Corte di Cassazione ordinanza n. 33303 depositata l’ 11 novembre 2022
giudicato esterno – il credito indicato in una dichiarazione dei redditi da considerarsi omessa in virtù della tardiva trasmissione, effettuata oltre i 90 giorni dalla scadenza, non può essere compensato con le imposte risultanti dal modello relativo all’annualità successiva
RILEVATO CHE
(ricorso R.G.N. 20314/15)
1. La controversia origina dall’impugnazione, proposta, con ricorso del 27 luglio 2009, da T.M., avverso la cartella di pagamento emessa, ai sensi dell’art. 36 bis del P.R del 29 settembre 1973 n. 600, per l’anno d’imposta 2005, con la quale l’Ufficio recuperava le perdite, non riconosciute, derivanti dalla partecipazione in società a regime di contabilità ordinaria (I.C. s.n.c.), non esposte nel quadro RS e relative agli esercizi precedenti (2002, 2003 e 2004). Rilevato che, in tali anni, T.M. non aveva compilato il prospetto relativo a tali perdite, il sistema automatizzato aveva rilevato l’indeducibilità dal suo reddito di partecipazione conseguito nel 2005.
2. In data 13 ottobre 2009 l’Ufficio annullò, in autotutela, la cartella esattoriale impugnata, in quanto aveva notificato alla I.C. s.n.c. avviso di accertamento con il quale era stata accertata la perdita di euro 21.149,00, attribuibile, pro quota, a T.M., per euro 10.575,00. Pertanto, l’Ufficio rideterminò la dichiarazione relativa all’anno 2005, tenendo conto di tale circostanza, mentre, per le perdite relative agli anni 2002 e 2003, rilevò la “ultra” tardività delle dichiarazioni presentate dal contribuente e quindi, la loro inefficacia.
3. La Commissione provinciale tributaria di Bologna, con sentenza n. 67/2011, accolse l’impugnazione del contribuente, affermando che le perdite pregresse possono essere compensate, nell’arco temporale del quinquennio, con il reddito che, a seguito dell’accertamento dell’Ufficio, venga definito in relazione alla dichiarazione.
4. L’Ufficio propose appello avverso tale sentenza che venne rigettato dalla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna (di seguito, CTR), sulla base delle seguenti considerazioni: a) «la compensazione delle perdite pregresse nell’arco temporale di 5 anni non opera ope legis ma deve essere richiesta dal contribuente in sede di dichiarazione. Tuttavia, l’omessa richiesta non comporta la decadenza dal diritto al riparto delle perdite (Circ. Ministero delle finanze n. 188/E 16/07/1998»; b) «gli obblighi di quantificazione del reddito sono a carico diretto della società e non dei soci. Pertanto, anche nel caso di mancata presentazione della dichiarazione, il contribuente non perde il diritto al riporto delle perdite»; (c) «nel caso di specie, relative al periodo di imposta 2005, per il quale la società I. non ha presentato una dichiarazione, viene confermato il diritto al riporto delle perdite pregresse».
5. L’Agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza della CTR.
6. Il contribuente è rimasto intimato nonostante la tempestività del ricorso in cassazione notificato, a mezzo posta, in data 23/07/2015 (v. relata di notifica ed accettazione UNEP effettuate presso il difensore abilitato, rag. R.B., allegate al ricorso).
(ricorso R.G.N. 20317/2015)
7. Con ricorso del 29 gennaio 2010, da T.G., impugnò la cartella di pagamento emessa, ai sensi dell’art. 36 bis del P.R del 29 settembre 1973 n. 600, per l’anno d’imposta 2005, con la quale l’Ufficio recuperava le perdite, non riconosciute, derivanti dalla partecipazione di T.G. in società a regime di contabilità ordinaria (I.C. s.n.c.), non esposte nel quadro RS e relative agli esercizi precedenti (2002, 2003 e 2004). Rilevato che, in tali anni, T.G. non aveva compilato il prospetto relativo a tali perdite, il sistema automatizzato aveva rilevato l’indeducibilità dal suo reddito di partecipazione conseguito nel 2005.
8. In data 12 marzo 2010 l’Ufficio annullò, in autotutela, la cartella esattoriale impugnata, in quanto aveva notificato alla I.C. s.n.c., per l’anno 2004, avviso di accertamento con il quale era stata accertata la perdita di euro 149,00, attribuibile, pro quota, a Giorgio Tovoli, per euro 10.575,00. Pertanto, l’Ufficio rideterminò la dichiarazione relativa all’anno 2005, tenendo conto di tale circostanza, mentre, per le perdite relative agli anni 2002 e 2003, rilevò la “ultra” tardività delle dichiarazioni presentate dal contribuente e quindi, la loro inefficacia.
9. La Commissione provinciale tributaria di Bologna, con sentenza n. 68/11/2011, accolse l’impugnazione del contribuente, affermando che le perdite pregresse possono essere compensate, nell’arco temporale del quinquennio, con il reddito che, a seguito dell’accertamento dell’Ufficio, venga definito in relazione alla dichiarazione.
10. La Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, con la sentenza n. 200/20/15, rigettava l’appello dell’Amministrazione, sulla base delle stesse argomentazioni riportate innanzi, al paragrafo 4.
11. L’Agenzia delle entrate ricorre, con un unico motivo, per la cassazione della sentenza, n. 200/20/15 della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna. Il contribuente è rimasto intimato (notifica, a mezzo posta, del 23/07/2015).
(R.G.N. 20324/2015)
9. L’Agenzia delle entrate ricorre, con un due motivi, per la cassazione della sentenza, n. 198/15 della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, di rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 145/12/2012 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna.
10. Il Giudice di primo grado accolse l’impugnazione del contribuente, Massimo Tovoli, avverso la cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R del 29 settembre 1973 600, per l’anno 2008, con la qua le l’Ufficio recuperava le perdite, non riconosciute, derivanti dalla partecipazione in società a regime di contabilità ordinaria, per gli esercizi precedenti (dal 2002 al 2004), riconoscendo il diritto al riporto, negli esercizi successivi, delle perdite in questione.
11. La CTR rigettava l’appello dell’Amministrazione, sulla base delle stesse argomentazioni riportate innanzi, sub paragrafo n. 4.
12. Il contribuente è rimasto intimato
CONSIDERATO CHE
1. Come è evidente dall’esposizione in fatto della presente ordinanza, i tre procedimenti in epigrafe, presentano evidenti profili di connessione oggettiva e soggettiva, il che, in ossequio al precetto costituzionale della ragionevole durata del processo, consente, ai sensi dell’art. dell’art. 274 proc. civ., di disporre la riunione (cfr., Sez. U., 13/09/2005, n. 18125) dei ricorsi recanti il numero di ruolo generale 20317/2015 e 20324/2015, al ricorso, più risalente, recante il numero ruolo generale 20314/2015, e ciò., anche a prescindere dall’ assorbente e conforme giudicato esterno, riguardante la posizione di T.M..
2. Ed infatti, col ricorso n. r.g. 20314/15 (cartella di pagamento relativa all’annualità 2005) e col ricorso n. r.g. 20324/15 (cartella di pagamento relativa all’annualità 2008) l’Amministrazione erariale denuncia, con il primo mezzo, la violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 cod. civ., 324 proc. civ., in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per non aver la CTR considerato l’efficacia esterna del giudicato di cui alla sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 1620/14/2014, in controversia tra l’Agenzia delle entrate e T.M., con la quale, è stato definitivamente accertato che le dichiarazioni di T.M., relative agli anni 2002, 2004 e 2005, erano “ultra” tardive e, quindi, improduttive di effetti, sicché le perdite da partecipazione societaria, non ritualmente dichiarate per tali periodi pregressi, non potevano essere portate in compensazione nell’anno 2006. Deduce la ricorrente che, per effetto del giudicato, la CTR avrebbe dovuto rilevare l’improcedibilità dell’impugnativa originaria proposta dal contribuente per l’anno 2005 (n. R.G. 20314/15) e per l’anno 2008 (n. R.G.20324/15).
1.1. L’Agenzia delle entrate ha riprodotto, in fotocopia, alle pagine 7 e seguenti del ricorso, per autosufficienza, tale pronuncia (n. 1620/18/2014) dalla quale risulta che la CTP di Bologna, con sentenza n. 311/11, rigettò il ricorso del contribuente, Tovoli Massimo, avverso la cartella di pagamento n. 02020090062224944 «[…] derivante dal mancato riconoscimento nella dichiarazione, modello unico 2006, delle perdite derivanti dalla partecipazione nella società Ilcop in quanto le dichiarazioni relative agli anni 2002, 2004 e 2005 risultavano omesse» (v. sentenza 1620/14/2014 pag. l); che Tovoli Massimo propose appello avverso tale sentenza sostenendo che «[ …] il diritto al riporto delle perdite non si perde anche in presenza di dichiarazioni omesse o tardive oltre 90 giorni, fermo il limite del quinquennio dal momento che la decadenza non è espressamente prevista dal legislatore tributario»; che i giudici di appello hanno rigettato il ricorso del contribuente sulla base della seguente motivazione: «E’ pacifico che le dichiarazioni dell’appellante, relative agli anni 2002, 2004 e 2005 sono tutte tardive oltre 90 giorni, come riconosciuto dalla stessa appellante nel prospetto allegato al gravame. L’articolo 2, comma 7, d.P.R. (n.d.r.: 322/98) considera non valide le dichiarazioni ultratardive. La disposizione non può che essere interpretata in conformità a quanto inteso dal primo giudice con le argomentazioni sopra riferite. Va, poi, rilevato che l’amministrazione aveva anche rilevato la non congruità dei dati dichiarati dal contribuente al quadro RS della dichiarazione del 2006, evidenziando come la perdita dell’anno 2002 fosse addirittura incrementata rispetto a quella evidenziata nel precedente anno d’imposta, nonostante fosse stata utilizzata per compensare il reddito da partecipazione conseguito nel 2005. Al riguardo l’odierno appellante nonostante ne fosse onerato, non ha sollevato alcuna contestazione in prime cure e neppure ha ritenuto di dover svolgere motivi di gravame».
2. L’eccezione di giudicato esterno, oltre che ammissibile – in quanto la sentenza (n. 1620/18/20141) di cui si reclama il giudicato esterno, è munita dell’attestazione del passaggio in giudicato (v. , 07/02/2019, n. 3621) – è fondata.
2.1 E’ principio assolutamente pacifico che l’efficacia esterna del giudicato richiede che l’accertamento compiuto nel giudizio definito con sentenza irrevocabile abbia ad oggetto elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumono carattere “tendenzialmente permanente”, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante allorquando l’ accertamento relativo ai diversi anni di imposta si fonda su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli (ex pluribus, Cass., 30/09/2011, n. 20029; Cass 15/09/2017 n. 21395).
2.2 Nel caso in esame, l’accertamento giudiziale divenuto definitivo anche se riguarda altra annualità (2006) rispetto a quelle in oggetto (2005 e 2008), ha accertato la “ultra” tardività (oltre i 90 giorni) delle dichiarazioni relative agli anni 2002, 2004 e 2005, affermando, che poiché in applicazione del disposto dell’articolo 2, comma 7, del d.P.R. n. 322 del 1998, la dichiarazione “ultra-tardiva” deve considerarsi omessa, non può essere riconosciuto il diritto alla detrazione delle relative perdite per gli esercizi pregressi.
2.3 Tale giudicato non può che operare anche nelle due controversie, oggetto del presente giudizio, che riguardano la posizione di Massimo Tovoli, in quanto la accertata invalidità delle dichiarazioni (perdite da partecipazione societaria) per gli anni pregressi (2002, 2004 e 2005), si pone quale elemento costitutivo della fattispecie, riguardante il riporto di tali perdite (pregresse) negli esercizi successivi, che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assume carattere “tendenzialmente permanente”, e, quindi, opera anche per il segmento temporale oggetto dei ricorsi originari proposti dal contribuente, aventi ad oggetto le annualità 2005 e 2008.
2.4 In altri termini, l’accertamento dell’omissione della dichiarazione relativa alle annualità 2002, 2004 e 2005, in quanto “ultra” tardiva, realizza un presupposto “permanente”, che esplica la sua efficacia nel presente giudizio, nei confronti Massimo Tovoli, con riferimento alle annualità 2005 e 2008.
2.5 Per l’assorbente e conforme giudicato esterno nei confronti di Massimo Tovoli, si rende superfluo l’esame del secondo motivo articolato, in subordine, dall’Agenzia delle entrate (violazione e la falsa applicazione di legge 36 bis d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600, 2, comma 7 del d.P.R. del 22 luglio 1998 n. 322, 8 d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 602, 21 d.lgs. del 31 dicembre 1992 n. 546).
2.6 Pertanto, in accoglimento del primo motivo dei ricorsi recanti numeri di ruolo generale 20314/15 e 20324/14, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto – e in ossequio al principio di ragionevole durata del processo – le cause possono essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, ultima parte proc. civ., con rigetto dei ricorsi originari proposti dal contribuente, Massimo Tovoli.
3. In ogni caso, fermo restando l’assorbente e conforme giudicato esterno nei confronti di T.M., questa Corte condivide e fa proprio l’orientamento pacifico di questa Corte secondo cui il credito indicato in una dichiarazione dei redditi da considerarsi omessa in virtù della tardiva trasmissione, effettuata oltre i 90 giorni dalla scadenza, non può essere compensato con le imposte risultanti dal modello relativo all’annualità successiva (v. Cass., 30/10/2018, n. 27621, che richiama , n. 22/09/2011 n. 19326, non massimata).
3.1 Tale orientamento, cui si aderisce, spiega le ragioni di accoglimento dell’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate nella controversia fiscale instaurata nei confronti dell’altro socio della n.c. C.C., T.G..
3.2 Ed infatti, con il ricorso n. R.G. 20317/15, l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione e la falsa applicazione di legge (artt. 36 bis P.R. del 29 settembre 1973 n. 600, 2, comma 7 del d.P.R. del 22 luglio 1998 n. 322, 8 d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 602, 21 d.lgs. del 31 dicembre 1992 n. 546), là dove la CTR ha ritenuto ininfluente, ai fini della dichiarazione delle perdite, che le stesse vengano indicate in una rituale dichiarazione, ovvero in una dichiarazione che non sia tardiva.
3.3 Secondo l’interpretazione della giurisprudenza di questa Corte, l’articolo 2, comma 7, del d.P.R. 322 del 1998, va inteso nel senso che tale disposizione nel consentire, da un lato, all’Agenzia di riscuotere i debiti di imposta del contribuente indicati nelle dichiarazioni da considerare omesse, poiché presentate con ritardo superiore ai 90 giorni, dall’altro lato, non permette di utilizzare in compensazione, per l’anno successivo, crediti di imposta indicati nelle predette dichiarazioni omesse. La stessa giurisprudenza, in conformità all’indirizzo formatosi in materia di Iva, ritiene che se l’eccedenza evidenziata nel modello “ultra tardivo” non può essere recuperata con il debito fiscale del periodo d’imposta successivo, ciò non esclude che essa possa essere comunque riconosciuta tramite una successiva richiesta di rimborso, là dove ne ricorrano i presupposti (v. Cass., n. 27621 del 2018 cit., conf. Cass., 26/01/2015, n. 1287, non massimata).
3.5 D’Altro canto, anche le indicazioni di prassi di cui alle circolari dell’Agenzia delle entrate nn. 34/2012 e 21/2013, danno atto che l’Agenzia può legittimamente recuperare, ex 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, il credito riportato a “nuovo”, proveniente da una dichiarazione considerata omessa in quanto “ultra tardiva”, maggiorato di eventuali interessi e sanzioni, fatta, salva la possibilità di riconoscere il diritto del contribuente al rimborso attraverso la procedura dettata dall’articolo 21, d.lgs. n. 546/1992.
3.6 Ciò comporta che il ricorso dell’Agenzia delle entrate nei confronti di T.G. (n. RG. 20317/15) debba essere accolto; inoltre, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con cconseguenziale rigetto del ricorso originario proposto dallo stesso contribuente (art. 384, comma 2, ultima parte proc. civ.).
4. Quanto alle spese di giudizio, si dichiarano interamente compensate tra le parti le spese di lite relative ai giudizi di merito considerato che, all’atto della proposizione dei ricorsi originari, la questione della riportabilità delle perdite degli esercizi pregressi, era ancora dibattuta in seno alla giurisprudenza di questa
4.1 Per il principio della soccombenza, le spese dei giudizi riuniti, relative al presente giudizio di legittimità, vanno poste interamente a carico dei contribuenti, Massimo e T.G., liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi recanti il numero di ruolo generale 20317/2015 e 20324/2015, al ricorso recante il numero ruolo generale 20314/2015; Accoglie i ricorsi riuniti, e, decidendo nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, ultima parte cod. proc. civ., rigetta i ricorsi originari proposti dai contribuenti T.M. e T.G..
Compensa interamente le spese dei giudizi di merito.
Condanna i contribuenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida, per ciascun procedimento qui riunito, in complessivi euro 1500,00, oltre spese prenotate a debito.