CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 02 settembre 2021, n. 23821

Rapporto di lavoro – Diritto al pagamento della voce retributiva denominata “nuovo terzo elemento salariale” – Esclusione dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro – Accordo nazionale per gli Autoferrotranvieri

Fatti di causa

1. Con sentenza n. 863 depositata il 24.2.2016 la Corte di appello di Napoli, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto la domanda proposta nei confronti della Azienda Napoletana Mobilità ANM da M.M., intesa ad ottenere la declaratoria del diritto al pagamento della voce retributiva denominata “nuovo terzo elemento salariale” soppressa e confluita nei c.d. trattamenti sostitutivi a seguito dell’Accordo nazionale 25.7.1997 per gli Autoferrotranvieri (art. 4) e mantenuta solamente a favore dei lavoratori in servizio a tempo indeterminato con esclusione dei lavoratori in servizio con contratto di formazione e lavoro alla data della stipulazione dell’accordo.

2. La Corte, ha preliminarmente fatto una ricognizione della disciplina del trattamento economico prevista negli accordi nazionali, settore Autoferrotranvieri, rilevando che detta disciplina non ha mai previsto l’erogazione, ai lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, di competenze accessorie unificate, di trattamenti sostitutivi del c.d. terzo elemento salariale; ha, poi, rilevato che l’Accordo nazionale invocato – modificando unicamente la composizione del trattamento economico dei lavoratori – non ha leso l’anzianità di servizio dei lavoratori in servizio con contratto di formazione e lavoro né il valore degli scatti di anzianità loro spettanti in caso di trasformazione del contratto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non avendo, gli stessi, mai percepito tale voce retributiva e risultando, detta razionalizzazione degli elementi retributivi, coerente con i principi normativi, nazionali ed europei, che regolano il contratto di formazione e lavoro.

3. Avverso detta sentenza il lavoratore ricorre con un motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c.

L’azienda resiste con controricorso.

Ragioni della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 5 e 12 del d.l. n. 726 del 1984 convertito in legge n. 863 del 1984 e dell’art. 12 delle disp.prel.cod.civ. nonché omesso esame di un fatto decisivo (in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod.proc.civ.) e si rileva la nullità dell’art. 4 dell’Accordo nazionale del 25.7.1997 che incide sul trattamento economico dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro il cui contratto è stato trasformato, dopo l’anno 1997, in rapporto a tempo indeterminato, non avendo potuto fruire, detti lavoratori, della voce retributiva denominata Nuovo terzo elemento salariale.

2. Il ricorso non è fondato.

3. Preliminarmente, va rilevato che esula dall’oggetto del contendere ogni questione concernente la legittimità del contratto di formazione e lavoro, trasformato in rapporto a tempo indeterminato alla sua scadenza; la causa petendi della rivendicazione economica non risiede nell’assunto dell’esistenza di vizi del contratto di formazione lavoro, tali giustificarne la conversione giudiziale in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nella controversia non si fa, invero, questione di diritti patrimoniali consequenziali all’accertamento della conversione del rapporto con effetto ex tunc.

4. Questo Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale di legittimità, ormai consolidato, espresso con le sentenze nn. 34359/2019; 12335/2016; 22256/2015; 21329/2014; 19436/2014; 19435/2014; 18951/2014; 18950/2014; 18949/2014; 18948/2014; 18947/2014 emesse nei confronti dell’ANM Azienda Napoletana mobilità (nello stesso senso, le sentenze 34358/2019; 34357/2019 emesse nei confronti di altre aziende), aventi tutte ad oggetto elementi della retribuzione degli autoferrotranvieri (le competenze accessorie unificate, c.d. CAU e il c.d. nuovo terzo elemento salariale), voci che la contrattazione collettiva ha soppresso (in parte, riducendone il valore), preservando il valore preesistente in favore dei soli dipendenti che già ne beneficiavano sino al momento della soppressione, per evitare che i medesimi subissero una improvvisa decurtazione della retribuzione.

5. Orbene, in questi i casi, sono stati esclusi – dalla garanzia di mantenimento del livello retributivo goduto – coloro che, alla data della stipula dei relativi accordi collettivi, erano in servizio con contratto di formazione lavoro e che non avevano mai percepito quel trattamento. E ciò, non perché dopo la trasformazione del contratto sia stata disconosciuta l’anzianità di servizio maturata durante il periodo di formazione, ma perché quegli elementi retributivi non avevano mai fatto parte della retribuzione agli stessi erogata; per la qual cosa, nel momento in cui sono stati totalmente (nel caso del c.d. terzo elemento) o parzialmente (nel caso delle c.d. CAU) soppressi, non si profilava, nei confronti dei medesimi, alcun diritto quesito né alcun livello retributivo da mantenere o da conservare.

6. Le considerazioni che precedono sono del tutto in linea con l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 20074/2010).

Ed infatti, essa ha espresso alcuni principi, da mantenere fermi, secondo cui:

a) la previsione dell’art. 3 d.l. 726/1984, conv. in l. 863/1984, per la quale, in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata nominativa entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio, opera anche quando l’anzianità sia presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che abbiano fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità;

b) l‘equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione: sicché, con riguardo agli istituti contrattuali l’anzianità di servizio può valere tanto o poco, ma non è possibile, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta, “sterilizzare” il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello degli sbatti di anzianità, non valga.

7. Giova a questo punto ribadire l’appartenenza del contratto di formazione lavoro (quale sua specie) al genere del contratto a termine, pur nella sua eterogenea specificità di contratto a causa mista, per la combinazione di formazione e lavoro (Cass. 4935/1995; Cass. 2822/1997).

Il fatto che, una volta trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l’anzianità maturata nel periodo di formazione sia utile anche ai fini economici, consentendo l’acquisizione di scatti di anzianità od altri benefici connessi all’anzianità di servizio, siano essi di origine legale o contrattuale, non comporta tuttavia che là natura del rapporto divenga a tempo indeterminato fin dalla sua stipulazione. La trasformazione fa sì che gli istituti legati all’anzianità retroagiscano alla stipula del contratto di formazione, ma “per il resto, il lavoratore deve considerarsi come neo-assunto”(Cass. n. 6018/2009; Cass. n. 25256/2015).

8. Questa Corte, inoltre, ha già affermato (sentenze nn, 12321/2008 e 11206/2009) che l’autonomia contrattuale può escludere, per i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, specifici elementi retributivi (a meno che non vi sia l’espletamento, con pienezza di funzioni ed attribuzioni, delle mansioni proprie della qualifica di destinazione) e che possa essere corrisposta una retribuzione inferiore rispetto a quella degli altri dipendenti anche al fine di incentivare la stabilizzazione del rapporto (Cass. n. 4475/12; Cass. n. 19028/15; Cass. n. 13617/20).

9. Ribadito allora il principio per il quale, in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato con chiamata nominativa entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro debba essere computato nell’anzianità di servizio, che in sé considerata costituisce la dimensione diacronica di un fatto (qual è l’espletamento del servizio da parte del lavoratore, riguardando quindi la norma una situazione di fatto, ossia il periodo di formazione e lavoro seguito da periodo di lavoro ordinario), rilevante ai fini di vari istituti di fonte legale o contrattuale (Cass. S.U. 20074/2010), deve parimenti essere riaffermata la negazione del riconoscimento del “terzo elemento salariale” a chi, al momento della sua soppressione (per effetto dell’art. 4 dell’accordo nazionale 25 luglio 1997), già non lo percepisse, come appunto i lavoratori in formazione lavoro, con contratto poi trasformato.

E ciò per essere tale istituto non collegato, cosi come le competenze accessorie unificate (cd. CAU), alla maturazione dell’anzianità di servizio.

Esso è stato, infatti, istituito con l’accordo nazionale 29 giugno 1988, al fine di finanziare i passaggi di uno o due livelli nonché la nuova scala parametrale e costituito per aggregazione dell’indennità giornaliera prevista dall’accordo nazionale 21 maggio 1981, come riparametrata ad opera dell’accordo nazionale 17 giugno 1982 e di importi retributivi reperiti dalle CAU e da altre indennità e compensi (art. 2). E l’accordo 21 maggio 1981 riconosceva appunto, a ciascun agente e con decorrenza 1 giugno 1981, un’indennità giornaliera di lire 570 per ogni effettiva giornata di prestazione, isenza entrare a far parte della retribuzione normale e pertanto non utile agli effetti di alcun altro istituto o materia previsti dal contratto nazionale o da accordo o da contratti aziendali e neanche quindi ai fini dei trattamenti di buonuscita e di tredicesima e quattordicesima mensilità (art. 4).

Il terzo elemento è quindi divenuto “nuovo terzo elemento”, per effetto del CCNL 2 ottobre 1989, che, dopo averlo utilizzato per il conglobamento nelle nuove retribuzioni (art. 2), ha fatto affluire i valori residui in un nuovo elemento retributivo denominato “nuovo terzo elemento salariale”, parte integrante della retribuzione normale prevista dall’art. 1 (Struttura della retribuzione) del CCNL 12 marzo 1980 (art. 3), in corrispondenza dell’importo al livello e alla qualifica di ciascun lavoratore (come da tabelle allegate al CCNL 2 ottobre 1989, pgg. 147 ss.).

Infine, con l’art. 4 del CCNL del 25 luglio 1997, il nuovo terzo elemento salariale è stato soppresso con decorrenza dalla sua data di stipulazione; e dalla stessa data, i valori stabiliti dalla tabella retributiva allegati numeri da 2/A a 2/E e da 3/A a 3/E sono confluiti, ferma restando in via transitoria la disciplina di cui al punto 3 dell’accordo nazionale 2 ottobre 1989, nei trattamenti sostitutivi di cui all’art. 4 bis del CCNL 12 marzo 1980, così come integrato dal punto 4 dell’accordo nazionale 2 ottobre 1989, venendo mantenuti ai soli lavoratori già in forza a tempo indeterminato alla medesima data di stipulazione del (presente) contratto.

Sicché, alla luce del quadro contrattuale collettivo illustrato, appare chiaro che il “terzo elemento salariale”, mantenuto nel settore terziario, alla stregua di quota fissa della retribuzione concordata con le controparti locali, a livello di accordi territoriali (provinciali o regionali), è (stato) elemento retributivo autonomo da ogni computo nell’anzianità di servizio.

10. L’orientamento ora ribadito dal Collegio è altresì conforme alla disciplina comunitaria dettata in materia di contratti a tempo determinato, di cui, come detto, il contratto di formazione e lavoro rappresenta una species, in quanto – come ben evidenziato da Cass. n. 18947/14 e qui confermato – la fattispecie in esame non riguarda un’indennità il cui riconoscimento trovi titolo nell’anzianità di servizio e, inoltre, la clausola 2, punto 2, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il 18.3.1999 e inserito nell’ambito della direttiva 1999/70/Ce del Consiglio del 28.6.1999) conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità in ordine all’applicazione dell’Accordo quadro ai “rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato” nonché ai “contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici” (sentenza Adeneler, p. 57; Sibilio, pp. 52 e 53; Della Rocca, p. 35).

11. Infine, va rilevato che già Cass. nn. 18946 e 18947/2014 hanno espressamente rilevato che la presente statuizione non si pone in contrasto con la pronuncia di illegittimità adottata da Cass. n. 13496/14 perché in quel caso i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro percepivano – sin dall’assunzione – tale emolumento (e con l’Accordo del 1997 si erano visti sopprimere la voce retributiva), mentre nel caso di specie il giudice di merito ha accertato che i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non hanno mai percepito il c.d. nuovo terzo elemento salariale.

12. Alla stregua, pertanto, delle considerazioni che precedono, deve affermarsi che non violano il D.L. n. 726 del 1984, art. 3, comma 5, convertito in L. n. 863 del 1984 e neppure introducono un trattamento discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i lavoratori con contratto di formazione lavoro dal personale già in servizio con rapporto a tempo indeterminato, equiparando i primi al personale di nuova assunzione ai limitati fini dell’attribuzione di nuove voci salariali, senza incidere sulla conservazione dell’anzianità di servizio.

13. In conclusione, il ricorso va respinto e le spese di lite del presente giudizio di legittimità sono interamente compensate fra le parti considerata la complessità della fattispecie da raffrontare con l’evoluzione dell’orientamento giurisprudenziale.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.