CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 7467 depositata il 15 marzo 2023
Lavoro – Licenziamento per giusta causa – Uso dell’auto aziendale – Spese di carburante – Principio di immediatezza e tempestività della contestazione disciplinare – Momento il cui il datore ha avuto conoscenza dei fatti – Uso del denaro aziendale per scopi diversi da quelli inerenti all’esecuzione della prestazione – Rigetto
Rilevato che
1. La Corte d’appello di Milano ha accolto il reclamo proposto da (….) spa e, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda di (….) volta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatole il 2.3.2017, per avere la stessa addebitato alla società spese di carburante per l’uso dell’auto aziendale negli anni 2015 e 2016 non riferibili allo svolgimento dell’attività lavorativa.
2. Il Tribunale (in fase sommaria e di opposizione) aveva dichiarato l’illegittimità del licenziamento per tardività della contestazione disciplinare sul rilievo che la società datoriale, pur ricevendo mensilmente i giustificativi delle spese di carburante, avesse omesso di svolgere tempestivi controlli, così pregiudicando il diritto di difesa della dipendente.
3. La Corte territoriale, richiamati i precedenti di legittimità (Cass. n. 10069 del 2016; Cass. n. 11583 del 2018) ed in sintonia con essi, ha ritenuto che l’immediatezza della contestazione dovesse valutarsi avendo riguardo non al verificarsi dei fatti contestati bensì al momento in cui il datore di lavoro ne ha avuto conoscenza; che, nel caso in esame, la società aveva preso cognizione dei fatti imputabili alla dipendente solo nel gennaio 2017, in occasione delle verifiche dei conti per la chiusura del bilancio del 2016; che era pertanto tempestiva la contestazione degli addebiti risalente al febbraio 2017; che la lavoratrice, nel fornire giustificazioni scritte, non aveva lamentato alcun pregiudizio al diritto di difesa connesso al tempo trascorso dai fatti addebitati.
4. Secondo i giudici di appello, l’utilizzo fraudolento del denaro aziendale per scopi privati costituiva grave inadempimento atto a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario, così da integrare una giusta causa di recesso.
5. Avverso tale sentenza (….) ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. La (….) spa ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.
Considerato che
6. Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 2, legge n. 300 del 1970 e, in particolare, del principio di immediatezza e tempestività della contestazione disciplinare, nonché violazione e falsa applicazione del principi di correttezza e buona fede, per avere la Corte di merito valorizzato il momento in cui la società ha dichiarato, costituendo le prove a proprio favore, di aver rilevato i presunti illeciti e non il momento in cui tali infrazioni sarebbero state commesse e sarebbero divenute oggettivamente rilevabili e intellegibili.
7. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., per non avere la Corte di merito valutato gli elementi oggettivi e soggettivi della condotta tenuta dalla lavoratrice nonché l’incidenza della stessa sulla compromissione del vincolo fiduciario; inoltre, per aver ritenuto leso il rapporto di fiducia senza accertare in concreto l’indebito utilizzo per scopi privati del denaro della società.
8. Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c.; inoltre, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Si censura la sentenza d’appello sotto il triplice profilo di: a) mancato accertamento dell’effettiva commissione dei fatti addebitati, data l’assenza di ogni positivo e concreto riscontro della appropriazione illecita di denaro da parte della lavoratrice, attraverso l’infedele compilazione di schede carburanti o l’indebito utilizzo della carta di credito aziendale; b) erronea valutazione di decisività del documento, tardivamente prodotto dalla società datoriale in sede di discussione, e costituito da una fattura in cui è riportato l’ammontare dei chilometri effettuati dall’autovettura in dotazione alla dipendente; c) erronea valutazione, come prova incontestabile degli addebiti, delle risultanze della c.t.u. che ha ritenuto sussistente una “assoluta incongruità” delle spese di carburante sulla base di un conteggio elaborato in base a dati presunti e senza alcun controllo sull’autovettura.
9. Con il quarto motivo di ricorso si addebita alla sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.; inoltre, l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. Si critica la decisione d’appello per avere condannato la lavoratrice alla restituzione di quanto percepito in esecuzione dell’ordinanza emessa all’esito della fase sommaria, oltre interessi legali, e per avere posto a carico del stessa le spese di tutti i gradi di giudizio.
10. Il primo motivo di ricorso è infondato.
11. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione, espressione del generale precetto di correttezza e b1uona fede, si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro (Cass. n. 19115 del 2013; Cass. n. 15649 del 2010; Cass. n. 19424 del 2005; Cass. n. 11100 del 2006) e va inteso in senso relativo, potendo, nei casi concreti, esser compatibile con un intervallo di tempo più o meno lungo, in ragione della complessità di accertamento della condotta del dipendente oppure per l’esistenza di una articolata organizzazione aziendale (Cass. n. 15649 del 2010; Cass. n. 22066 del 2007; Cass. n. 19159 del 2006; Cass. n. 6228 del 2004; n. 1562 del 2003; Cass. n. 12141 del 2003).
12. Si è inoltre sottolineato come il datore di lavoro abbia il potere, ma non l’obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento, atteso che un simile obbligo, non previsto dalla legge né desumibile dai principi di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., negherebbe in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato, sicché la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza (così Cass. 10069 del 2016; v. anche Cass. n. 28974 del 2017; Cass. n. 21546 del 2007). Difatti, l’affidamento riposto nella correttezza del dipendente non può tradursi in un danno per il datore di lavoro né può equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell’illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell’azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente (in tal senso Cass. n. 5546/2010).
13. Va infine segnalato che la valutazione sulla tempestività della contestazione disciplinare costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato (Cass. n. 19115 del 2013 ed altre sopra citate).
14. La Corte appello si è attenuta ai principi enunciati da questa S.C. nel momento in cui ha giudicato conforme a buona fede il controllo eseguito dalla società sulle spese del 2016 nel momento della redazione del bilancio 2017. È vero che i giustificativi di spesa erano consegnati dalla dipendente con cadenza mensile e che, in teoria, il datore era in condizione di controllare mensilmente le spese eseguite in relazione ai chilometri percorsi. Ma nel rapporto di lavoro in generale, e in particolar modo quando si assegnano al dipendente l’auto aziendale e la carta di credito intestata alla società, si fa affidamento sul corretto utilizzo di tali strumenti di lavoro, in funzione esclusiva delle esigenze connesse alla prestazione, non potendosi esigere un controllo costante di parte datoriale che presupporrebbe null’altro che una pregiudiziale sfiducia nell’operato del dipendente e quindi la negazione di quel patto di reciproca fiducia che sta alla base di ogni rapporto negoziale e del rapporto di lavoro in special modo.
15. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono inammissibili in quanto pretendono una vera e propria revisione della decisione, nei suoi aspetti valutativi sulla sussistenza e sul contenuto del fatto disciplinare, nonché sulla concreta gravità della condotta ai fini della integrazione della nozione legale di giusta di causa.
16. La Corte d’appello ha accertato e ricostruito, in base alle prove documentali e alle indagini tecniche eseguite dal c.t.u., la condotta posta in essere dalla lavoratrice. Ha appurato, con l’ausilio del consulente tecnico, che il carburante acquistato dalla dipendente (la sentenza, a pag. 2, dà atto che la società aveva allegato di aver invitato la dipendente a non pagare in contanti con denaro prelevato tramite la carta di credito), in relazione alle caratteristiche di consumo dell’auto aziendale, avrebbe consentito di percorrere 278.094,83 km, a fronte dei 121.155,30 km risultanti dal tachimetro. Ha ritenuto che tale evidente sproporzione tra la spesa dichiarata dalla lavoratrice per i rifornimenti di carburante chilometri effettivamente percorsi dall’auto aziendale non avesse altra spiegazione né giustificazione se non quella dell’uso del denaro aziendale per scopi diversi da quelli inerenti all’esecuzione della prestazione.
17. L’acquisizione del documento prodotto dalla società nel corso dell’udienza di discussione, relativo al chilometraggio percorso dall’auto assegnata all’attuale ricorrente, è stata disposta in ragione del carattere indispensabile dello stesso e ciò in perfetta aderenza alla previsione dell’art. 437 c.p.c. e alla giurisprudenza di legittimità sull’argomento (v. Cass. n. 20055/16; n. 11994/18; n. 28439/19; Cass. n. 33393/19); non vi è alcuno spazio per ritenere integrata la violazione delle regole di formazione della prova di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c. (v. Cass. 27000/2016; Cass. 13960/2014) e della regola dettata dall’art. 2697 c.c., essendo le censure unicamente rivolte alla valutazione di merito eseguita dai giudici di appello, non revisionabile in questa sede di legittimità.
18. La Corte d’appello si è attenuta ai canoni giurisprudenziali attraverso cui sono state definite le nozioni legali di giusta causa (cfr. Cass. n. 18715 del 2016; n. 6901 del 2016; n. 21214 del 2009; n. 7838 del 2005) e di proporzionalità della misura espulsiva (cfr. Cass. 18715 del 2016; Cass. n. 21965 del 2007; Cass., n. 25743 del 2007) ed ha motivatamente valutato la gravità della condotta e la specifica idoneità della stessa a far venir meno l’affidamento nel corretto futuro adempimento degli obblighi contrattuali.
19. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile perché non si specifica la ragione per cui sarebbe stato violato il disposto dell’art. 91 c.p.c. e neppure le ragioni per cui sarebbe non conforme a diritto l’obbligo, imposto alla lavoratrice, di restituire la somma versatale dalla società in esecuzione della sentenza di primo grado.
20. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto. Le spese sono regolate secondo il regime di soccombenza e liquidate come in dispositivo, con il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (Cass. S.U. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 31 gennaio 2022, n. 2869 - In tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza del provvedimento espulsivo rispetto alla mancanza addotta a sua giustificazione ovvero a quello della contestazione, si configura quale elemento…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 ottobre 2018, n. 27238 - In materia di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro, vada inteso in senso relativo, potendo,…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 18415 depositata il 28 giugno 2023 - Nel licenziamento per giusta causa il principio dell’immediatezza della contestazione dell’addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2022, n. 30271 - Il principio dell'immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l'esigenza dell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto di…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 20882 depositata il 18 luglio 2023 - In materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione integra elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro in quanto, per la funzione di garanzia…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 agosto 2022, n. 25291 - Nel licenziamento per giusta causa il principio dell'immediatezza della contestazione dell'addebito deve essere inteso in senso relativo, potendo in concreto essere compatibile con un intervallo di…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: onere della prova e responsab
La riforma del processo tributario ad opera della legge n. 130 del 2022 ha intro…
- E’ obbligo del collegio sindacale comunicare
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25336 del 28 agosto 2023, interv…
- Dimissioni del lavoratore efficace solo se effettu
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27331 depositata il 26 settembre…
- La restituzione ai soci dei versamenti in conto au
La Corte di cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 39139 depositata il 2…
- I versamento eseguiti in conto futuro aumento di c
I versamento eseguiti in conto futuro aumento di capitale ma non «accompagnati d…