CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 34771 depositata il 12 dicembre 2023

Lavoro – Decreto ingiuntivo – Pagamento TFR – Dipendete Associazione confesercenti – Responsabilità del nuovo ente incorporante – Applicabilità norme per le società – Fusione – Successione a titolo universale – Rapporto giuridico debitorio in proseguimento – Rigetto

Rilevato che

1.- Confesercenti Toscana Nord, Lucca, Massa Carrara, Pisa e Versilia proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso su istanza di T.A. dal Tribunale di Massa, con cui era stato intimato il pagamento della somma di euro 42.353,47 a titolo di t.f.r. e di altre competenze di fine rapporto maturate per il rapporto di lavoro svolto dal T. alle dipendenze dell’Associazione Confesercenti di Massa Carrara fino al 31/08/2009 come direttore provinciale – livello quadro.

A sostegno dell’opposizione eccepiva:

– l’inesistenza della notifica del decreto ingiuntivo, di cui aveva appreso l’esistenza a seguito di notifica del pignoramento presso terzi;

– il difetto di legittimazione passiva, essendo intercorso il rapporto di lavoro con altro soggetto;

– la prescrizione anche decennale dell’asserito credito.

2.- Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale adìto, ritenuta valida la notifica del decreto ingiuntivo, dichiarava inammissibile l’opposizione perché tardiva.

3.- La Corte d’appello, all’esito dell’espletata istruttoria testimoniale, respingeva il gravame della Confesercenti, sia pure con motivazione diversa da quella della sentenza di primo grado.

Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:

a) va riconosciuta l’ammissibilità dell’opposizione tardiva, poiché la qualità e l’identità del soggetto a cui sarebbe stato consegnato l’atto sono rimaste ignote; inoltre risulta attestato, del tutto contraddittoriamente, che lo stesso atto sarebbe stato “immesso in cassetta”;

b) nel merito l’opposizione è infondata;

c) sussiste la legittimazione passiva dell’appellante, considerato l’avvenuto accorpamento fra Confesercenti Massa Carrara e Confesercenti Toscana Nord nel febbraio 2012, come evidenziato nella precedente sentenza di questa stessa Corte n. 177/2017 in un procedimento avente il medesimo oggetto;

d) l’eccezione di prescrizione è infondata, attesa la lettera interruttiva del 14/11/2012 (doc. 13 prodotto dal T.);

e) dall’istruttoria espletata è emersa la sussistenza del credito, peraltro consacrato nell’accordo concluso con Confesercenti Massa Carrara (doc. 10 prodotto dal T.) circa il t.f.r. maturato al 31/08/2009, data in cui il T. andava in pensione e quindi si concordava una cessazione anticipata del rapporto di lavoro mediante sue formali dimissioni, con l’impegno che avrebbe continuato – come poi è avvenuto – a lavorare in virtù di un contratto di collaborazione.

4.- Avverso tale sentenza Confesercenti Toscana Nord, Lucca, Massa Carrara, Pisa e Versilia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

5.- T.A. ha resistito con controricorso.

6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Considerato che

1.- Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti. In particolare addebita alla Corte territoriale di aver omesso di considerare che:

a) essa associazione si era costituita soltanto in data 20/02/2012 e quindi giammai avrebbe potuto rispondere di un credito di lavoro maturato nei confronti della precedente associazione per un rapporto di lavoro cessato il 31/08/2009, con conseguente inapplicabilità dell’art. 2112 c.c.;

b) tale credito non risultava dai libri contabili obbligatori della precedente associazione, sicché neppure poteva essere rivendicato nei suoi confronti ai sensi dell’art. 2560 c.c.

Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta “violazione o falsa applicazione” degli artt. 2112 e/o 2560 c.c., anche in relazione all’art. 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto esistente un fenomeno successorio fra associazioni e un correlativo trasferimento di rapporti obbligatori, in difetto di qualunque prova sia della persistenza del rapporto di lavoro subordinato, sia della risultanza del suo asserito credito nei libri obbligatori della precedente associazione, poi accorpata.

I due motivi – da esaminare congiuntamente per la loro connessione – sono infondati.

In primo luogo è inammissibile il richiamo ad un’asserita applicazione dell’art. 2112 c.c., di cui non vi è traccia nella sentenza d’appello. Peraltro, richiamando il suo precedente n. 177/2017, la Corte territoriale non ha affatto affermato una responsabilità solidale della odierna ricorrente, quanto una sua responsabilità esclusiva in qualità di successore a titolo universale della precedente associazione Confesercenti Massa Carrara, a suo tempo datrice di lavoro del T..

In memoria il lavoratore precisa che la responsabilità del nuovo ente, in quanto “incorporante”, si fonda non sull’art. 2112 c.c. né sull’art. 2560 c.c., bensì sull’art. 2504 bis c.c. Assume che, in virtù di tale norma, l’ente incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo all’ente incorporato.

In memoria la Confesercenti eccepisce l’inapplicabilità dell’art. 2504 bis c.c., perché – ribadisce – al momento della “incorporazione” il rapporto di lavoro del T. era già cessato e quindi non poteva essere oggetto del subentro.

La tesi del lavoratore è fondata.

Va premesso che sulla qualità imprenditoriale della Confesercenti questa Corte si è già espressa, affermando che “il datore di lavoro è qualificabile o meno imprenditore in base alla natura dell’attività da lui svolta, da valutare secondo gli ordinari criteri, che fanno riferimento al tipo di organizzazione e all’economicità della gestione, a prescindere dall’esistenza di un vero e proprio fine di lucro, restando irrilevante che la prestazione di servizi, ove effettuata secondo modalità organizzative ed economiche di tipo imprenditoriale, sia resa solo nei confronti di associati al soggetto che tali servizi eroga ovvero ad un’organizzazione sindacale cui il soggetto erogatore sia collegato” (Cass. 26/01/2004, n. 1367, cha ha confermato la sentenza d’appello, in cui la Corte territoriale aveva ritenuto di natura imprenditoriale l’attività di prestazione di servizi svolta da Confesercenti in favore delle imprese associate).

Ne consegue l’applicabilità delle norme dettate per le imprese svolte in forma associata e, dunque, per le società.

Per queste, la fusione, anche mediante incorporazione, determina una successione a titolo universale del nuovo ente a quello precedente, anche incorporato, che si estingue (Cass. sez. un., 30/07/2021, n. 21970).

La stessa fattispecie estintivo-successoria è stata affermata da questa Corte con riguardo alle associazioni non riconosciute prive del carattere di imprenditorialità (Cass. n. 21880/2020), per le quali in tal senso, peraltro, dispone oggi espressamente l’art. 42 bis c.c. (inapplicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, perché introdotto nel codice civile dall’art. 98, co. 1, d.lgs. n. 117/2017 a decorrere dal 03/08/2017 ai sensi dell’art. 104, co. 3, d.lgs. n. 117 cit.).

Per effetto di questa vicenda estintivo-successoria si verifica l’imputazione alla nuova società (anche incorporante) di tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, di cui era titolare la società incorporata o fusa (Cass. ord. n. 5461/2023; Cass. ord. n. 13685/2023).

Quindi è conforme a diritto la decisione d’appello, con cui la Corte territoriale ha ritenuto essersi verificata la successione della Confesercenti Toscana Nord Lucca, Massa Carrara, Pisa e Versilia, nel debito dell’originaria datrice di lavoro del T., rimasta debitrice del t.f.r. verso quest’ultimo.

Dunque, trattandosi di una vicenda successoria a titolo universale, non è applicabile l’art. 2560 c.c., che presuppone che il credito – qualora non risultante dalle scritture contabili del cedente e quindi non esercitabile nei confronti del cessionario – possa continuare ad essere fatto valere nei confronti del cedente.

La norma regolatrice della fattispecie è dunque l’art. 2504 bis c.c., il cui primo comma non subordina la successione dei rapporti (attivi e passivi) alla loro risultanza dalle scritture contabili, laddove dispone: “La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.

Nel caso in esame il rapporto giuridico che prosegue in capo alla nuova Confesercenti è quello debitorio, cristallizzatosi (in capo alla precedente Confesercenti, poi “incorporata” nel nuovo ente di nuova istituzione) alla data di cessazione del rapporto di lavoro del T., anteriore a quella della fusione delle varie (minori) Confesercenti in quella di dimensioni maggiori, odierna ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.

Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.