Corte di Cassazione, ordinanza n. 35719 depositata il 5 dicembre 2022
omessa dichiarazione – mancato rispetto requisiti formali – detraibilità IVA – inutilizzabilità documenti – la sanzione dell’inutilizzabilità dei documenti concerne solo quelli non esibiti al personale dell’Agenzia, e non anche a quello della Guardia di Finanza, presuppone un formale invio, da parte dell’Ufficio, di un invito o di un questionario con cui si chieda l’esibizione o la trasmissione della documentazione occorrente, tanto che lo stesso comma 4 prosegue prevedendo che “Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta”
Rilevato che:
con la sentenza in epigrafe, la C.T.R. della Sicilia accolse parzialmente l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 1902/2016 della C.T.P. di Ragusa, che aveva annullato l’avviso di accertamento notificato al curatore del Fallimento della dott.ssa I.G., già titolare ed esercente attività di farmacia, e ciò a seguito di p.v.c. del 12.10.2012, redatto dalla Guardia di Finanza di Vittoria; in particolare l’Ufficio, dopo aver rilevato l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale per l’anno 2011, accertò corrispettivi non dichiarati, con conseguente recupero delle II.DD. e dell’IVA relativa, disconoscendo la detrazione d’imposta, sia per la mancanza stessa della dichiarazione, sia per la mancata istituzione del Registro IVA acquisti che per la mancata esibizione delle fatture d’acquisto in sede di controllo;
in particolare, il giudice d’appello riformò la statuizione sulle sanzioni (stante la mancata osservanza degli obblighi formali da parte della farmacista), anch’esse prima annullate, ma rilevò che correttamente la C.T.P. aveva riconosciuto la detrazione dell’IVA assolta, di cui era stata data comunque dimostrazione, sussistendo i relativi presupposti sostanziali, secondo il principio di neutralità; avverso detta sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; la curatela fallimentare non ha resistito;
considerato che:
1.1 – con il primo motivo si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/1973, dell’art. 52 d.P.R n. 633/1972, nonché dell’art. 2697 c.c., per aver la C.T.R. riconosciuto la detraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti, fondando il proprio convincimento anche sulla base della documentazione contabile dell’impresa individuale (cioè, copia del registro IVA acquisti e delle fatture passive, relative all’anno 2011), ancorché la parte non l’avesse esibita ai verificatori (si richiama la p. 2 del p.v.c. del 12.10.2012) e la curatela l’avesse prodotta solo in fase contenziosa, sulla base di una allegata difficoltà di reperimento della stessa, ritenuta plausibile da parte della stessa C.T.R.; si sostiene, in proposito, che la C.T.R. non avrebbe potuto utilizzare detta documentazione, anche perché la parte, contrariamente a quanto affermato in sentenza, non aveva mai chiarito il motivo per cui l’esibizione della documentazione venne effettuata solo in sede contenziosa;
1.2 – il motivo è inammissibile per almeno due ragioni;
invero, la ricorrente sostiene che la curatela fallimentare non abbia mai dedotto alcunché a giustificazione del preteso ritardo nella ostensione della documentazione in discorso, ma l’allegazione si scontra con lo speculare contrario accertamento eseguito, sul punto, dalla C.T.R., che addirittura afferma come la curatela abbia ampiamente spiegato, anche in appello, le ragioni della difficoltà di reperimento, pure riconosciute dal primo giudice;
ne discende, quindi, che l’Agenzia avrebbe dovuto censurare il preteso vizio col mezzo della revocazione, ex art. 395, n. 4, c.p.c., il profilo in rilievo attenendo, con ogni evidenza, all’errore revocatorio;
1.3 – inoltre, la censura in esame è comunque priva di decisività;
infatti, quand’anche fosse dimostrato che la parte non avesse esibito, senza giustificazione, la documentazione in questione ai militari in sede di verifica generale, non per questo la stessa non avrebbe potuto essere liberamente prodotta in giudizio dalla contribuente, giacché la sanzione dell’inutilizzabilità dei documenti, ex art. 32, comma 4, d.P.R. n. 600/1973, concerne solo quelli non esibiti al personale dell’Agenzia, e non anche a quello della Guardia di Finanza, e peraltro in una ben precisa sequenza procedimentale: ciò si evince, in modo inequivoco, dallo stesso tenore letterale della citata disposizione, laddove si prevede che “Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”;
la disposizione, dunque, presuppone un formale invio, da parte dell’Ufficio, di un invito o di un questionario (ex art. 32, comma 1, nn. 3 e 4, d.P.R. n. 600/1973), con cui si chieda l’esibizione o la trasmissione della documentazione occorrente, tanto che lo stesso comma 4 prosegue prevedendo che “Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta” (sulla necessaria procedimentalizzazione, ai fini della applicabilità della sanzione dell’inutilizzabilità, si veda Cass. n. 22126/2013), sicché essa non avrebbe comunque potuto assumere, nella specie, alcuno spazio applicativo;
2.1 – con il secondo motivo, proposto in subordine, l’Agenzia lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, comma 1, e 55, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, nonché dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 471/1997, per aver la C.T.R. riconosciuto la detraibilità delle fatture passive esibite dalla curatela, nonostante fosse stata omessa la dichiarazione fiscale e la tenuta della contabilità fosse irregolare; sostiene l’Agenzia che, al contrario, le suddette irregolarità ostano al
riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA, né può a ciò supplire la comunicazione annuale dati IVA; aggiunge che è onere della parte privata dimostrare la sussistenza dei presupposti della detrazione, competendo al giudice del merito effettuare uno specifico accertamento in fatto, che nella specie era del tutto mancato;
2.2 – il motivo è fondato, nei termini che seguono;
nel solco della giurisprudenza eurounitaria, le Sezioni Unite della S.C., con sentenza n. 17757/2016, hanno di recente affermato che “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”;
detto principio enunciato dalle Sezioni Unite nella richiamata pronuncia (nonché nella coeva Cass., Sez. Un., n. 17758/2016), è stato ancor più recentemente ribadito da Cass. n. 8131/2018, e molte altre, secondo cui “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, deve essere riconosciuta dal giudice tributario qualora il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili”;
il diritto alla detrazione di cui all’art. 19 d.P.R. n. 633/1972, dunque, opera eminentemente sul piano probatorio, occorrendo che il contribuente che l’invoca dimostri compiutamente la sussistenza dei presupposti sostanziali del diritto stesso, il che “esclude … la rilevanza dell’assenza di quelli formali, sempre che sia rispettata … la cornice biennale prevista dall’art. 19 del d.P.R. n. 633/72 per l’esercizio del diritto di detrazione (secondo le precisazioni espresse, in particolare, da Cass. 28 luglio 2015, n. 14767, confermate, tra varie, da Cass. 3 marzo 2017, n. 5401)” (così, Cass. n. 4392/2018, in motivazione);
detti presupposti sostanziali del diritto alla detrazione consistono, in particolare, nella circostanza “che gli acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, parimenti debitore dell’IVA agli stessi attinente, e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili” (Cass. n. 6921/2017);
2.3 – ora, con la sentenza impugnata, la C.T.R. ha riconosciuto la detrazione dell’IVA sugli acquisti, richiamando la giurisprudenza prima sunteggiata, ma ha tuttavia omesso l’accertamento, in concreto, circa la sussistenza dei presupposti sostanziali del diritto alla detrazione stessa;
si tratta, all’evidenza, di accertamento necessario, perché è solo la compresenza dei detti presupposti che consente al principio di neutralità dell’IVA di dispiegare compiutamente i suoi effetti;
infatti, poiché ciò che rileva, ai fini del diritto alla detrazione dell’IVA, è la sola sussistenza dei requisiti sostanziali, supra meglio descritti (e salvo quanto infra), questa stessa Corte è giunta a precisare che “In tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto anche nel caso di violazione di requisiti formali di cui agli artt. 18 e 22 della direttiva n. 77/388/CEE (cd. sesta direttiva) – quali la mancata redazione delle dichiarazioni periodiche o di quella annuale, ovvero l’omessa tenuta del registro IVA acquisti – qualora il contribuente dimostri, mediante fatture o altra idonea documentazione contabile, il rispetto dei requisiti sostanziali di cui all’art. 17 della citata direttiva, purché detto diritto venga esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello nel quale è sorto ai sensi dell’art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 322 del 1998” (Cass. n. 19938/2018); in sostanza, come in parte anticipato, il problema mantiene la sua rilevanza sul piano esclusivamente probatorio (quanto alla sussistenza di detti requisiti) anche quando il contribuente abbia addirittura omesso non solo di presentare la dichiarazione annuale, ma anche quelle periodiche e di istituire il registro IVA acquisti;
ne discende, dunque, che compete al giudice del merito accertare, secondo le ordinarie regole processuali, se il contribuente abbia assolto o meno, con la necessaria analiticità e specificità, la sussistenza dei presupposti del diritto in parola;
3.1 – il terzo motivo, con cui si denuncia, in ulteriore subordine, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, in relazione agli artt. 1, 2 e 7, d.lgs. n. 546/1992, per non aver la C.T.R. comunque proceduto alla rideterminazione dell’imposta dovuta, stante la natura di impugnazione- merito del processo tributario, resta conseguentemente assorbito;
4.1 – in definitiva, il primo motivo è inammissibile, il secondo è accolto e il terzo è assorbito; la sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla Commissione di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame dell’appello dell’Ufficio – limitatamente alla questione della detrazione dell’IVA, com’è ovvio – attenendosi ai superiori principi ed accertando in particolare, ove dovesse ritenere che il contribuente abbia adempiuto l’onere probatorio sullo stesso gravante quanto ai requisiti sostanziali, se sussista l’ulteriore presupposto dell’esercizio del diritto di detrazione nell’ambito della c.d. cornice biennale (avuto riguardo al testo dell’art. 19 cit. vigente ratione temporis, ossia prima della modifica apportata, sul punto, dal d.l. n. 50/2017, conv. in legge n. 96/2017, che ha ridotto detto periodo ad un anno);
s’è già detto, infatti, che il diritto alla detrazione deve essere esercitato entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto; detto esercizio, però, può espletarsi esclusivamente in seno alla dichiarazione (v. Cass. n. 26709/2016, Cass. n. 6223/2017), sicché occorre verificare se essa sia stata presentata nel biennio successivo e se in detta dichiarazione il diritto di detrazione stesso sia stato o meno esercitato, al fine di accertare, appunto, se la contribuente sia o meno incorsa nel termine di decadenza biennale stabilito dall’art. 19 del d.P.R. n. 633/1972 all’epoca vigente, sulla cui compatibilità con la normativa eurounitaria s’è più volte espressa la Corte di Giustizia (per tutte, Corte giust. 28 luglio 2016, causa C-332/15, Astone);
il giudice del rinvio, infine, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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