CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 maggio 2018, n. 10770
Licenziamento – Indennità sostitutiva della reintegrazione – Risarcimento del danno
Fatti di causa e ragioni della decisione
1. Con sentenza in data 31 agosto 2012 la Corte di Appello di Napoli, decidendo sugli appelli riuniti proposti da C.D. e da I.M. s.p.a. (già E. s.p.a.), ha rigettato l’opposizione proposta dalla E. s.p.a., divenuta I.M. s.p.a., ed ha confermato il rigetto dell’opposizione all’esecuzione nel secondo giudizio.
Con riguardo alla procedura esecutiva introdotta per ottenere il pagamento delle retribuzioni relative al periodo 1.6.1998-31.5.1999 la Corte territoriale ha accertato che la sentenza azionata era quella di primo grado che aveva accertato l’illegittimità del provvedimento espulsivo e condannato la società a reintegrare il lavoratore ed a corrispondergli le retribuzioni attinenti all’arco temporale intercorrente tra il licenziamento e l’effettiva reintegrazione del dipendente. Il giudice di secondo grado, infatti, ha accertato che la sentenza di primo grado in questione era azionabile atteso che in appello era stata riformata solo con riguardo al riconoscimento della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle retribuzioni spettanti dal licenziamento alla reintegrazione e che non era applicabile al caso concreto il principio che per effetto della cassazione della sentenza di appello non rivive la sentenza di primo grado, atteso che la sentenza sull’an debeatur non era stata incisa dalla sentenza di appello che anzi per quella parte l’aveva confermata.
Con riguardo alla questione comune ad entrambi i ricorsi – vale a dire al momento risolutivo del rapporto in caso di esercizio dell’opzione prevista dall’art. 18 comma 5 della legge n. 300 del 1970 – la Corte territoriale ha ritenuto che il rapporto si protraesse fino alla data dell’effettivo versamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione (nello specifico avvenuto l’11 marzo 2002) sicché fino a quel momento permaneva l’obbligo di risarcire il danno.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso I.M. s.p.a. (già E. s.p.a.) con tre motivi. C.D., pur ritualmente evocato in giudizio è rimasto intimato.
In prossimità dell’udienza odierna la società I.M. s.p.a. ha depositato verbale di conciliazione in data 7 maggio 2014 dal quale si evince che le parti hanno concordemente definito ogni questione connessa al rapporto di lavoro tra loro intercorso.
Conseguentemente l’odierna ricorrente ha chiesto che si dia atto dell’avvenuta cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Tanto premesso osserva il Collegio che con il verbale di conciliazione depositato le parti hanno convenuto di definire ogni controversia tra loro pendente e tra queste anche quella oggetto del presente giudizio (v. verbale di conciliazione pag. 9 punto 5).
Ne consegue che deve essere dichiarata cessata la materia del contendere tra le parti.
Quanto alle spese del presente giudizio va dato atto che le parti ne hanno già disposto nel verbale di conciliazione al punto 11 sicché il Collegio è esentato dal pronunciare.
P.Q.M.
Dichiara cessata la materia del contendere.
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