CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 settembre 2018, n. 21568
Lavoro – Violazione della normativa in materia di assunzione di personale dipendente – Giurisdizione in favore del giudice ordinario
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Ancona, con sentenza nr. 158 del 2016, accoglieva il gravame dell’Agenzia delle Entrate e rigettava la domanda dell’odierna ricorrente volta all’annullamento della sanzione per violazione della normativa in materia di assunzione di personale dipendente.
2. Per quanto di rilievo in questa sede, la Corte territoriale osservava che sulla questione oggetto di causa si era formato un giudicato dinanzi al giudice tributario; ciò in quanto, la Commissione Tributaria Provinciale, originariamente investita della domanda, aveva declinato la giurisdizione in favore del giudice ordinario; a seguito di detta pronuncia, la parte privata riassumeva il giudizio dinanzi al Tribunale di Macerata; l’Agenzia delle Entrate, invece, impugnava la decisione dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che, con sentenza del 15.02.2011, non impugnata, dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla società Nuovo G. di A. L.
3. Secondo l’appello distrettuale, il giudizio dinanzi al giudice ordinario avrebbe potuto riassumersi solo nell’ipotesi in cui la Commissione Tributaria Regionale avesse confermato la statuizione della Commissione Tributaria Provinciale ( id est avesse cioè ribadito il difetto di giurisdizione); viceversa, intervenuta una diversa statuizione sulla domanda, passata in cosa giudicata, restava precluso il giudizio dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria.
4. Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso la società Nuovo G., affidato a quattro motivi.
5. L’Agenzia delle Entrate non ha resistito con controricorso ma ha depositato mero atto di costituzione al solo fine della eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo, parte ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 nr. 1 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 37 e 50 cod.proc.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – insufficiente ed erronea motivazione circa i fatti controversi e decisivi.
2. Con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc.civ.- deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39 e 50 cod.proc.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – insufficiente ed erronea motivazione circa i fatti controversi e decisivi.
3. Con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc.civ.- deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod.proc.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – insufficiente ed erronea motivazione circa i fatti controversi e decisivi.
4. Con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod. proc.civ.- deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – insufficiente ed erronea motivazione circa i fatti controversi e decisivi.
5. Il Collegio giudica il ricorso inammissibile perché generico.
Con i quattro motivi di impugnazione – unitariamente illustrati – la sentenza impugnata è censurata sotto plurimi profili, per ragioni attinenti alla giurisdizione, per violazione di norme processuali, per vizi di motivazione, attraverso il richiamo di plurime norme di diritto, di precedenti di questa Corte, di passaggi motivazionali delle pronunce rese nei precedenti gradi di merito, lamentando, in definitiva, l’esito della controversia e le conclusioni raggiunte in sede di merito.
Le censure, così articolate nei confronti della decisione impugnata, non sono rispettose del vigente sistema processuale. A tal proposito, basta qui richiamare il noto principio giurisprudenziale secondo cui: «Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso; il singolo motivo assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticità dal legislatore. La tassatività e la specificità del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito»(tra le molte, Cass. nr. 18202 del 03/07/2008; Cass. nr. 19959 del 2014).
6. Deve, peraltro, osservarsi che la parte ricorrente, pur contestando, nella sostanza, la decisione della Corte di appello per aver affermato l’esistenza di un giudicato del giudice tributario sulla domanda, ha del tutto omesso di trascrivere, quanto meno nei passaggi essenziali, la sentenza della Commissione Tributaria Regionale, di cui neppure è indicato il deposito, così violando gli oneri imposti dall’art. 366, comma 1, nr. 6 cod. proc. civ. e dall’art. 369, comma 2, nr. 4 cod. proc. civ. ed impedendo alla Corte ogni valutazione.
7. Non si fa luogo a pronuncia sulle spese , atteso che parte intimata, dopo l’atto di mera costituzione, non ha svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso art. 13.
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