controversia relativa all’impugnazione della cartella di pagamento n.293 2002 00619005 per IRPEF, ILOR, S.S.N., oltre accessori, per gli anni d’imposta 1995 e 1996, con cui la contribuente deduceva la decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo per mancata notifica, seppur indicata in cartella, del prodromico avviso di accertamento entro i termini di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973;

2. la C.T.R., con la sentenza impugnata, rilevava, in primo luogo, che, in relazione alla tempestività dell’appello dell’Ufficio con riferimento al termine annuale, l’eccezione della contribuente andasse disattesa, poiché la raccomandata di spedizione del plico contenente l’appello era stata spedita un anno e quarantatrè giorni dopo il deposito della sentenza di primo grado;

in secondo luogo, che fosse ammissibile la produzione, da parte dell’Ufficio, per la prima volta in grado d’appello, della documentazione relativa agli avvisi di accertamento richiamati nella cartella esattoriale impugnata, poiché la stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8489/2009, aveva affermato che nel processo tributario di appello fosse possibile produrre nuovi documenti sui quali si era dibattuto in primo grado; in terzo luogo che, per quanto riguardava l’esame dell’idoneità della documentazione, al fine di dimostrare la notificazione degli avvisi di accertamento, l’Ufficio avesse assolto all’onere probatorio concernente l’avvenuta notifica degli avvisi stessi, il cui contenuto era ininfluente ai fini della decisione, attesa la mancata impugnazione degli atti impositivi;

3. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 19 novembre 2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. in legge 25 ottobre 2016, n.197.

CONSIDERATO CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso, la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.;

secondo la contribuente la C.T.R. avrebbe dovuto rigettare l’appello proposto dall’Ufficio, in quanto l’Agenzia delle Entrate, al fine di provare la notifica degli avvisi di accertamento, aveva prodotto delle semplici copie fotostatiche, illeggibili e non conformi all’originale, che l’appellata M.N. aveva contestato nelle controdeduzioni in secondo grado;

la ricorrente deduce che, anche in tema di contenzioso tributario, la produzione di documenti in copia fotostatica costituisce un mezzo di prova idoneo, soltanto se la controparte non ne contesti la conformità all’originale, come previsto dall’art. 2712 c.c., stante che, in caso di contestazione, il giudice ha l’obbligo di disporre la produzione del documento originale;

con il sesto motivo, da trattare congiuntamente al primo, perché connesso, la ricorrente censura la nullità della sentenza impugnata per insufficiente motivazione, in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c.;

secondo la ricorrente, la sentenza presenterebbe un vizio di motivazione in relazione all’accoglimento dell’appello per (presunta) regolare notifica degli avvisi di accertamento, provata dall’Ufficio mediante la produzione di copie fotostatiche di una serie non meglio specificata di avvisi di ricevimento non conformi all’originale ed espressamente contestati;

1.2. i motivi sono infondati e devono essere rigettati;

1.3. invero, il disconoscimento della conformità della copia all’originale di scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata originale e non obbliga il giudice a procedere a verificazione e neppure alla acquisizione dell’originale;

in tal caso, infatti, il giudice deve procedere all’esame delle difformità dedotte, valutando se esse siano o meno probanti di una effettiva difformità tra fotocopia e originale, valutazione avvenuto nel caso in esame;

come è stato detto, “in tema di prova documentale, il disconoscimento, ai sensi dell’art. 2719 c.c., della conformità tra una scrittura privata e la copia fotostatica, prodotta in giudizio non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata, previsto dall’art. 215, comma 1, n. 2, c.p.c., in quanto, mentre quest’ultimo, in mancanza di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 c.c. non impedisce al giudice di accertare la conformità della copia all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni” (Sez. 5 – , Sentenza n. 14950 del 08/06/2018, Rv. 649366 – 01);

2.1. con il secondo motivo di ricorso, la contribuente censura la violazione e la falsa applicazione degli artt. 14 e 3 della L. n. 890/1982 in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c.;

secondo la ricorrente, nel caso di specie, la notifica degli avvisi di accertamento, in relazione alla documentazione prodotta dall’Ufficio, non può che essere nulla perché, non solo non è possibile verificare l’apposizione della relata di notifica sull’originale dell’atto, mai prodotto dall’Agenzia delle Entrate, né in primo né in secondo grado, ma risulta evidente dalla fotocopia come la relata sia nulla in quanto non vi è alcuna apposizione del timbro e della firma di colui che abbia consegnato il plico presso l’Ufficio postale ai fini della notifica;

con il terzo motivo di ricorso la contribuente censura la violazione e la falsa applicazione dell’art. 8 della L. n. 890/1982 in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c.;

secondo la ricorrente tutti gli adempimenti che impone la norma violata, con particolare riferimento alla ricerca delle persone abilitate a ricevere l’atto, non sono stati rispettati da nessuno dei due avvisi di ricevimento riprodotti;

con il quarto motivo, la ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione dell’art. 8, comma 3, ultimo capoverso della L. n. 890/1982, in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3), c.p.c.;

secondo quanto sostenuto dalla contribuente, in nessun avviso di ricevimento sarebbe leggibile la data di deposito dell’atto notificato in assenza del destinatario presso l’ufficio postale, data fondamentale, poiché dalla stessa comincia a decorrere il termine per la restituzione del plico al mittente in caso di mancato ritiro da parte del destinatario;

2.2. i motivi, da esaminare congiuntamente perchè connessi, sono infondati e vanno rigettati.

2.3. nel caso di specie, la stessa ricorrente afferma che la notifica è avvenuta direttamente a mezzo del servizio postale (vedi pag.9 del ricorso);

costituisce ormai principio consolidato di questa Corte quello secondo cui, nell’ipotesi in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione diretta a mezzo posta dell’atto impositivo, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla l. n. 890 del 1982 (ex multis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8293 del 04/04/2018);

pertanto, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l’avviso di liquidazione o di accertamento senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, è quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 140 cod. proc. civ.;

ne consegue che, difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico e l’atto, pervenuto all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9111 del 06/06/2012, Rv. 622974);

nel caso di specie, il giudice di appello dà atto che l’Ufficio ha prodotto gli avvisi di ricevimento che, da un lato, riportano il numero delle raccomandate e, dall’altro, la data di spedizione e le annotazioni di immissione dell’avviso in cassetta e del deposito della raccomandata presso l’Ufficio postale;

la C.T.R. ha, quindi, concluso nel senso che fossero presenti tutte le annotazioni richieste ai fini della validità della notifica, che doveva ritenersi perfezionata per compiuta giacenza, decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza, nel caso di specie avvenuta mediante immissione dell’avviso in cassetta;

3.1. con il quinto motivo di ricorso, la contribuente contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 8, comma 2, della L. n. 890/1982 in materia di notificazione di atti a mezzo posta, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.;

nel ricorso si rileva la nullità della sentenza per il mancato invio della seconda raccomandata informativa al contribuente, come previsto dalla legge a seguito della sentenza n. 346/1998 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del dettato normativo di cui sopra, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, venisse data notizia delle formalità compiute al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento;

3.2. il motivo è infondato e deve essere rigettato;

3.3. è opportuno premettere che, come si è detto, nel caso in esame, l’Ufficio si è avvalso della possibilità di provvedere direttamente alla notifica degli atti impositivi a mezzo del servizio postale, come ammesso dalla stessa ricorrente (vedi pag. 9 del ricorso);

la L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 20, modificando la L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 14, ha aggiunto, per quanto qui interessa, la previsione che la notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere notificati al contribuente “può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”, fermo rimanendo, “ove ciò risulti impossibile”, che la notifica può essere effettuata, come già previsto, a cura degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria secondo le modalità previste dalla medesima L. n. 890 del 1982;

a decorrere, pertanto, dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della citata L. n. 146 del 1998), è stata concessa agli uffici finanziari la facoltà di provvedere “direttamente” alla notifica degli atti al contribuente mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del 2008);

ciò significa che il notificante è abilitato alla notificazione dell’atto senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario (ferma restando, ovviamente, quella dell’ufficiale postale), e, quindi, a modalità di notificazione semplificata, alla quale, pertanto, non si applicano le disposizioni della L. n. 890 del 1982, concernenti le sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali autorizzati), bensì le norme concernenti il servizio postale “ordinario”;

tuttavia, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere l’atto, il regolamento postale (nel caso di specie, la circolare n.70/2001 oggetto: poste – condizioni generali del servizio postale – d.m. 9.4.2001 su g.u. n.95 del 24.4.2001), contenente la disciplina del servizio postale ordinario, si limitava a prevedere, all’art.32, che, per gli “invii a firma” (tra cui le raccomandate), “in caso di assenza all’indirizzo indicato, il destinatario e le altre persone abilitate a ricevere l’invio” potevano “ritirarlo presso l’ufficio postale di distribuzione, entro i termini di giacenza previsti dall’art. 49”;

nessuna disposizione di detto regolamento conteneva, quindi, una regola analoga a quella dettata in materia di notifiche effettuate a mezzo posta dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 4, sul momento in cui si dovesse ritenere pervenuto al destinatario un atto, che l’agente postale avesse depositato in giacenza presso l’ufficio postale a causa della impossibilità di recapitarlo per l’assenza del medesimo destinatario o di altra persona abilitata;

pertanto, come chiarito da questa Corte, “in tema di notificazione dell’atto impositivo effettuata a mezzo posta direttamente dall’Ufficio finanziario, al fine di garantire il bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario, deve farsi applicazione in via analogica della regola dettata dall’art. 8, comma 4, della l. n. 890 del 1982, secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, decorrendo da tale momento il termine per l’impugnazione dell’atto notificato“(Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2047 del 02/02/2016);

quindi, nel caso di specie, per il perfezionamento della notifica con il meccanismo della cd. “compiuta giacenza”, deve farsi ricorso, in via analogica, alla regola dettata nella L. n. 890 del 2002, art. 8, comma 4, con la conseguenza che la notifica deve intendersi perfezionata decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza del deposito presso l’Ufficio Postale, in quanto il regolamento del servizio di recapito non prevedeva la spedizione di una raccomandata contenente l’avviso di giacenza;

secondo la ricorrente, la notifica degli avvisi di accertamento, richiamata nella cartella esattoriale impugnata, non si sarebbe perfezionata per il mancato invio della lettera raccomandata informativa, prevista dall’art.8 l. n.890/1982, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 346 del 1998;

invero, la Corte costituzionale, con sentenza 23 settembre 1998, n. 346, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.8 l. n. 890/1982, nella parte in cui non prevede che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione, ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego sia data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento;

tuttavia, la sentenza della Corte Costituzionale riguarda la diversa modalità di notificazione a mezzo posta curata dall’Ufficiale Giudiziario, alla quale si applica la disciplina di cui alla legge n.890/1982 , compreso la norma in oggetto (vedi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17598 del 28/07/2010, che ha confermato la sentenza della Commissione Tributaria regionale che aveva ritenuto valida la notifica dell’invìto al contraddittorio endoprocedimentale ai fini dell’accertamento con adesione ex art. 5 del d.lgs. n. 218 del 1997, effettuata con raccomandata, non ritirata presso l’ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito l’invio della raccomandata informativa previsto dall’art. 8 della legge n. 890 del 1982, così come modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 346 del 1998);

il differente iter notificatorio si spiega con la diversità delle fattispecie poste a confronto, comportando la notifica diretta a mezzo del servizio postale un procedimento più agile e semplificato, a tutela delle ragioni del fisco di preminente interesse pubblico;

come evidenziato di recente dalla Corte Costituzionale (Corte cost. 23 luglio 2018, n. 175, che ha ritenuto legittimo l’art. 26, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, nonostante la mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica -CAN- e l’inapplicabilità dell’art. 7 della legge n. 890 del 1982, come modificato con la legge n. 31 del 2008), il ragionevole bilanciamento degli interessi pubblici e privati è comunque garantito dal fatto che colui, che assuma in concreto la mancanza di conoscenza effettiva dell’atto per causa a lui non imputabile, può chiedere la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., ove comprovi, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, la sussistenza di detta situazione (nel caso di specie neanche dedotta dalla ricorrente);

in conclusione, deve affermarsi il seguente principio: “nella notifica degli atti tributari, effettuata ex art. 14 L. n. 890 del 1982, in caso di mancato recapito della raccomandata all’indirizzo del destinatario, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale vi abbia provveduto, sebbene non tenuto a tanto – cfr. Cass. sent. n.,2047/2016), in quanto, per il procedimento notificatorio suddetto, si applicano le norme del regolamento del servizio di recapito postale, che non prevedono la spedizione di una raccomandata contenente l’avviso di giacenza“;

per quanto fin qui detto, il ricorso va complessivamente rigettato;

la ricorrente è condannata al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo;

nulla deve disporsi in ordine alle spese nei confronti del concessionario, che è rimasto intimato;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00, oltre spese prenotate a debito.