Corte di Cassazione ordinanza n. 31668 depositata il 26 ottobre 2022
travisamento della prova – ove l’errore riguardi un fatto «non controverso», è esperibile il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. – errore di percezione
Rilevato che:
1. La Regione Calabria ha proposto ricorso per cassazione, formulando un solo motivo, avverso la sentenza della CTR della Calabria n. 853/2020, con la quale accoglieva il gravame della contribuente sul rilievo che “la ricevuta di ritornò della raccomandata prodotta dalla Regione non contiene alcun riferimento all’avviso di accertamento e quindi non vale a dimostrane la notificazione”
La contribuente resiste con controricorso.
Considerato che:
2. La Regione Calabria deduce la violazione degli artt. 115 e 166 c.p.c. ex 360, n. 5, c.p.c. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parte.
3. La censura, avente ad oggetto la notifica della cartella in esame non supera il vaglio di ammissibilità
Nell’attingere la ratio decidendi della sentenza, l’ente ricorrente ha denunciato il vizio dell’omesso esame di un fatto decisivo, ancorchè la CTR abbia valutato il documento prodotto non rilevando il numero identificativo dell’avviso di accertamento, che, secondo la ricorrente era invece impresso sulla cartolina di ritorno della raccomandata.
3. Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ricorre il travisamento della prova – che non impinge in una valutazione dei fatti – nel caso in cui si accerti che un’informazione probatoria, utilizzata dal giudice ai fini della decisione, è contraddetta da uno specifico atto processuale, così che, a differenza del travisamento del fatto, può essere fatto valere mediante ricorso per cassazione, ove incida su un punto decisivo della controversia (Cass., Sez. III, 21gennaio 2020, n. 1163), come nel caso in cui l’informazione probatoria sia stata acquisita e non valutata (Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749). La fattispecie ricorre laddove venga accertato che una informazione probatoria, utilizzata dal giudice, è contraddetta da uno specifico atto processuale incidente su un punto decisivo della controversia (Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. III, 21gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749). Si tratta di fattispecie affatto differente dall’errore di valutazione in cui potrebbe incorrere il giudice del merito – il quale investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare, non censurabile in sede di legittimità – che impinge nell’errore di percezione, da parte del giudice del merito, sulla ricognizione del contenuto oggettivo di un documento, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti. Tale errore è sindacabile in sede di legittimità a termini dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., essendo fatto divieto di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti (Cass., Sez. Lav., 24 ottobre 2018, n. 27033) ma in contrasto con quanto risulti dagli atti del processo, in quanto frutto di una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa.
Diversamente, ove l’errore riguardi un fatto «non controverso», è esperibile il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. Lav., 3 novembre 2020, n. 24395; Cass. Sez. III, 12 aprile 2017, n. 9356). Come è stato efficacemente osservato, «l’errore di percezione è quello che cade sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, ovvero sul demonstratum e non sul demonstrandum [… ] altro è ricostruire il valore probatorio di un fatto od atto (attività di valutazione), altro è individuarne il contenuto oggettivo (attività di percezione)» (Cass., n. 9356/2017, cit.; conf. Cass., Sez. VI, 26 novembre 2020, n. 27039; n. 7670/21).
In particolare, il vizio di omesso esame di un documento decisivo non è deducibile in cassazione se il giudice di merito ha accertato che quel documento è stato prodotto in giudizio, non essendo configurabile un difetto di attività del giudice circa l’efficacia determinante, ai fini della decisione della causa. Allo stesso modo, la denuncia di un errore di fatto, consistente nell’inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, non costituisce motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma di revocazione a norma dell’art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c. ( Cass.n. 28143 del 05/11/2018; Cass. n. 23173 del 14/11/2016 ; Casss. n. 2529/2016; n. 17057 del 03/08/2007).
5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento, a favore della contribuente delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la Regione Calabria al pagamento, a favore della contribuente delle spese di questo giudizio, liquidate in euro 500,00, oltre 200,00 per esborsi, rimborso forfettario del 15% ed accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente in via principale e di quella in via incidentale-, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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